Il regime degli ayatollah continua a esportare oltre al terrorismo, anche la propria repressione ben oltre i confini dell’Iran. Anche l’Italia è oggi coinvolta in un’azione intimidatoria diretta del Ministero dell’Intelligence di Teheran contro rifugiati politici iraniani che sostengono apertamente i Mojahedin del Popolo e la Resistenza iraniana. Non si tratta di sospetti o accuse, ma di una repressione mirata contro oppositori dichiarati, colpiti proprio per il loro impegno politico. L’offensiva si colloca in una fase di profonda crisi del potere iraniano. L’aumento delle proteste interne, il ricorso sempre più massiccio alle esecuzioni capitali e la crescente attività delle Unità della Resistenza in Iran hanno alimentato un clima di panico nei vertici del regime. Allo stesso tempo, l’intensa mobilitazione della diaspora iraniana in Europa e negli Stati Uniti viene percepita come una minaccia strategica. La risposta di Teheran passa, ancora una volta, attraverso i suoi apparati di sicurezza.Secondo le segnalazioni, il Ministero dell’Intelligence ha messo in atto una strategia di pressione diretta e indiretta. Da un lato, agenti del regime si rivolgono alle famiglie degli oppositori rimaste in Iran, minacciandole apertamente: se i loro parenti all’estero continueranno a sostenere la Resistenza, saranno loro a subirne le conseguenze. È un meccanismo di ricatto che trasforma i familiari in ostaggi, utilizzati come leva per spezzare la volontà politica dei rifugiati. Dall’altro lato, gli stessi rifugiati residenti in Italia ricevono messaggi intimidatori provenienti dall’Iran. I contenuti combinano promesse ingannevoli e minacce esplicite. In cambio dell’abbandono dell’attività politica o di una collaborazione silenziosa con l’intelligence, viene prospettata una vita “tranquilla”, la sicurezza dei familiari e persino la possibilità di tornare in Iran. In caso di rifiuto, il tono cambia radicalmente: compaiono riferimenti a incidenti, danni a beni personali e professionali, o a eventi che potrebbero colpire figli e parenti.
Il linguaggio utilizzato è tipico di una strategia di terrorismo psicologico. Gli agenti del regime insinuano di conoscere movimenti, abitudini e dettagli della vita quotidiana delle vittime, con l’obiettivo di creare un senso di sorveglianza permanente. Non è solo una minaccia fisica, ma un tentativo sistematico di logoramento emotivo, studiato per isolare gli oppositori e indebolire le reti di sostegno alla Resistenza. Nel mirino non finiscono figure marginali, ma persone ben integrate nella società italiana: medici, ingegneri, professionisti che conducono una vita pubblica e riconoscibile. Proprio questa visibilità viene sfruttata come punto di pressione. Il messaggio è chiaro: nessuno è al sicuro, nemmeno lontano dall’Iran. L’obiettivo politico del regime è evidente: colpire il cuore della Resistenza all’estero, interrompere il collegamento tra diaspora e opposizione interna e dissuadere altri iraniani dall’esporsi pubblicamente. Incapace di soffocare il dissenso solo con la repressione interna, Teheran tenta di esportare la paura, portando la sua guerra contro gli oppositori sul territorio europeo.
Per la Resistenza iraniana, queste minacce non rappresentano una dimostrazione di forza, ma la prova della fragilità del regime. Un potere che teme la propria caduta, sostengono, reagisce con la coercizione e l’intimidazione. Ma la questione interpella direttamente anche l’Italia: garantire asilo significa garantire protezione effettiva. Consentire che un regime straniero perseguiti i propri oppositori sul suolo europeo significa accettare una violazione della sovranità e dello Stato di diritto. Delle minacce agli oppositori ne parliamo con Azar Karimi, portavoce dell’Associazione giovani iraniani in Italia: «Dopo la caduta del governo di Bashar al-Assad in Siria e i duri colpi subiti da Hezbollah in Libano e da Hamas, il regime iraniano si trova nel punto più debole del suo potere. Per questo, per evitare il rovesciamento, da un lato ha intensificato la repressione e le esecuzioni all’interno del Paese e nel mese di novembre 2025 sono state effettuate più di 350 esecuzioni e dall’altro minaccia i sostenitori della resistenza iraniana all’estero, che costituiscono la principale forza capace di rovesciare il regime. Negli ultimi mesi decine di sostenitori e rifugiati iraniani in Germania sono stati minacciati dal regime e recentemente anche in Italia il regime ha minacciato i sostenitori della resistenza, dicendo loro che devono collaborare con il regime e con il suo Ministero dell’Informazione oppure succederà qualcosa alle loro famiglie. La comunità internazionale e il governo italiano devono condannare queste minacce del regime».
