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I pericoli per l’Europa arrivano da Hezbollah e Salafiti

I pericoli per l’Europa arrivano da Hezbollah e Salafiti

Parla in esclusiva con Panorama Nathan A. Sales, al vertice del Dipartimento di Stato Usa per la lotta al jIhadismo, e mette in guardia sul ruolo del partito islamico sciita in molti attentati nel Vecchio Continente. Avverte: «Questa formazione utilizza l’area come piattaforma operativa, logistica, di approvigionamento e di raccolta fondi vitale e strategica». Anche grazie a legami con la Nuova Ira.


Posso rivelare che depositi segreti di armi di Hezbollah sono stati spostati attraverso Belgio, Francia, Grecia, Italia, Spagna e Svizzera e che significativi depositi di nitrato di ammonio sono stati scoperti e distrutti in Francia, Italia e Grecia». A dichiararlo a Panorama è Nathan A. Sales, coordinatore per l’antiterrorismo del Dipartimento di Stato americano. Ovvero l’uomo scelto personalmente da Donald Trump – che gli ha conferito il grado e lo status di ambasciatore straordinario degli Stati Uniti – per condurre in prima linea la lotta contro il jihadismo islamico di ogni matrice, così cara al presidente.

«Il coinvolgimento di Hezbollah (il partito islamico sciita finanziato da Teheran, che domina la politica libanese, ha grande influenza in tutto il Medioriente, e conta circa 50 mila aderenti, ndr) negli ultimi anni in complotti terroristici e in altre attività in Europa è molto ben documentato» continua l’avvocato Sales, già membro della Homeland security. «Hezbollah continua a considerare l’Europa come una piattaforma operativa, logistica, di approvvigionamento e di raccolta fondi vitale e strategica».

E, su questo, ha anche qualche tirata d’orecchie per Bruxelles. «Non commentiamo mai le definizioni che singoli Paesi danno al terrorismo. ma per i motivi appena sottolineati l’Unione europea dovrebbe ampliare quella degli Hezbollah come gruppo terroristico, includendo in questa categoria l’intera organizzazione e non soltanto la sua ala militare. Un fatto che non ha chiaramente dissuaso l’organizzazione libanese dal continuare a impegnarsi in attività terroristiche in tutta Europa».

Sono parole dure, decise e orientate a sensibilizzare chi è deputato alla difesa e alla sicurezza europea, specialmente dopo i fatti di Beirut. Quando, cioè, la devastante esplosione di un deposito di armi e agenti chimici lo scorso 4 agosto spazzò via ogni dubbio sulle attività criminali del «Partito di Dio».

Già, perché Hezbollah è sul banco degli imputati per avere stoccato e nascosto (sotto gli occhi delle autorità libanesi) ingenti quantità di nitrato di ammonio. Ossia un composto molto amato dai terroristi di mezzo mondo per le sue proprietà esplosive e la facilità nel reperirlo. È soprannominato «l’oro dei terroristi». Hezbollah ne ha fatto un uso ingente in Siria, autobombe per lo più, e punta a replicare il medesimo scenario letale in Europa.

L’appello di Sales in questo momento non arriva per caso. Piuttosto s’inserisce in un allarme lanciato da Washington dopo che le antenne dell’intelligence americana nel Vecchio Continente hanno registrato un’escalation preoccupante delle attività di Hezbollah: infatti, appena lo scorso aprile, il controterrorismo tedesco ha sventato il piano di una cellula terroristica di Hezbollah, trovata in possesso d’ingenti quantità del medesimo fertilizzante, nascoste in un magazzino di ghiaccio istantaneo. Mentre nel giugno 2019 i servizi segreti britannici hanno ammesso di aver requisito tonnellate dello stesso materiale chimico di Beirut in quattro diverse località di Londra, gestite da cellule locali della milizia sciita.

In precedenza, nel 2015, a Cipro la polizia aveva arrestato Hussein Bassam Abdallah, libanese con passaporto canadese trovato in possesso di oltre otto tonnellate di nitrato d’ammonio (Abdallah ha poi confessato l’affiliazione a Hezbollah e patteggiato una pena ridotta a sei anni).

Dunque, la mappa delle attività terroristiche della milizia sciita libanese si sta allargando a macchia d’olio: Italia, Belgio, Francia, Grecia, Spagna, Regno Unito, Germania, Cipro e Svizzera. Come a dire che Hezbollah è compiutamente un’internazionale del terrore. E difatti starebbe tuttora accumulando armi ed esplosivi «in preparazione di una nuova offensiva terroristica», come ha suggerito Kash Patel, vice assistente del presidente Trump per l’antiterrorismo, a puntellare le dichiarazioni di Sales.

Per fare questo, Hezbollah ha puntato forte sull’Irlanda del Nord e sulla Nuova Ira, erede dell’Irish republican army il cui braccio armato ha seminato il terrore in Gran Bretagna dagli anni Settanta al 2010. E con la quale Hezbollah ha avuto diversi incontri segreti, attraverso funzionari dell’ambasciata iraniana a Dublino. L’Ira traffica armi e munizioni ed è storicamente legata anche all’uso e alla fabbricazione degli esplosivi; ed ecco la ragione di interloquire con i «colleghi» libanesi. In tale ottica, non è casuale che, dopo la morte del generale iraniano Hassan Souleimani per mano americana, l’ala politica della Nuova Ira abbia rilasciato un comunicato affermando di essere «indignati per l’omicidio».

La portata di Hezbollah non si limita all’Europa, ma è ormai da tempo globale: ramificata per lo più attraverso la diaspora libanese, ha creato una rete che si estende dal Cile in Sud America all’Angola e all’Etiopia, fino a Cina, Giappone e persino in Australia. E riguarda anche il traffico di stupefacenti, fonte primaria di ricavi per portare avanti la «battaglia». In particolare, è dedita al commercio illegale di cocaina dal Sudamerica, hashish e metamfetamine dal Medioriente.

Sales sa bene quanto la minaccia del «Partito di Dio» sia internazionale. E raggiunga i funzionari americani in ogni dove. Come il tentato assassinio di Lana Marks, ambasciatore degli Stati Uniti in Sudafrica, che doveva morire come ritorsione per l’eleiminazione di Souleimani. «Anche se non posso commentare le questioni di intelligence, il segretario Mike Pompeo ha osservato che la Repubblica islamica dell’Iran, direttamente o attraverso affiliati (come appunto Hezbollah, ndr) si è impegnata in tentativi di assassinio in tutto il mondo. Hanno ammazzato persone anche in Europa. Voglio dire molto chiaramente alla Repubblica islamica dell’Iran che questo tipo di attività – attaccare qualsiasi americano in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, sia che si tratti di un diplomatico americano, un ambasciatore o uno dei nostri membri del servizio – è per noi completamente inaccettabile».

I miliziani di Hezbollah non rappresentano comunque l’unica preoccupazione del Dipartimento di Stato riguardo all’Unione europea. Sales ritiene, infatti, che anche l’Isis stia ricostituendo una minaccia concreta per la sicurezza internazionale: «Nonostante la nostra distruzione del cosiddetto califfato dell’Isis, abbiamo visto la rete globale del gruppo adattarsi e rimanere una minaccia. Lo Stato islamico e le sue filiali associate continueranno senza dubbio a minacciare gli interessi degli Stati Uniti e dei nostri alleati europei. Motivo per cui stiamo lavorando insieme per rafforzare la sicurezza delle frontiere, migliorare la condivisione delle informazioni e rafforzare le capacità delle forze dell’ordine».

Del resto, il coordinatore per l’antiterrorismo del Dipartimento di Stato non ha dubbi che, dopo la morte del califfo Al Baghdadi, alla guida dello Stato islamico vi sia un elemento ancora più sanguinario: «Confermiamo che Amir Muhammad Sa’id Abdal Rahman al-Mawla è succeduto ad Abu Bakr al-Baghdadi come nuovo leader dell’Isis. Nato a Mosul, in Iraq, nel 1976, è stato uno studioso di religione nell’organizzazione che ha preceduto lo Stato islamico dell’Iraq, e ha scalato costantemente i ranghi per assumere un ruolo di leadership nell’attuale organizzazione terroristica. È uno degli ideologi più importanti dell’organizzazione, e ha contribuito a guidare e giustificare il rapimento, il massacro e il traffico di membri del gruppo di minoranza religiosa yazida nel Nord-ovest dell’Iraq. Riteniamo anche che abbia supervisionato per qualche tempo le operazioni terroristiche globali del gruppo».

Queste dichiarazioni sono un allarme importante per i dossier di sicurezza che l’Europa dovrà gestire. Perché, in definitiva, il virus del terrorismo è persistente quanto l’attuale pandemia e ha intenzione di fare molte altre vittime.

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