L’Europa si scopre di nuovo vulnerabile. Un’operazione di intelligence condotta congiuntamente da Austria, Germania e Regno Unito ha smascherato un nascondiglio di armi a Vienna collegato a una rete internazionale di Hamas. Le autorità sospettano che le armi – cinque pistole e dieci caricatori, trovate in una valigia custodita in un deposito a noleggio – fossero destinate a possibili attentati contro obiettivi ebraici e israeliani nel cuore dell’Unione Europea. L’inchiesta, coordinata dalla Direzione dei Servizi di Protezione e Intelligence dello Stato (DSN), è scaturita dall’arresto di un cittadino britannico di 39 anni, fermato a Londra all’inizio della settimana e già al centro di un’indagine antiterrorismo tedesca. Secondo le fonti di intelligence, l’uomo avrebbe trasportato il materiale bellico in Austria con l’aiuto di una rete logistica che operava sotto copertura in più Paesi europei. Il sospettato – figlio di un noto rappresentante di Hamas – verrà estradato in Germania, dove a ottobre erano stati arrestati tre presunti collaboratori del gruppo. La Procura Federale di Karlsruhe li accusa di aver raccolto e trasferito armi e munizioni destinate a cellule di Hamas operative in Europa. Le prove raccolte indicano che il britannico avrebbe incontrato uno di loro a Berlino nell’estate del 2025, ricevendo un carico destinato a essere nascosto a Vienna in attesa di utilizzo.
Per gli inquirenti tedeschi, l’obiettivo era chiaro: preparare attentati contro comunità ebraiche e strutture israeliane in Europa. Una strategia coerente con la narrativa jihadista di Hamas, che considera il continente europeo non solo una retrovia logistica, ma anche un teatro potenziale di vendetta e intimidazione dopo la guerra di Gaza. Il ministro dell’Interno austriaco Gerhard Karner (ÖVP) ha parlato di «un segnale d’allarme per tutte le democrazie europee», lodando «l’efficacia della cooperazione tra le intelligence» e ribadendo «tolleranza zero verso ogni forma di estremismo». Parole rafforzate dal segretario di Stato Jörg Leichtfried (SPÖ), che ha definito la scoperta «una prova concreta dell’impegno e della professionalità del DSN nel prevenire un massacro nel cuore dell’Europa».
Dall’ambasciata israeliana a Vienna, il messaggio è stato ancora più netto: «Hamas non rappresenta solo una minaccia per Israele e il popolo ebraico, ma per tutti noi», ha dichiarato l’ambasciatore David Roet. «Siamo di fronte a una rete terroristica globale che mira a colpire dove esistono libertà e democrazia. Solo impedendo loro di ricostruire le proprie capacità operative potremo garantire sicurezza e stabilità anche in Europa». Sul piano politico interno, l’FPÖ ha attaccato duramente la sinistra austriaca, accusandola di aver alimentato «una cultura dell’accoglienza che ha reso Vienna un rischio per la sicurezza del continente». Il consigliere comunale Dominik Nepp ha denunciato «il fallimento delle politiche di integrazione che hanno consentito all’Islam politico di radicarsi nelle nostre città», parlando di «società parallele in cui l’estremismo può crescere indisturbato».
Ma oltre al caso viennese, cresce la preoccupazione per un quadro più ampio. Hamas, Hezbollah e le cellule residue dello Stato islamico stanno consolidando la loro presenza nel continente, sfruttando reti di simpatizzanti, finanziamenti opachi e canali di reclutamento digitale. In Germania, i servizi di sicurezza stimano in oltre 1.250 i sostenitori attivi di Hezbollah; in Austria e Scandinavia operano comunità di raccolta fondi per Gaza, spesso infiltrate da elementi radicali; in tatta Europa e nei Balcani, le cellule dell’ex califfato restano pronte a riattivarsi con ordini provenienti da Siria, Iraq, e Sahel oppure autonomamente. Dietro questi numeri si nasconde una strategia coordinata di infiltrazione e intimidazione, che punta a colpire non solo Israele ma le comunità ebraiche europee e i simboli dell’Occidente. Dalle sinagoghe ai centri culturali, dai consolati ai luoghi di culto, l’obiettivo dei gruppi jihadisti è seminare paura e divisione nel continente. Il deposito scoperto a Vienna è dunque più di una semplice base logistica: è la prova tangibile che il terrorismo islamista ha ripreso a tessere la sua rete in Europa, approfittando delle tensioni internazionali e delle fratture sociali interne. La domanda, oggi, è se l’Europa sarà in grado di reagire prima che il prossimo arsenale non venga trovato troppo tardi.
