Dopo la decisione dell’Europa di stop all’esportazione delle fiale di AstraZeneca arriva la notizia del taglio delle dosi del vaccino Johnson & Johnson per problemi di produzione. Problemi che fanno nascere più di un sospetto.
Ritardi in vista per il vaccino Johnson & Johnson. Secondo quanto riferito da Reuters, il colosso farmaceutico americano avrebbe fatto sapere all’Unione europea di stare affrontando problemi di approvvigionamento: problemi che adesso rischiano di complicare la fornitura prevista di 55 milioni di dosi del proprio vaccino nel secondo trimestre di quest’anno. Un bel problema per la Commissione von der Leyen, che si trova in forte ritardo sul fronte della campagna vaccinale. Senza contare che l’Unione europea stia puntando molto sul siero Johnson & Johnson, non solo per fronteggiare l’attuale situazione di scarsità, ma anche perché si tratta di un prodotto che richiede la somministrazione di un’unica dose.
Ora, non è del tutto escludibile che questi problemi evocati dalla multinazionale americana possano essere inseriti nel più generale quadro dei rapporti (non poco turbolenti) che, sul piano dell’approvvigionamento vaccinale, si registrano tra Bruxelles e Washington. Nonostante dica ufficialmente il contrario, l’amministrazione Biden – soprattutto in tema di vaccini – ha di fatto rispolverato una politica di “America First”: basti pensare che, in occasione dell’ultimo G7, il neo presidente americano ha, sì, promesso 4 miliardi di dollari all’iniziativa Covax dell’Organizzazione mondiale della sanità, ma – al contempo – ha anche escluso una donazione diretta di sieri (almeno fin quando si riscontreranno problematiche di fabbisogno interno).
Come del resto ha dichiarato un funzionario della Casa Bianca, recentemente citato dal Financial Times, “la prima priorità del presidente è rendere disponibili i vaccini per ogni americano. Gli Stati Uniti e l’Ue si sono impegnati ad approfondire la cooperazione sulla risposta alla pandemia, anche migliorando le capacità di sanità pubblica e la condivisione delle informazioni. Sappiamo che per sconfiggere questa pandemia e dare una svolta alla ripresa economica, dobbiamo lavorare con i nostri alleati e partner”.
Insomma, cooperazione con gli alleati sì. Ma subordinata alle esigenze del popolo americano. E non sarà del resto un caso che – come sempre riportato dal Financial Times appena pochi giorni fa – Bruxelles stia letteralmente inseguendo Washington per sbloccare l’export americano di vaccini AstraZeneca nel Vecchio Continente. Un clima di urgenza, quello europeo, esplicitato anche dal rifiuto, da parte di Bruxelles (e su input italiano), di inviare sieri AstraZeneca in Australia. Un clima di urgenza che tuttavia non sembra smuovere più di tanto l’amministrazione Biden. Ricordiamo, tra l’altro, che il neo presidente abbia di recente promesso al popolo statunitense un’adeguata copertura vaccinale entro la fine di maggio: ragion per cui, la Casa Bianca non ha tutta questa intenzione, almeno nel breve termine, di tendere troppo la mano all’Unione europea. Ecco che quindi, sui tentennamenti di Johnson & Johnson, potrebbe esserci lo zampino proprio di Biden e del suo “nazionalismo vaccinale”.
È del resto probabilmente anche alla luce di questo atteggiamento americano che Bruxelles sta lentamente iniziando a prendere in considerazione l’ipotesi di una Ostpolitik da vaccino, che trova nella Russia il proprio principale punto di riferimento. La questione del Covid-19 rischia quindi di avere delle pesanti ripercussioni nei rapporti transatlantici, ridisegnando non pochi equilibri geopolitici. Perché, Trump o non Trump, la linea dell’America First non si è affatto conclusa.
