Nella mattinata di ieri l’ospedale Nasser di Khan Yunis, uno dei principali presidi medici della Striscia di Gaza, è stato colpito da un’operazione dell’esercito israeliano. Secondo fonti locali, l’attacco avrebbe causato almeno venti vittime. Le Forze di difesa israeliane hanno riferito di aver individuato una minaccia all’interno del complesso ospedaliero e hanno reso noto che il Capo di Stato Maggiore, Eyal Zamir, ha disposto subito l’avvio di una verifica preliminare sull’accaduto. Un portavoce militare ha specificato che non si è trattato di un bombardamento aereo, ma del lancio di un missile da terra, autorizzato su richiesta della 36ª Divisione impegnata nell’area. Nel comunicato ufficiale si legge: «L’IDF deplora qualsiasi danno arrecato a civili estranei agli scontri e conferma di non colpire i giornalisti in quanto tali». Tra le vittime figurano quattro operatori dell’informazione. La prima è Mariam Abu Dagga, 33 anni, fotografa freelance che collaborava con Associated Press dall’inizio del conflitto e che aveva spesso documentato l’attività dell’ospedale Nasser. Nello stesso attacco ha perso la vita anche Mohammed Salama, giornalista di Al Jazeera, conosciuto per i suoi legami con Hamas: in un filmato del 7 ottobre 2023, realizzato in territorio israeliano, lo si sente gridare «Allahu Akbar». Sei mesi fa, inoltre, Salama aveva immortalato la cerimonia di Hamas durante la quale furono esposti i corpi della famiglia Bibas. Le altre due vittime sono Hussam al-Masri, cameraman della Reuters, e Moaz Abu Taha. Nell’attacco è rimasto ferito un altro reporter della Reuters, Hatem Khaled.
Gli ospedali trasformati in roccaforti
Da tempo Israele accusa prove alla mano Hamas di sfruttare gli ospedali come copertura militare. Le strutture più citate sono l’al-Shifa di Gaza City, dove i servizi di intelligence israeliani sostengono che esistano tunnel sotterranei adibiti a centri di comando, e il Nasser Medical Complex di Khan Yunis. Anche l’ospedale Indonesiano e il Kamal Adwan sono stati usati dai miliziani come rifugi e depositi. Queste accuse non vengono solo da Israele. Nel luglio 2014, l’UNRWA denunciò ufficialmente il ritrovamento di razzi in due scuole dell’agenzia, definendo la vicenda «una flagrante violazione del diritto internazionale e della sicurezza dei civili». Amnesty International, nel rapporto Unlawful and Deadly (2015), documentò «attacchi indiscriminati condotti da gruppi armati palestinesi da aree civili densamente popolate». Anche Human Rights Watch parlò di «uso irresponsabile di aree residenziali e di scuole come basi di lancio», accusando Hamas e altre fazioni di aver «messo in pericolo la popolazione di Gaza». Più recentemente, la Commissione d’inchiesta indipendente dell’ONU ha ribadito che «il collocamento di infrastrutture militari in aree civili, incluse strutture mediche, costituisce una violazione del diritto umanitario».
Lo “scudo umano” come strategia di guerra
Hamas, nascondendo uomini e arsenali tra la popolazione, riduce al minimo le possibilità di un’azione militare mirata e, al tempo stesso, sfrutta l’impatto mediatico delle vittime civili grazie a giornalisti amici e profumatamente pagati. Secondo l’esperta di comunicazione Elisa Garfagna che studia la propaganda jihadista, « Hamas usa la popolazione civile come “scudo umano,” nascondendo combattenti e arsenali tra i civili per proteggersi e sfruttare l’impatto mediatico delle vittime civili. Questa strategia rende difficile per Israele colpire obiettivi militari senza causare danni a innocenti, ma è anche una manipolazione comunicativa che mira a delegittimare Israele a livello internazionale. La propaganda di Hamas monopolizza la narrazione sulle vittime civili, creando un’empatia a senso unico che oscura le sofferenze degli ostaggi israeliani e nasconde il controllo che Hamas esercita sugli aiuti umanitari e la propria leadership al sicuro all’estero. Questa guerra dell’informazione serve a giustificare la violenza di Hamas e a manipolare l’opinione pubblica, oscurando la realtà complessa del conflitto e la legittima difesa di Israele». Per Gerusalemme si tratta di una «strategia deliberata di scudo umano», volta a rendere ogni operazione militare inevitabilmente controversa. Gli esperti di diritto internazionale sottolineano che, pur restando Israele responsabile di garantire la protezione dei civili durante le operazioni, la scelta di Hamas di collocare basi operative in ospedali, scuole e moschee rappresenta una violazione grave, che priva i palestinesi della protezione prevista dalla Convenzione di Ginevra. La conseguenza è che la popolazione civile, già provata da anni di assedio e privazioni, paga il prezzo più alto. Oltre metà degli ospedali è oggi fuori uso o funziona a capacità ridotta per mancanza di carburante e medicinali. Ogni volta che un ospedale viene sfruttato da Hamas per fini militari, diventa un bersaglio e, allo stesso tempo, un elemento di propaganda: per Israele prova dell’uso cinico delle strutture civili, per Hamas occasione di denunciare la brutalità dell’avversario. È in questo quadro che si inseriscono le parole del generale Defrin: ribadire che Israele non colpisce intenzionalmente i civili, ma che Hamas, con le proprie scelte operative, porta sulle spalle una parte sostanziale della responsabilità della distruzione del sistema sanitario e delle vittime civili.
