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Francia sotto assedio: jihad e giovani, l’allarme che cresce

Francia sotto assedio: jihad e giovani, l’allarme che cresce

Dati, inchieste e casi concreti raccontano una minaccia jihadista mai davvero rientrata. In Francia aumentano gli attentati, i piani sventati e la radicalizzazione dei minorenni.

Oltralpe, la Generazione Z dei figli o nipoti di immigrati musulmani, arrabbiati con Parigi e con gli occidentali in generale, troppo spesso subisce il fascino della violenza e troppo spesso guarda alle insegne verdi della jihad per passare dall’odio ai fatti.

Il contesto lo facilita. La minaccia jihadista resta il principale fattore di pericolo in Francia. Una realtà confermata dalla decisione di annullare il tradizionale concerto di Capodanno sugli Champs-Élysées causa «motivi di sicurezza» nonostante l’attesa di un milione di persone. Il ministro dell’Interno Laurent Nuñez ha disposto che tutti i grandi eventi festivi siano considerati obiettivi sensibili ad alto rischio, ordinando il conseguente rafforzamento dell’intelligence.

Il pericolo non è rientrato
Commemorare le 130 vittime degli attentati del 13 novembre 2015, ha fornito alle istituzioni l’occasione per ribadire che «il pericolo è tutt’altro che rientrato». L’attività estremista non mostra segni di esaurimento, come testimoniano il numero di aggressioni portate a termine, i progetti intercettati e la mole di procedimenti aperti. Alla minaccia operativa si affianca un continuo “rumore giudiziario”, alimentato da casi di apologia del terrorismo e da reati ispirati all’islamismo radicale che, pur non rientrando sempre nella definizione tecnica di terrorismo, producono un impatto altrettanto destabilizzante. Gli episodi avvenuti sull’isola di Oléron (auto scagliata sulla folla al grido «Allahu akbar», mercoledì 5 novembre), Marsiglia (accoltellamenti, in settembre) e Parigi (tre ragazze di 18, 19 e 21 anni arrestate l’8 novembre con l’accusa di aver ideato un attentato) si inseriscono in questo quadro.

I numeri dell’emergenza
I dati sono impietosi. Dal 1° gennaio al 27 novembre 2025, la Procura nazionale antiterrorismo (Pnat) ha aperto 51 indagini riconducibili al jihadismo, con una media superiore a un fascicolo a settimana. Nel 2024 era stato raggiunto un massimo recente, con 67 procedimenti. Guardando alla serie storica, il picco si colloca nel biennio 2019-2020, con 98 e 86 casi, seguito da una contrazione tra il 2021 e il 2023 (48, 41 e 38), parallela alla diminuzione degli attentati. L’omicidio del professor Dominique Bernard al liceo di Arras per mano del ventenne Mohammed Mogouchkov, e l’attacco al ponte di Bir-Hakeim nell’autunno 2023, hanno però segnato un’inversione di tendenza: tra gennaio 2024 e novembre 2025 sono state aperte 118 inchieste, riportando il ritmo su una cadenza settimanale.

Minori sempre più coinvolti
Questo è il quadro generale entro cui si inseriscono i ragazzini. Al 27 novembre risultano formalmente incriminati 20 minorenni per reati di terrorismo jihadista, uno dei quali appena 13enne. Nel 2024 erano 19, nel 2023 solo 15 e nel 2022 appena 2. Tra gli altri indagati prevalgono giovani adulti: il 70 per cento delle persone coinvolte in progetti di attentato nel 2024-2025 non aveva compiuto 22 anni. Complessivamente, dal 2023 all’estate 2025, circa 130 minori legati a contesti jihadisti sono stati fermati.

La radicalizzazione precoce
La radicalizzazione precoce emerge con forza anche dalle indagini più recenti. Nelle ultime settimane, a Parigi, due ragazzi di 16 anni sono stati posti in custodia cautelare per aver pianificato un attacco di matrice antisemita. Secondo quanto riportato dal quotidiano Le Parisien, uno dei due, cittadino russo di origine cecena arrivato in Francia quattro anni fa, ha inviato su WhatsApp un’immagine in cui brandiva un coltello, accompagnata dalla minaccia di «uccidere ebrei entro cinque giorni». Sarebbe stato in contatto con un secondo minorenne, residente nell’area parigina, e avrebbe preso di mira possibili luoghi di culto. Con questo caso, il numero dei minori perseguiti nel 2025 supera già quota 20, andando oltre il totale dell’anno precedente.

Attacchi, vittime e piani sventati
La ripresa del fenomeno si riflette anche nel bilancio delle vittime. Nel 2025 la Francia è stata colpita da tre attacchi, contro i due del 2024, i due del 2023 e l’unico episodio registrato nel 2022 e nel 2021. E se il 2024 resta l’unico anno (dal 2015) senza morti, nel 2025 due dei tre attacchi sono stati letali. Il profilo degli attentatori è diverso da quello dei giovani coinvolti nei complotti: Mehdi B., autore del tentativo di sgozzamento in un supermercato, aveva 32 anni; Brahim A., responsabile dell’omicidio di Mulhouse, 37; Sabri B., accusato dell’uccisione di un cristiano iracheno a Lione, 28. Sul piano preventivo, nel 2025 sono stati sventati sei piani di attentato, rispetto ai nove del 2024, anno segnato dallo svolgimento dei Giochi Olimpici. Tre di questi casi sono stati resi pubblici: l’arresto di aprile, nel nord del Paese, di tre giovani in possesso di istruzioni per la fabbricazione di perossido di acetone (un potente esplosivo) e di una lettera di fedeltà allo Stato Islamico; il fermo di settembre di uno studente 17enne della Sarthe che stava cercando complici e obiettivi; il citato blocco a Parigi delle tre ragazze.

La zona grigia e la propaganda
A questi si aggiungono numerosi episodi che, pur non classificati come complotti sventati, destano forte preoccupazione: una 13enne intenzionata a colpire un luogo di culto ebraico o sciita; un ventiduenne che progettava un attacco con l’uso di un drone contro la Torre Eiffel; un 17enne franco-turco pronto ad agire con un coltello; un 17enne franco-algerino che mirava a Notre-Dame, a una discoteca e a un concerto del rapper Jul; l’arresto, a novembre, dell’ex compagna di Salah Abdeslam; e due 16enni fermati il 30 novembre per un piano contro la comunità ebraica.

Non cessano inoltre i tentativi di raggiungere i fronti jihadisti all’estero. Nel 2025 cinque persone, tra cui una ragazza francese di 16 anni, sono state arrestate mentre cercavano di partire per la Siria. A ottobre, un giovane afghano è stato incriminato per il finanziamento di cellule riconducibili allo Stato Islamico nel Khorasan. Il quadro è completato da decine di procedimenti per apologia del terrorismo: un 21enne che inneggiava allo Stato Islamico su un forum di videogiochi; un uomo della Reunion che il 13 novembre ha esposto una bandiera dell’Isis in una moschea; un residente in Savoia che dichiarava di voler «uccidere gli infedeli» mentre guidava; un abitante dell’Aude che gestiva tre profili TikTok con contenuti antisemiti e pro-califfato, e tanti altri. La propaganda vibra di cellulare in cellulare ed è nota l’influenza che riviste online pubblicate dallo stesso Stato islamico, come Al-Naba, esercitano su musulmani rabbiosi, anche teenager.

Il dato più inquietante
Esiste una zona grigia di violenze a ispirazione islamista che, per ragioni giuridiche o per il profilo degli autori, non rientra nella competenza della Pnat ma genera un forte allarme pubblico. Alcuni esempi: a Marsiglia, il 2 settembre, Abdelkader D. ha ferito cinque persone gridando «Allahu Akbar». A febbraio, davanti alla questura di Parigi, un sudanese o somalo con disturbi psichiatrici ha ferito due agenti nel tentativo di sottrarre un’arma… Oggi, oltre l’89 per cento dei procedimenti antiterrorismo in Francia riguarda il jihadismo (l’estrema destra violenta, pur mostrando segnali di crescita, rimane residuale). E il dato più inquietante rimane l’attrazione che esercita sui giovani.

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