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Verso un’energia a emissione zero, inesauribile

Verso un’energia 
a emissione zero, inesauribile

La fusione a confinamento magnetico mira a ricreare sulla Terra la reazione totalmente naturale che alimenta il sole e le stelle. Eni è all’avanguardia nella ricerca per mettere a punto un sistema sicuro e sostenibile che non produca sostanze inquinanti o radioattive.


Più che ambizioso, l’obiettivo suona fantascientifico: parafrasando Dante Alighieri, si vuole ricreare sulla Terra lo stesso processo che muove il sole e le altre stelle, generare la risorsa primaria che alimenta l’intero universo. Negli astri accade che due nuclei di idrogeno si avvicinino a tal punto da fondersi l’uno nell’altro: la reazione libera elio, un elemento del tutto innocuo, più un’energia abbondante e pulitissima. Che è green nel senso pieno del termine: non produce gas a effetto serra, né sostanze inquinanti o radioattive. Più che a emissioni ridotte, è a emissioni zero.

Per imitare quel meccanismo sul nostro pianeta, bisogna ricorrere alla fusione a confinamento magnetico: «Si chiama così perché occorre confinare un gas ardente, una specie di sole, dentro un reattore. È necessario affinché le molecole cariche positivamente, le quali tenderebbero a respingersi, finiscano invece per avvicinarsi e, così, liberare energia. Ma giacché nessun reattore sarebbe in grado di contenere e sopportare tale gas rovente, si usano campi magnetici potentissimi che lo tengono sospeso in aria, impedendogli il contatto con le pareti interne del reattore». A spiegare a Panorama questo complesso e affascinante procedimento è Francesca Ferrazza, responsabile decabornizzazione e tecnologie ambientali della Ricerca di Eni. L’azienda italiana è tra le più avanti a livello mondiale nel tentativo di tradurre la teoria in pratica: «La sfida non è fisica» chiarisce Ferrazza. «Il metodo lo si conosce da 80 anni, è valso premi Nobel ai suoi scopritori. La conquista, piuttosto, è ingegneristica: l’evoluzione tecnologica sta permettendo ciò che prima non si riusciva a fare, ovvero che quel processo funzioni».

Per tramutare tale direzione in un traguardo industriale, Eni ha investito in una start-up americana, Cfs, spin-off del prestigioso Mit di Cambridge (Boston), che si propone di completare dapprima un reattore dimostrativo e più avanti, tra il 2033 e il 2035, la prima centrale che realizzi la fusione a confinamento magnetico.

«Questa forma di energia complessa, sofisticata, rivoluzionaria, risponde all’esigenza di combattere il cambiamento climatico» ragiona Ferrazza. «Rientra con coerenza nella traiettoria di Eni di ridurre sempre più le emissioni. Le fonti rinnovabili ci riescono, ma sono intermittenti. A lungo termine la domanda di energia aumenterà, ci vuole un piano b che sostituisca le centrali tradizionali». La fusione è un candidato ideale perché generoso: «Rispetto a una fonte fossile, produce una densità di energia che è di milioni di volte superiore. Vuol dire che con una quantità di carburante molto piccola, paragonabile a una bottiglietta d’acqua, si soddisfa il fabbisogno di una città media per un anno».

Non a tariffe proibitive, anzi il contrario: «Alcune proiezioni ci dicono che avrà un costo scalabile, sarà davvero molto basso». Soprattutto, è un’energia sicura. «Mi rendo conto» ammette Ferrazza «che quando si parla di reazioni la mente voli a ricordi che fanno paura, ma questa tecnica non coinvolge atomi instabili, non implica radioattività distruttiva né reazioni fuori controllo. Siamo dalla parte opposta nella scala degli elementi».

Oltre all’investimento in Cfs, Eni ha avviato un programma scientifico direttamente con il Mit per arrivare a controllare il plasma, «il quarto stato della materia. È nei tubi al neon, nel fulmine, nell’aurora boreale. Rappresenta quella miscela indispensabile che crea le condizioni della fusione controllata». Inoltre, il cane a sei zampe è entrato nel progetto Dtt lanciato da Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, che intende costruire un apparato sperimentale in grado di gestire le immani quantità di calore tipiche di una centrale a fusione: «Il nostro know how industriale, le competenze di gestione e sviluppo di grandi progetti, combinate con l’eccellenza della ricerca scientifica di Enea, saranno la chiave di successo per la realizzazione di questa importantissima iniziativa, basata primariamente su competenze e tecnologie italiane».

L’infrastruttura sorgerà presso il centro di ricerche di Frascati, vicino Roma, mentre è stata attivata una collaborazione con il Cnr, estesa ai principali atenei italiani coinvolti in questo campo. Il risultato è un asse solido tra pubblico e privato. «Un modo per creare lavoro, coltivare competenze».

Ogni cervello è utile, qualunque contributo qualificato può fare la differenza in questa impresa. D’altronde, secondo una serie di studi recenti riassunti poche settimane fa da un articolo pubblicato sul New York Times, questa fusione è l’esatto opposto di una missione impossibile: «È molto probabile che funzionerà» titola il quotidiano americano. Ferrazza concorda: «Il mondo dell’energia deve entrare nel futuro, senza porsi limiti. Anche cercando di fare il sole sulla terra». n

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