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L’America si arricchisce con il gas venduto all’Europa

L’America si arricchisce con il gas venduto all’Europa

Settanta miliardi di dollari. A tanto ammontano le esportazioni Usa di metano liquido nel 2022 e il 60 per cento di esse è destinato al Vecchio continente. Ecco chi sono i magnati del gas naturale liquido e quali sono i loro piani.


Chesapeake, Cheniere, New Fortress Energy: sono nomi che probabilmente non vi dicono niente. Ma quando saprete che queste sconosciute aziende hanno messo a segno performance in borsa tra il 51 e il 116 per cento negli ultimi dodici mesi, e hanno ottenuto questo straordinario exploit grazie a Vladimir Putin, di sicuro il vostro interesse si sarà già risvegliato. Si tratta di società americane che producono e vendono gas naturale e stanno approfittando a man bassa della crisi energetica europea. Negli anni scorsi gli Stati Uniti sono diventati, grazie al «fracking» che sfrutta la pressione dei liquidi per provocare delle fratture negli strati rocciosi più profondi, il maggior produttore al mondo di petrolio e gas naturale. Quest’ultimo, quando non consumato nel Paese, viene liquefatto in appositi impianti e trasferito su navi metaniere per essere venduto all’estero: prima era destinato soprattutto all’Asia e all’America latina, visto che la domanda europea era soddisfatta in gran parte e a buon prezzo dal metano russo.

Ma lo spostamento dei consumi energetici verso il gas, seguito dall’imprevista ripresa economica del dopo Covid e poi dalla guerra in Ucraina, hanno fatto schizzare verso l’alto la domanda e le quotazioni nel Vecchio continente attirando flotte di metaniere a stelle e strisce nei porti europei dotati di rigassificatori, impianti che riportano il combustibile liquido allo stato gassoso. Se fino al 2016 le esportazioni di gas naturale liquefatto (gnl) dagli Usa all’Europa erano vicino allo zero, nel 2020 erano salite a oltre 20 miliardi di metri cubi, nel 2021 sfioravano i 30 miliardi per poi esplodere a 70 nel 2022.

Nel frattempo la Cina, che offre prezzi meno allettanti, ha visto ridursi sotto i 10 miliardi di metri cubi l’import di metano statunitense. Nei primi nove mesi del 2022 circa il 60 per cento delle esportazioni americane di gnl è stato destinato all’Europa contro il 29 per cento dello scorso anno. E così, grazie alla sete di energia dell’Unione, i produttori statunitensi sono adesso i principali esportatori di gnl del mondo. Ad attirarli come il miele verso il Vecchio continente sono le prospettive di guadagni stratosferici. Una società americana del settore, la Tellurian, in luglio ha presentato una relazione ai propri investitori mostrando il costo del gas per milione di British thermal unit, un’unità di misura dell’energia, negli Usa e in Europa: allora era di 4 dollari contro 47. Una differenza abissale che ingrassa gli esportatori d’Oltreoceano.

Ma quali sono le società che stanno guadagnando di più grazie all’impennata della domanda europea? Il maggior produttore americano di gas liquefatto e il secondo a livello mondiale si chiama Cheniere Energy, il cui titolo a Wall Street è salito del 77 per cento nel giro di un anno grazie al boom dei ricavi e degli utili. Il 4 agosto la società ha annunciato un fatturato totale di 8 miliardi di dollari nel secondo trimestre del 2022, con un aumento del 165 per cento rispetto ai 3,017 miliardi di dollari dello stesso trimestre del 2021. Inoltre, ha riportato un utile operativo di 1,477 miliardi di dollari con un aumento del 911 per cento.

Con sede a Houston in Texas, la società fu fondata nel 1996 come azienda di esplorazione di petrolio e gas. Poi, nel 2016, si è gettata a capofitto nel mercato del gas liquefatto costruendo un grande impianto di Sabine Pass, sul Golfo del Messico al confine tra Texas e Louisiana. Due anni dopo, nel 2018, il bis con il complesso di Corpus Christi, nel Texas meridionale. Guidata da Jack Fusco, manager che vanta una retribuzione di 5,4 milioni di dollari l’anno, Cheniere Energy acquista il gas naturale sul mercato libero dalle centinaia di produttori americani e lo fa arrivare ai suoi impianti attraverso gasdotti di terzi, oltre a quelli che gestisce. Successivamente liquefà il gas e ne vende circa l’85 per cento ad acquirenti stranieri di tutto il mondo.

Altro gruppo considerato tra i vincenti di questa «bonanza» è New Fortress Energy. Specializzata nel settore del gas liquefatto, la società ha realizzato il primo impianto di produzione della Florida e ha visto i suoi ricavi volare dai 112 milioni del 2018 fino ai 2 miliardi attesi nel 2022. È stata fondata nel 2014 dal finanziere miliardario Wes Edens, ex campione di sci e grande amante della montagna: cresciuto in un ranch del Montana, l’attuale Ceo della compagnia ha scalato tra gli altri il Cervino, il Grand Teton e il Kilimangiaro.

Negli ultimi 12 mesi il titolo della New Fortress Energy ha guadagnato il 116 per cento in borsa. Anche alla Chesapeake Energy di Oklahoma City si fregano la mani: le azioni di questa società di estrazione di idrocarburi hanno messo il turbo e in un anno sono cresciute del 51 per cento. La Chesapeake Energy nel 2019 aveva speso quasi 4 miliardi di dollari per acquistare un produttore di petrolio, ma ora intende vendere quella proprietà e diventare un’azienda solo di gas. E Wall Street applaude. Così come ha premiato in aprile lo sbarco sul mercato azionario della Excelerate Energy Inc, fornitore di terminali galleggianti per il gas naturale liquefatto.

Di proprietà del magnate dell’energia George B. Kaiser, la compagnia texana ha raccolto 384 milioni di dollari nella prima grande offerta pubblica iniziale statunitense dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Attenzione però, la grande festa dei magnati americani del gas potrebbe finire presto. L’Europa ha fatto il pieno di scorte, le temperature si sono mantenute su livelli elevati e la richiesta di gas, perciò, si è sgonfiata. Nel frattempo la forte domanda globale ha fatto alzare i prezzi anche negli Stati Uniti e le quotazioni spot sono salite a settembre a 7,88 dollari per milione di unità termiche britanniche, il massimo dal 2008, facendo preoccupare Washington: il presidente Joe Biden starebbe spingendo il Congresso a prendere in considerazione sanzioni fiscali per le compagnie petrolifere e del gas che accumulano profitti record.

Un quadro fosco confermato dal presidente della società di gas naturale liquefatto Tellurian, Charif Souki. Ai primi di ottobre, parlando all’Energy Intelligence Forum di Londra, Souki ha dichiarato che il gas statunitense a basso costo appartiene al passato e che l’unica soluzione per la crisi energetica dell’Europa è investire nelle infrastrutture del gas statunitense. «Il continente spenderà dai 500 ai 600 miliardi di dollari in sussidi per i propri consumatori. Per una frazione di quel prezzo, ci si potrebbe assicurare riserve di gas a lungo termine dagli Stati Uniti» ha spiegato il manager. «Ci sono 100 miliardi di dollari di progetti di liquefazione negli Usa che sono autorizzati ma non sono stati in grado di ottenere finanziamenti… Bisogna fare investimenti se si vuole controllare la risorsa». In altre parole: volete il gas? Venitelo a prendere.

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