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Se la Germania finisce la corrente

Se la Germania finisce la corrente

In Germania i Verdi (al governo) hanno proposto di mettere fuorilegge le tradizionali caldaie domestiche: dal 2024 ogni nuova abitazione dovrà utilizzare almeno il 65 per cento di energia da fonti rinnovabili. Che, però, non basterebbero a coprire il fabbisogno nazionale. E il razionamento in nome del «green» sarebbe praticamente certo.


Prima c’è stato il tentativo dell’Ue di mettere al bando tutte le automobili col motore a scoppio a partire dal 2035. Italia e Germania si sono messe di traverso: il divieto non ci sarà, ma la crescita del comparto auto elettriche rimane inarrestabile. Poi i tedeschi ci hanno messo del loro. Il vicecancelliere Robert Habeck, ministro dell’Economia e del Clima nonché storico leader dei Verdi, ha proposto di considerare fuorilegge le tradizionali caldaie domestiche: dal 2024 ogni nuova abitazione costruita in Germania dovrà utilizzare almeno il 65 per cento di energia da fonti rinnovabili. Se il Bundestag trasformerà questo progetto in legge, l’installazione di caldaie a metano o a gasolio sarà di fatto vietata e per farsi la doccia i tedeschi dovranno ricorrere alle più efficienti pompe di calore alimentate dall’elettricità.

Dovendo alimentare un numero crescente di auto e caldaie elettriche la rete tedesca andrà in sovraccarico e la risposta sarà una: razionamento. A ipotizzare l’erogazione a turno dell’elettricità è stata la Bundesnetzagentur, l’agenzia federale per le reti energetiche. Lo ha rivelato il quotidiano tedesco Bild, che ha chiesto lumi a Manuel Frondel, professore di Economia energetica all’Università della Ruhr. «Sarà il gestore della rete a decidere quali famiglie avranno l’elettricità» ha confermato l’esperto. Tre decenni dopo la fine della Ddr e del socialismo reale, la Repubblica federale tedesca diventerebbe uno Stato a economia pianificata.

Non avere l’energia elettrica sempre a disposizione è lontano mille miglia dal nostro modo di vivere, tant’è che black-out è sinonimo di interruzione completa, oscuramento totale. Eppure già lo scorso dicembre il gestore tedesco della rete aveva prospettato la possibilità, lontana ma non inverosimile, di disporre dei brown-out, interruzioni controllate per evitare picchi e guasti alla rete. A fare paura era il mese di febbraio, caratterizzato in Germania da poco vento e molte nuvole, condizioni che riducono al minimo la produzione di elettricità da solare ed eolico. Quando l’energia «verde» scarseggia, la rete deve compensare con l’elettricità prodotta centrali a gas, a carbone, nucleari, dai termovalorizzatori o da quella importata. Ad aggravare il timore di restare al buio, i dati diffusi dall’Ufficio federale di statistica sull’energia importata dalla Francia nel terzo trimestre del 2022: un abissale – 87,9 per cento rispetto allo stesso trimestre 2021 per guasti a non finire alle centrali atomiche francesi.

Né va dimenticato il taglio del gas di origine russa, parte del quale utilizzato anche per produrre energia. Febbraio è passato senza interruzioni ma si è concluso con la proposta anti-caldaie del vicecancelliere. E la Germania, resasi conto che la coperta dell’elettricità è molto più corta del previsto, non l’ha presa bene: l’associazione dei proprietari di immobili Haus&Grund ha lanciato un appello al capo del governo Olaf Scholz affinché fermi lo zelante ministro ecologista. «I proprietari di immobili dovranno affrontare costi immensi nei prossimi anni. Adesso Scholz deve garantire che la transizione energetica del patrimonio edilizio non sovraccarichi i cittadini. Altrimenti i piani di Habeck finiranno in un disastro».

A colpire i tedeschi non è tanto la direzione del cambiamento: la prospettiva di consumare sempre meno carburanti fossili e sempre più energie rinnovabili è chiara alla grande maggioranza dei cittadini ed è riflessa nei programmi di quasi tutti i partiti politici. A stupire è la sua brutalità. Sullo sfondo di una guerra vicina e di un forte sostegno militare tedesco a Kiev – un vero e proprio cambio di paradigma per una Germania abituata a decenni di antimilitarismo – nel giro di pochi mesi le forniture di gas naturale russo sono passate da 5,2 miliardi di metri cubi (gennaio 2021) a zero; nel frattempo i Verdi hanno imposto lo spegnimento, il prossimo aprile, delle centrali atomiche ancora in funzione mentre si prospetta la transizione verso un’energia che scarseggia. E i problemi non sono finiti. La Welt ha condotto un’inchiesta fra i produttori delle tanto decantate pompe di calore: chi ne voglia installare una nella propria abitazione dovrà aspettare fra i sei e i 18 mesi. Tempi biblici dettati prima dalle strozzature dell’industria causate dalla pandemia e poi aggravati da una domanda in rapido aumento. Il settore dell’edilizia è oggi quello più in ambasce, chiamato da un lato a costruire o ristrutturare secondo nuovi standard di sostenibilità ambientale, dall’altro a fare fronte alla scarsità dei dispositivi.

L’invecchiamento della popolazione non aiuta: che si tratti di installare pannelli solari o di montare una pala eolica offshore, solo nel settore delle rinnovabili mancano 216 mila lavoratori specializzati, secondo un recente studio dell’Istituto per la ricerca economica (Iw) di Colonia. «Le maggiori carenze di lavoratori qualificati sono nell’impiantistica elettrica e idraulica, nel riscaldamento, nella climatizzazione e nell’informatica». Troppe carenze per un paese che punta a generare l’80 per cento dell’elettricità da fonti rinnovabili dal 2030. A sciogliere la matassa dovrà essere la politica. Dei tre partiti della maggioranza – Socialdemocratici, Verdi e Liberali – questi ultimi stanno preparando le barricate. Il ministro federale dei Trasporti, Volker Wissing, ha avvisato la Commissione Ue che Berlino porrà il suo veto a uno stop totale alle immatricolazioni dei motori a scoppio dal 2035 se Bruxelles vieterà anche quelli alimentati con i cosiddetti e-fuel, i carburanti di sintesi sui quali l’industria aeronautica sta già molto investendo.

Anche il leader del partito e ministro delle Finanze, Christian Lindner, è sceso in campo spiegando che «il nostro obiettivo è che le nuove auto con motori a scoppio alimentato con eco-carburanti vengano immatricolate in Germania anche dopo il 2035». Ai Verdi tedeschi gli e-fuel non piacciono e lo scontro fra i due partiti è assicurato. Stesso scenario sul fronte caldaie: parlando con il magazine Focus il responsabile per l’Edilizia dei Liberali, Daniel Föst, ha riconosciuto che imporre sistemi di riscaldamento che usino il 65 per cento di energia sostenibile fa parte del patto di coalizione. «Ma nel programma c’è anche scritto “se possibile”. Nella bozza circolata in questi giorni non c’è traccia di queste parole. E poi i Verdi devono essere aperti a tutte le tecnologie per il risparmio energetico: non può essere lo Stato a dettare la scelta».

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