Meno greggio e più gas. Energie rinnovabili. Rifiuti trasformati in carburanti. Cattura e stoccaggio della CO². Riciclo della plastica. Ecco come sarà il gruppo di San Donato Milanese fra trent’anni.
Una rivoluzione a piccoli passi. Come questo: il 4 agosto scorso Eni e Asstra, l’Associazione nazionale delle aziende di trasporto pubblico locale in Italia, hanno sottoscritto un accordo di collaborazione per mettere a punto delle soluzioni per decarbonizzare i trasporti e abbattere le polveri sottili: per esempio studiando l’integrazione tra trasporto pubblico e forme di sharing mobility, o l’uso di biolubrificanti e biocarburanti, fino all’impiego di idrogeno come carburante alternativo. Il giorno prima, il 3 agosto, Versalis (società capofila delle attività chimiche dell’Eni) e Forever Plast, azienda italiana leader a livello europeo nel settore del recupero e riciclo della plastica post-consumo, hanno firmato un’intesa per sviluppare e commercializzare una nuova gamma di prodotti in polistirene compatto realizzati a partire da imballaggi riciclati.
Sono notizie apparentemente slegate una dall’altra e marginali rispetto ai problemi che deve affrontare in questi mesi l’Eni, un gruppo da 69,9 miliardi di euro di ricavi e uno dei simboli dell’Italia nel mondo. La caduta del prezzo del petrolio e il crollo della domanda dovuto alla pandemia di Covid-19 hanno provocato una frenata del fatturato e una perdita di 7,3 miliardi nel primo semestre. Non è un momento facile. In più l’amministratore delegato Claudio Descalzi e il suo predecessore Paolo Scaroni sono sotto processo a Milano per corruzione internazionale relativa a una presunta tangente in Nigeria. Riguardo a queste accuse, l’Eni e il suo amministratore delegato hanno sempre dichiarato la propria totale estraneità, esprimendo tranquillità in vista della sentenza in arrivo entro fine anno. Anche il Dipartimento di giustizia e la Sec americani hanno chiuso le proprie indagini sulla vicenda senza intraprendere alcuna azione nei confronti della società.
Come tutti i grandi gruppi, l’Eni non si limita a superare le difficoltà contingenti ma continua a darsi traguardi di lungo periodo. Addirittura al 2050: è questo infatti l’orizzonte su cui è proiettato il piano di decarbonizzazione messo a punto nei mesi scorsi a San Donato Milanese. Un piano che cambierà il volto del cane a sei zampe per trasformarlo, così sostiene il gruppo, in uno dei protagonisti dell’energia del futuro, sempre meno dipendente dagli idrocarburi e dal petrolio.
L’obiettivo infatti è diventare leader nella produzione e vendita di prodotti decarbonizzati sviluppando le rinnovabili, puntando su gas e idrogeno ripuliti dalla CO² grazie ai progetti di sequestrazione e stoccaggio, e producendo biocarburanti nelle proprie bioraffinerie ricavandoli anche dai rifiuti. E i due accordi annunciati ai primi di agosto fanno parte di questa colossale operazione di riduzione dell’impronta carbonica dell’Eni.
Dall’inizio del 2020 il gruppo ha annunciato 14 iniziative di questo genere: come la partnership con il Politecnico di Torino per ampliare lo studio delle forme di energia provenienti dal mare; l’inaugurazione di un parco fotovoltaico a Porto Torres, in Sardegna, della capacità di 31 megawatt; l’intesa tra Versalis e la società italiana di ingegneria Servizi di ricerche e sviluppo per trasformare i rifiuti in plastica mista, non riciclabili meccanicamente, in nuovi polimeri vergini; l’avvio del parco eolico di Badamsha in Kazakistan con una capacità di 48 megawatt.
Altre importanti iniziative erano state annunciate nel corso del 2019, come l’acquisizione negli Usa del 49 per cento di cinque impianti fotovoltaici per complessivi 116 megawatt, o la firma di un accordo negli Emirati per la ricerca sulla sequestrazione geologica della CO², o ancora l’intesa con Cassa depositi e prestiti per lo sviluppo su scala industriale della produzione di biocombustibili e acqua utilizzando come materia prima i rifiuti organici urbani.
Oggi l’Eni ha capacità di bioraffinazione per 0,66 milioni di tonnellate all’anno e di produzione di energie rinnovabili per 0,2 gigawatt mentre la componente di gas nella produzione è già salita al 52 per cento. Fra trent’anni, nel 2050, la capacità di bioraffinazione dovrebbe salire a 5 milioni di tonnellate, la capacità installata di energie rinnovabili a più di 55 gigawatt mentre il gas dovrebbe rappresentare l’85 per cento della produzione del gruppo. Come si vede da questi numeri, una trasformazione profonda, che relega l’oro nero a un ruolo marginale e che mette in primo piano il gas, le fonti rinnovabili e nuovi business improntati alla circolarità.
Questa strategia dovrebbe consentire di ottenere al 2050 la riduzione dell’80 per cento delle emissioni nette di gas serra riferibili all’intero ciclo di vita dei prodotti energetici venduti. Per monitorare il raggiungimento di questi obiettivi, il gruppo ha messo a punto una propria metodologia – rivista da esperti indipendenti dell’Imperial College di Londra – mentre il risultato della sua applicazione è stato verificato da Rina, società indipendente di certificazione. Per abbattere dell’80 per cento delle emissioni, l’Eni intende compiere una serie di azioni specifiche, tra le quali la progressiva riduzione della produzione di idrocarburi dopo il 2025 e il potenziamento delle produzioni di gas; la conversione delle raffinerie europee in impianti alimentati con cariche bio o alternative; la realizzazione di progetti di conservazione delle foreste per la compensazione delle emissioni di CO² per oltre 30 milioni di tonnellate annue al 2050; il raggiungimento di una capacità di produzione di energia rinnovabile superiore a 55 gigawatt; lo sviluppo di progetti per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica per oltre 10 milioni di tonnellate annue. In particolare, l’Eni vuole rasformare l’hub di Ravenna in un polo di rilevanza internazionale per la cattura della CO²
Il piano si articolerà per fasi, partendo dalla cattura delle emissioni Eni del polo industriale di Ravenna e successivamente estendendo la cattura ad altri poli industriali. La disponibilità di grandi giacimenti esauriti, o in via d’esaurimento, che hanno contenuto gas naturale a elevate pressioni per millenni e la presenza di numerose infrastrutture a Ravenna, sono tra i fattori che rendono concreto il progetto, che in sicurezza- garantisce l’azienda – e con l’espansione a supporto di altre aree industriali dell’Eni, come Ferrara e Mantova, raggiungerà una capacità di 5 milioni di tonnellate all’anno. Le ipotesi di sviluppo del progetto includono, oltre alla cattura e allo stoccaggio della CO², anche la produzione e l’utilizzo di idrogeno con l’eventuale distribuzione a utenze industriali e domestiche e per la mobilità sostenibile.
E per quanto riguarda appunto la mobilità sostenibile, oltre ad aver inserito nel suo Eni Diesel + una quota bio, il gruppo intende promuovere l’intera catena del biometano e per questo ha stretto accordi di collaborazione con il Consorzio italiano biogas, Coldiretti e Confagricoltura e dialoga con le aziende produttrici di biogas per aumentare la produzione di biometano derivante da biomasse, rifiuti zootecnici e urbani. Non solo: nel 2019 Eni ha siglato due accordi con Toyota per sperimentare la mobilità a idrogeno. Le intese prevedono la realizzazione da parte di Eni di due nuove stazioni di servizio a San Donato Milanese e a Venezia dove sarà possibile fare il pieno di idrogeno.
