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Ersel Banca Privata: sicurezza energetica al centro del World Energy Outlook 2025 mentre rallenta il focus sul climate change

Ersel Banca Privata: sicurezza energetica al centro del World Energy Outlook 2025 mentre rallenta il focus sul climate change

Ersel Banca Privata analizza il World Energy Outlook 2025: la sicurezza energetica domina l’agenda globale mentre la spinta sul climate change rallenta

A volte, le parole contano più di tutto il resto. È il caso del World Energy Outlook, il rapporto annuale pubblicato dall’Agenzia internazionale dell’energia (IEA), l’appuntamento fisso per analisti e governi come bussola sulle ultime tendenze globali. In queste pubblicazioni a contare non sono solo i numeri, ma anche e soprattutto la rilevanza data agli argomenti e la scelta delle parole con cui sono presentati. Il filo conduttore dell’edizione 2025 – resa pubblica il 12 novembre – è senza dubbio la sicurezza energetica. Il direttore esecutivo Fatih Birol nella sua prefazione la individua infatti come la principale sfida dei nostri giorni, dal momento che l’energia è ormai un’arma della contesa per l’egemonia globale: “mai prima d’ora le tensioni avevano coinvolto così tante fonti e tecnologie contemporaneamente”, ha scritto.
Solo in coda all’intervento trova invece spazio la lotta al cambiamento climatico, che a detta dello stesso Birol sta ricevendo sempre meno attenzione nell’agenda politica internazionale. In effetti il riposizionamento, non certo limitato alla IEA, è chiaro nei numeri. Quest’anno l’espressione “energy security” compare ben 92 volte, in media ogni quattro pagine (tabelle escluse). Mai così tante nell’ultimo decennio, al di fuori del 2022 quando l’invasione russa dell’Ucraina impose al centro delle agende politiche la crisi del gas europea. Allo stesso tempo, la frequenza nei rapporti della IEA dei riferimenti al cambiamento climatico si è sensibilmente ridotta. L’espressione “climate change” compare 42 volte nell’edizione 2025, uno dei dati più bassi degli ultimi anni. Erano 96 le citazioni nel 2015, 135 nel 2016, 90 nel 2017. Per quanto ben lontani da uno vero e proprio studio di text analysis, questi numeri suggeriscono una mutazione delle priorità per l’agenzia basata a Parigi e per l’intero ecosistema di addetti ai lavori e decisori politici.

Il cambio di tono e focus dell’Agenzia internazionale dell’energia è frutto del mutato contesto geostrategico. I rubinetti chiusi del gas russo verso l’Europa, il sabotaggio di gasdotti e altre infrastrutture, le misure cinesi di controllo all’export di terre rare, le sanzioni occidentali sul greggio russo: sono tutti eventi che hanno segnato il mercato internazionale dell’energia, su cui le politiche (policy) hanno un peso sempre maggiore. Ma è innegabile che la stessa politica (politics) entra ormai a gamba tesa anche nel dibattito di organizzazioni internazionali e think tank. Non è un mistero che l’amministrazione americana abbia sottoposto a notevoli pressioni la IEA perché abbandonasse le posizioni più incisive
sul riscaldamento globale e portasse, invece, l’attenzione sulla sicurezza delle filiere energetiche. Svariati esponenti del Partito repubblicano avevano minacciato nei mesi scorsi di cancellare i finanziamenti americani all’agenzia. Lo stesso
segretario USA all’Energia, Chris Wright, ha definito “completamente nonsense” la stima della IEA – contenuta fino al rapporto 2024 – di un picco della domanda di petrolio prima della fine del decennio. Le pressioni hanno funzionato: da
quest’anno la IEA è tornata a pubblicare i risultati di un vecchio modello, abbandonato nel 2020 sulla spinta di campagne ambientaliste. Questo parte dall’ipotesi di un congelamento delle attuali politiche energetiche per i prossimi 25 anni (e dunque l’assenza di ogni progresso). In questo caso l’agenzia prevede che la domanda di petrolio e di gas, invece che scendere, continuerà a salire ben oltre il 2050. Per quanto nello stesso rapporto la IEA abbia pubblicato anche altri risultati meno drastici – frutto di modelli differenti – il significato politico di tale previsione è evidente.

Nel rapporto 2025 inoltre si mette in chiaro che, anche nello scenario più ottimistico (e oggi irrealistico) di azzeramento netto delle emissioni globali, saranno necessari ulteriori investimenti sugli impianti di estrazione e raffinazione dei combustibili fossili. In particolare, per contrastare la perdita di efficienza dei giacimenti di petrolio e gas e di alcuni impianti, come i terminali di gas liquefatto o le centrali termoelettriche, e garantire così un margine di sicurezza al sistema energetico durante la transizione. Toni molto diversi da quelli del 2021, quando il direttore Birol dichiarava che “se i governi sono seri sulla crisi climatica, non possono portare avanti alcun nuovo investimento su petrolio, gas e carbone, da ora in poi”. L’attenzione dedicata alla sicurezza non è tuttavia di per sé antitetica agli sforzi necessari a contrastare e mitigare il cambiamento climatico. La resilienza delle reti, l’autonomia e la stabilità dei prezzi offerte dalle fonti rinnovabili e dal nucleare sono elementi chiave sia della transizione sia della sicurezza energetica. I due obiettivi camminano assieme: il cambiamento climatico non può essere affrontato senza garantire sicurezza al sistema, la sicurezza energetica semplicemente resta un miraggio senza mantenere sotto controllo il riscaldamento globale.

Mercati azionari

D’altro canto queste società recentemente non hanno in media mostra outperformance significative nonostante revisioni agli utili molto positive e contributi rilevanti alla crescita aggregata. Sembra che i guadagni sul fronte AI si siano spostati verso aree più cicliche, a maggior beta e tendenzialmente più speculative. Le condizioni sottostanti rimangono di supporto, con la spesa per investimenti delle Big Tech che sembra non fermarsi mai e conseguenti impatti positivi sui supplier. Gli esperti di Ersel Banca Privata continuano a ritenere che questi investimenti siano in larga parte giustificati da visibilità e progressiva accelerazione nella domanda, con marginalità costantemente superiori alle aspettative che implicano ritorni medi nel ciclo soddisfacenti. Vanno comunque tenute sotto stretta osservazione alcune dinamiche soprattutto sul fronte dell’incremento del debito e della componente di finance lease, oltre che sulla gestione dei costi di ammortamento. In Europa sembrano tornare a contribuire al rialzo le large cap globali ma continuano ad essere le banche a guidare. Le esposizioni internazionali sembrano ancora deboli e zavorrate soprattutto da settori quali auto e chimici. Allo stesso tempo alcune tematiche quali la difesa si sono bloccate. Nell’universo emergente quest’anno hanno sovraperformato i mercati più ciclici. Il più penalizzato è stato l’India, storicamente ben più caro e tendenzialmente al di fuori delle tematiche con più momentum. La Cina ha migliorato il suo profilo di crescita e ritorno sul capitale investito, con un gap valutativo che è diminuito ma rimane ampio e può fornire un buon supporto.

Mercati obbligazionari

L’eterogeneità delle fonti utilizzate rende difficile validare in maniera autonoma tale processo che però, in mancanza d’altro, deve assumersi come degno di attenzione. Le statistiche di fonte privata, o dei singoli stati, sul mercato del
lavoro non danno segnali coerenti con quanto sopra, anzi in una big picture di sostanziale stabilità sono più le sorprese negative che quelle positive. In attesa che riprenda la pubblicazione delle più rilevanti statistiche, gli esperti di Ersel Banca Privata mantengono per gli USA uno scenario di moderazione dell’attività economica tale da validare il corrente percorso atteso di riduzione dei tassi. I Fed Funds Futures prezzano meno di un taglio per dicembre 2025 e altri 2 per il 2026. Il tema principale è quello legato al mercato del lavoro, anche se l’inflazione è risalita. Con un tasso implicito «finale» di circa il 3% (in linea con le aspettative di lungo periodo della FED), se il mercato del lavoro non dovesse deteriorarsi marcatamente, il movimento sui tassi a breve potrebbe essere esaurito. In Europa è prezzato meno di mezzo taglio da qui alla fine del 2026, probabilmente più a titolo precauzionale da parte del mercato. Il bilancio dei rischi, piuttosto equilibrato, consente al Governing Council di avere tuttora un approccio più attendista e legato all’evoluzione dei dati. Per quanto riguarda il comparto del credito societario, flussi in ingresso sostenuti, soprattutto su carta euro, con masse in area +10% da inizio anno sia su Investment Grade sia sui più rischiosi High Yield. In area dollaro flussi positivi in area +6% da inizio anno, in accelerazione su Investment Grade, mentre in moderato calo da ottobre su High Yield.

Mercati valutari

Questa sembra una fase di debolezza dello yen, in attesa che si chiarisca la posizione della banca del Giappone (BoJ). Va però ricordato che già nel recente passato l’Istituto giapponese è risultato più accomodante di altre banche centrali rispetto all’incremento osservato dell’inflazione. L’elezione a Primo Ministro di Sanae Takaichi ha ridestato l’aspettativa che in Giappone si appresti a sperimentare una seconda dose di «Abenomics» ovverosia politica monetaria fiscale espansive e riforme strutturali. Questo ha pesato sul cambio facendo indebolire lo yen. A breve ci può essere una fase di perdurante debolezza dello yen in attesa che si chiarisca la situazione politica. Non è escluso che BoJ possa in qualche modo accomodare i desiderata del governo con rialzi del costo del denaro più dilazionati nel tempo fino a raggiungere la neutralità, che gli esperti di Ersel Banca Privata continuano a ritenere come punto terminale a cui approderà il ciclo di rialzo dei tassi giapponese. Va infine ricordato che la debolezza dello yen, oltre che a sostenere l’inflazione, potrebbe non essere ben vista a Washington dato che contribuisce a mantenere elevato il trade surplus con gli USA.

Le linee degli esperti di Ersel Banca Privata

Lo shutdown priva mercati e analisti del polso della situazione sul ciclo americano, e non permette di dirimere gli interrogativi sul ciclo USA che sorgono dalla compresenza di aspettative di crescita riviste al rialzo e moderazione nel mercato del lavoro. Per il mercato obbligazionario, gli esperti di Ersel Banca Privata ritengono opportuno un posizionamento pieno sulla duration, soprattutto per i portafogli multiasset, per compensare i rischi legati agli investimenti nell’ambito delle azioni e del credito. Tra le obbligazioni societarie, gli esperti di Ersel Banca Privata continuano a preferire le emissioni con alto merito creditizio; le emissioni del settore finanziario offrono ancora un extra-rendimento interessante e continuano dunque ad essere ben rappresentate
nei portafogli. Nella gamma relative return, gli esperti di Ersel Banca Privata hanno ridotto significativamente le esposizioni agli High Yield a causa della forte compressione degli spread del segmento. Per quanto riguarda le azioni il posizionamento dei portafogli multiasset con benchmark rimane neutrale, con aggiustamenti a margine in riduzione per lo stile quality growth e a favorire un approccio passivo. I portafogli multiasset total return rimangono maggiormente prudenti alla luce dei livelli raggiunti e dell’incertezza sia geopolitica che sul possibile impatto negativo dei dazi sulla crescita. Per le valute i portafogli multiasset total return hanno mantenuto invariata l’esposizione valutaria. Per i portafogli multiasset con benchmark, gli esperti di Ersel Banca Privata hanno ridotto il sottopeso verso USD per una maggiore vicinanza alle aree di fair value. Alcuni portafogli multiasset hanno investimenti sulle materie prime, tramite strategie diverse anche in funzione dei rispettivi obiettivi di rischio e di rendimento.

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