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Trappole e follie del catasto italiano

Trappole e follie del catasto italiano

La revisione del valore dei beni immobili, che il governo sta studiando, rischia di tramutarsi in una stangata per molti cittadini, che si troverebbero così a pagare più tasse sull’abitazione. L’ennesimo modo facile per fare cassa agendo sulle proprietà.


Basta toccare una leva, in apparenza innocua come gli estimi del catasto, e le tasche degli italiani verrebbero svuotate. O giù di lì. Una piccola modifica, che sembra solo una questione tecnica. Eppure ha effetti dirompenti sull’Imu che, secondo stime elaborate sui dati dell’Agenzia delle entrate, aumenterebbe del 174% in alcune zone di Milano, del 119% a Firenze, del 108 a Napoli. Un po’ meglio andrebbe a Roma, comunque con un incremento del 56 per cento, mentre a Torino il salto sarebbe intorno al 45%.

Certo, è un’analisi ipotetica. Ma resta la constatazione che la riforma del catasto rischia di gravare ulteriormente sui bilanci delle famiglie. E che il governo Draghi l’ha inserita all’ordine del giorno. Tanto per capire le altre conseguenze: l’imposta di registro (l’imposta per la registrazione all’Agenzia delle entrate di determinati atti come l’acquisto di una casa) schizzerebbe quasi del 300% a Milano, e del 203 a Napoli, con Roma al +127%.

Tutto nasce da una Raccomandazione europea inviata dalla Commissione di Ursula von der Leyen al nostro Paese nella quale si chiede una «riforma dei valori catastali non aggiornati» e la «revisione delle agevolazioni fiscali». A sua volta, l’atto di indirizzo 2021-2023, inviato dal ministero dell’Economia alle Agenzie fiscali, raccomanda di «presidiare la qualità e la completezza delle banche dati catastali», con un «costante aggiornamento dell’Anagrafe immobiliare integrata».

L’obiettivo è chiaro: bisogna riformare il sistema catastale. Il primo vero colpo è arrivato già nel 2011 con Mario Monti a Palazzo Chigi. Anche in quel caso al grido di «ce lo chiede l’Europa» furono alzati i valori catastali fino al 60% cento e venne introdotta l’Imu sull’abitazione di proprietà.

Ma di fronte alle proiezioni sull’aumento della pressione fiscale, non poche associazioni di categoria hanno aspramente criticato il progetto ideato dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, in sintonia con il presidente del Consiglio, Mario Draghi. «Quel percorso iniziato con Monti» dice il presidente di Assoedilizia, l’avvocato Achille Colombo Clerici «rischia di arrivare al culmine con questa nuova riforma, dietro la quale si nasconde, senza che nessuno mai la pronunci, una patrimoniale sugli immobili». E questo perché, secondo Colombo Clerici «l’obiettivo dell’Ue e a ruota del governo Draghi è fare cassa sulle proprietà degli italiani».

Per Assoedilizia, insomma, è una vera e propria distorsione. Il punto di partenza è l’Ue: ritiene che gli immobili nel nostro Paese forniscano un gettito, in rapporto al Pil, inferiore rispetto alla media europea. «Il punto» – spiegano ancora dall’associazione di categoria – «è che in Italia l’80% delle famiglie occupa le case a titolo di proprietà o equiparato». Una bella differenza rispetto una media europea che viaggia sul 50%. A Berlino addirittura il rapporto è inverso: solo il 20% dei berlinesi ha case di proprietà.

«L’Imu è già una delle tante patrimoniali presenti nel sistema fiscale italiano» sottolinea Alberto Gusmeroli, deputato della Lega in commissione Finanze alla Camera. «Con la riforma del catasto aumenterebbe sicuramente l’Imu e sarebbe ritoccato al rialzo anche l’Isee delle famiglie. A una patrimoniale si aggiungerebbe una patrimoniale. Bisogna, infine, considerare che con la crisi il valore catastale si è avvicinato a quello reale».

Il tema della riforma del catasto ha provocato più volte divisioni politiche. I governi di centrosinistra hanno spesso provato a realizzarla. Nel 2006 l’esecutivo guidato da Romano Prodi presentò il progetto come collegato alla Finanziaria. L’allora presidente del Consiglio associò la revisione catastale a un intervento di riduzione dell’Ici (l’imposta sulla casa di allora) perché «quando il catasto sarà riformato, avremo ben chiaro il quadro su chi incide questa imposta» disse Prodi.

L’iniziativa, però, non andò avanti e fu ripresa in altri modi, da Monti, con la rivalutazione delle rendite catastali. Poi ci ha provato Matteo Renzi quando era presidente del Consiglio. Il suo governo aveva approntato dei decreti legislativi per attuare la riforma, con la promessa di non attentare ai risparmi degli italiani, in ossequio al principio di invarianza del gettito fiscale.

In sintesi: non un euro in più nelle casse dello Stato, solo un ricalcolo dei valori catastali. Ma l’ex Rottamatore trovò in Forza Italia un muro, con Maurizio Gasparri che sottolineò: «Il rischio è che attraverso interventi di natura tecnica il ministero dell’Economia metta ancora una volta le mani nelle tasche degli italiani». Nemmeno nella versione «soft», il provvedimento passò.

L’intento della riforma sarebbe scongiurare un aumento della pressione fiscale. Ma il principio di invarianza «è impossibile da rispettare» incalza Clerici. «L’unica cosa che può succedere è che chi ha pagato “troppo” a causa del vecchio sistema continuerà a pagare lo stesso importo, mentre chi vedrà ricalcolati i valori dovrà pagare molto di più».

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