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Società «Benefit» un nuovo modo di fare business

Società «Benefit» un nuovo modo di fare business

Gli esempi concreti sono più efficaci di mille parole. Cosa succede se aziende, grandi, meno grandi o piccole, si mettono insieme per produrre e scambiarsi energia da utilizzare per gli impianti produttivi? E se invece realizzano un asilo per i figli dei dipendenti? Il risultato è un welfare “motivazionale”: ovvero una soddisfazione e un senso di appartenenza dei dipendenti che si trasforma in maggiore produttività e minor turn over di personale formato e specializzato. Questo nuovo modo di intendere l’impresa coincide con il concetto di società Benefit, società che si impegnano per statuto ad agire in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente e che che l’Italia, prima in Europa, ha regolamentato per legge nel 2015.

Il punto della situazione del settore è stato fatto di recente a Milano in occasione del convegno “Da Marte alle Società Benefit: Futuro Sostenibile per Persone Felici”, il primo di una serie organizzata da Re-Solution Hub, società di consulenza che accompagna le Pmi verso la certificazione Benefit, con l’obiettivo di avviare un cambiamento culturale e una maggiore consapevolezza. “Oggi in Italia le società Benefit sono oltre 3100, con un valore di produzione che supera i 37 miliardi e che vede Lombardia (1058 società certificate Benefit), Lazio (345) ed Emilia Romagna (293) le ragioni traino nell’ambito di una crescita di oltre il 40% sul territorio nazionale” spiega Marco Ceruti, socio fondatore e presidente del Cda di Re-Solution Hub.

Tra le trasformazioni più recenti in società Benefit possiamo citare Crrefour, ma tante grandi imprese hanno già intrapreso questa strada, come ad esempio Ferrarelle, Alessi, Novamont, ma per una reale svolta culturale è necessario che in Italia si muovano anche le Pmi, che ne costituiscono il tessuto produttivo. “Non è impossibile e i vantaggi dell’essere società Benefit sono tanti:” continua Ceruti “dalla capacità di attrarre investimenti nazionali ed europei, alla possibilità di ottenere sconti sui tassi applicati ai prestiti passando attraverso la valorizzazione del lavoro dei collaboratori e lo sviluppo di nuovi network. E non sono chiacchiere, perché esistono già gli strumenti concreti”. Tra questi appunto, la creazione di comunità energetiche come sta avvenendo tra aziende del Bresciano e nel Lazio, l’abbattimento dell’impatto delle flotte aziendali già applicato con successo in alcune aziende di trasporti e soprattutto l’individuazione di interessi comuni tra aziende diverse, che possono collaborare sia per il sociale che per l’ambiente riducendo i costi e contribuendo a una nuova idea di sviluppo anche attraverso l’adozione del programma Healthy Habits. Tale programma, ideato dall’imprenditore David Mariani , propone infatti una visione “olistica” del benessere che mette a sistema discipline diverse (psicologia sociale, economia comportamentale, neuro scienze, medicina e antropologia), e che è applicabile su piccola e su vasta scala, riducendo lo stress e migliorando produttività e salute.

“Detto questo, non dimentichiamo però che le società Benefit non sono società di beneficenza: sono profit, guardano al bilancio e mirano agli utili” conclude Ceruti. Solo che il loro profitto è fatto sia di utili che di valori sociali e ambientali. E c’è una grande differenza tra sbandierare iniziative ambientali e l’impegnarsi in assoluta trasparenza con uno statuto.

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