Dopo la musica, i film e altri contenuti digitali, anche numerosi oggetti fisici sono Accessibili pagando un canone fisso oppure Noleggiandoli. La rental economy porterà Una rivoluzione nei consumi affermando l’uso sul possesso. È il riflesso sociale di bisogni mutevoli, di un adattamento funzionale (ma anche consolatorio) all’era della provvisorietà.
Telefonini e computer diventano come le serie di Netflix o Disney+, mentre l’automobile funziona come le canzoni di Spotify. Intanto, ad abiti, scarpe e gioielli si applica lo stesso modello di consumo di molti beni digitali: il noleggio. Non è l’inizio della fine del mondo fisico, il preludio di una smaterializzazione di massa, di un’irreparabile fuga dalla realtà. È il trasferimento di una dinamica, per una volta in senso inverso: dall’intangibile al fisico. Anziché comprare le cose, le si affitta per il tempo che serve. Come già avviene per i cataloghi dei contenuti online o per la visione di un singolo film in streaming.
Si tratta di una tendenza in accelerazione: varie categorie di prodotti, anche i più basilari, stanno diventando su abbonamento. Ritorna il vecchio adagio dell’uso che vince sul possesso, dell’appassimento del concetto di proprietà, ma ora la filosofia tenta di raggiungere un nuovo livello: prova a invadere i beni comuni, si estende a oggetti ed elettrodomestici che, in passato, mai e poi mai avremmo pensato di poter noleggiare. Inclusa la lavatrice.
«Installiamo nell’abitazione del cliente una macchina evoluta, che pulisce molto meglio di una tradizionale. È come avere una lavanderia in casa: la lavatrice dosa da sola il detersivo che serve per una resa ottimale del bucato. E quando sta per finire, spediamo a domicilio le ricariche» sintetizza Gianpiero Morbello, responsabile dell’internet delle cose di Haier, l’azienda che ha lanciato Washpass, un pacchetto comprensivo di manutenzione: se la macchina si guasta, un tecnico accorre solerte. Si sceglie fra tre pacchetti, quello di base costa 18 euro al mese e garantisce 100 lavaggi annuali, gli extra si pagano 1 euro l’uno. L’elettrodomestico è connesso a Internet e tiene il conto, sa quanto lo usiamo.
«Il prodotto rimane nostro» chiarisce Morbello «mentre l’utente ne paga l’utilizzo, togliendosi parecchie incombenze e pensieri. Bisogna provare il meccanismo per capirlo, poi non si torna indietro». Il contratto dura tre anni, in caso di disdetta anticipata si versa una penale. Washpass è il punto di partenza, lo schema potrebbe essere replicato: «Anche i forni si prestano bene, per i frigoriferi stiamo cercando di capire quale modello di business adottare». E altri grandi marchi fanno lo stesso con l’inchiostro per la stampante, le capsule e le macchine per preparare il caffè, gli smartphone, i pc o i tablet (vedi le schede in queste pagine). A livello globale, la «rental economy», l’economia dei beni in affitto, varrà 170 miliardi di dollari a fine 2023 contro i 157 del 2022. Sono destinati a salire a 230 miliardi nel 2027. A dirlo sono i dati sono della società di analisi The business research company.
La definizione «rental economy» è stata rilanciata dalla rivista americana Forbes, che ne ha elogiato il potenziale. È un sottoinsieme del consolidato fenomeno della sharing economy che, secondo una proiezione del sito Statista, raggiungerà i 600 miliardi di dollari nel 2027. Quasi il doppio rispetto ai 335 miliardi stimati dal colosso della consulenza PwC per il 2025. «Il paradigma del consumo si stravolge in modo significativo perché si passa dall’investimento una tantum per l’acquisto di un bene a una spesa ripartita, ripetuta tramite un canone fisso» osserva l’economista Sandro Castaldo, professore di economia e gestione delle imprese presso l’università Bocconi di Milano. La logica è riproducibile in qualunque settore e categoria della fisicità: «Di regola, noi non compriamo un oggetto, ma l’utilità che esso ci procura. Ne posso godere noleggiandolo o abbonandomi, perciò teoricamente non esiste un limite, né una frontiera».
Ecco allora il fiorire di realtà come Dressyoucan e Drexcode, boutique digitali dove prendere in prestito, a pagamento, vestiti di alta moda, borse, gioielli. Ha senso perché, di regola, capi e accessori costosi s’indossano per una cerimonia, una serata di gala e occasioni speciali, non ogni giorno. E il noleggio si estende al vestito da sposa, per chi non lo considera un trofeo da affidare all’armadio. Secondo uno studio a curo di Future Market Insight ripreso a inizio luglio da Vogue Business, costola di approfondimento economico del celebre magazine, il mercato dell’affitto in ambito fashion vale oggi 2,3 miliardi di dollari e quasi triplicherà entro il 2033, raggiungendo i 6,2 miliardi. Driverso allarga il concetto ad auto di lusso e supercar, prenotabili facilmente online, mentre servizi come Lynk & Co propongono formule paragonabili ai servizi di streaming, tipicamente all inclusive. Tutto incluso: il prezzo fisso mensile comprende, assieme alla disponibilità di una vettura tecnologica e sostenibile, assicurazione, manutenzione e assistenza stradale. E si può disdire in qualunque momento.
«Bisogna stare molto attenti, consiglio sempre di leggere nel dettaglio le condizioni prima d’impegnarsi» avverte Castaldo. «In questi territori la normativa arriva sempre un po’ dopo, però vale il principio generale: le clausole vessatorie, quelle che possano risultare sfavorevoli per il cliente, devono essere messe in grande evidenza». Inutile comunque preoccuparsi troppo: «Queste nuove relazioni si basano sul concetto di fiducia, che viene meno quando l’utente si percepisce ingannato o incastrato in un contratto troppo sconveniente. In caso, grazie ai social, il passaparola negativo diventa immediato. Perciò, la reputazione dell’azienda ne risente in modo significativo». Gli abbonamenti alle cose, peraltro, non conquistano soltanto giovani, giovanissimi o avanguardisti. Sono piuttosto trasversali: «I vantaggi del noleggio sono evidenti e riguardano tutti i consumatori. Questa soluzione rende accessibili in modo comodo e semplice prodotti di fascia premium a un pubblico ampio, che in questo modo può spalmare il loro costo nel corso del tempo» commenta Nicolò Bellorini, vicepresidente e responsabile di Mobile Business eXperience di Samsung Electronics Italia.
La multinazionale ha lanciato «Smart upgrade» per i suoi modelli di alta gamma, dai computer ai tablet fino agli smartphone: si paga un canone iniziale minimo, poi uno mensile. Trascorso il primo anno, si può tenere l’oggetto o prenderne uno nuovo, più avanzato: «Così si riesce ad avere a disposizione sempre l’ultimo modello, con la possibilità di cambiarlo quando il mercato propone soluzioni ancora più performanti e in grado di rispondere a nuovi bisogni» aggiunge Bellorini. Pur non potendo dare numeri specifici, il manager assicura che «sempre più utenti hanno scelto questo servizio e la tendenza è, sicuramente, in crescita verticale».
La «rental economy» tiene a livello logico, sociologico (vedi l’intervista a pagina 11), psicologico: «Per citare Eraclito e Parmenide, all’essere si preferisce il divenire. Noleggiare significa partecipare alla trasformazione della realtà, sfuggire alla staticità che caratterizza un possesso» riflette Grazia Attili, professore emerito di psicologia sociale all’università Sapienza di Roma. «Lo si può interpretare sia come una leggerezza, sia come la soddisfazione di una necessità profonda: quella di non sentirsi mai fuori dal gioco, di allinearsi a bisogni che mutano». Se da una parte si guadagna in aderenza al flusso perenne della contemporaneità, dall’altra si smarrisce una ricchezza: «Conservo due radio del 1930, non funzionano, mi commuovono ogni volta che le guardo. Mi ricordano quando, da piccola, le ascoltavo accanto a mia nonna. Sostituire continuamente le cose indebolisce la nostra storia: si assottiglia l’opportunità di avere attorno a sé oggetti pieni di memoria» spiega Attili, autrice di libri di grande successo, tra cui il saggio Il cervello in amore (Il Mulino). «L’uomo moderno» aggiunge «vive in fuga dalle emozioni più profonde, inclusa la nostalgia». Forse, un equilibrio è possibile: il noleggio è la prova generale dell’acquisto. Contiene il privilegio di tracciare la linea tra il superfluo e l’utile, il rinunciabile e l’essenziale. Tra cosa lasciare andare e cosa invece trattenere, a tenere fermo il tempo, a farci ritrovare il passato. A ritornare come eravamo.