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Pizza Hut, Zara. Il coronavirus affonda anche i big

Pizza Hut, Zara. Il coronavirus affonda anche i big

La crisi arrivata a ciel sereno è senza precedenti e le conseguenze drammatiche non riguardano solo il gravoso conteggio dei morti, ma anche i business miliardari che stanno andando in fumo. Il coronavirus sta mettendo in ginocchio molte imprese globali costrette a portare i libri in tribunale perché la pandemia ha condizionato irrimediabilmente le loro attività.


L’elenco delle vittime eccellenti è in costante aggiornamento e nella lista del pianto ora è entrata anche la catena di ristornati americani Pizza Hut. Il colosso del food proprietario della società NPC International, di cui fa parte anche il brand di fast food Wendy’s, è stato schiacciato da un debito pesantissimo di quasi un miliardo di dollari, voragine che si è largamente estesa a causa del lockdown. A rischiare il posto sono oltre 40.000 dipendenti negli oltre 1220 ristoranti disseminati nel territorio americano. La speranza di un soccorso da parte di nuovi soci è l’unico modo per scongiurare il peggio.

A trovarsi in grandi difficoltà sono anche alcune celebri catene di abbigliamento a partire dai grandi magazzini americani JCPenny e Neiman Marcus, entrambi hanno fatto ricorso al Chapter 11, la normativa che consente alle aziende in difficoltà di attivare interventi straordinari per evitare il fallimento. In procinto di dichiarare bancarotta c’è anche Macy’s, fondata nel 1958 è una delle catene di distribuzione USA più vecchie. Critici sono anche i conti di Gap, Nordstorm e Urban Outfitters.

Male stanno andando anche marchi più conosciuti alle nostre latitudini. Victoria’s Secret ha annunciato la chiusura di 250 negozi in Usa e Canada, mentre H&M ha visto tracollare i suoi ricavi del 57% rispetto allo stesso periodo del 2019. Significativo il declino del brand Zara che recentemente ha comunicato la chiusura di 1200 negozi tra Europa e Asia per provare a risanare una situazione pesante con le vendite crollate nel primo trimestre di quest’anno del 44 per cento. Il forte incremento delle vendite online della società spagnola è solo una parziale consolazione.

A spegnere i fari delle proprie auto è anche la catena di autonoleggio Herz in caduta libera nel mercato azionario americano. Le quotazioni del titolo sono passate da un massimo di 20 dollari registrato a marzo a minimo di circa 1 dollaro toccato a giugno. La società americana con 12.000 sedi in tutto il mondo ha infatti subito un duro colpo dal blocco dei viaggi dovuti alla pandemia. Ora dopo aver dichiarato istanza di fallimento Herz spera nell’acquisizione da parte di un gruppo concorrente per evitare di chiudere definitivamente i battenti.

In grande difficoltà a causa dei limiti agli spostamenti sono anche le compagnie aeree. A parte il caso storicamente critico di Alitalia i cui problemi sono antecedenti al coronavirus a prendere per i capelli Lufthansa è stato un prestito da 9 miliardi di euro che la compagnia di bandiera tedesca è riuscita a negoziare evitando il crollo. Non sono riusciti a scongiurare però il peggio la compagnia aerea messicana Aeromexico, la cilena Latam e la colombiana Avianca che hanno avviato le procedure di fallimento.

L’elenco di vittime illustri non finisce qui. E’ di pochi giorni fa l’annuncio di Cirque du Soleil costretto alla bancarotta controllata nella speranza di una rapida e robusta ripresa degli show dal vivo. Le conseguenze del Covid-19 potrebbero però far cadere anche altri big del mercato nonostante in modo paradossale la borsa americana continui a registrare record di crescite in barba ai numeri, drammatici, dell’economia reale.

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