Home » Attualità » Economia » Perché le università europee sono migliori di quelle americane

Perché le università europee sono migliori di quelle americane

Perché le università europee sono migliori di quelle americane

Finlandia, Olanda, Svezia, Norvegia e Belgio i paesi con gli Atenei migliori in Europa

Quando si parla di Università, è ormai consolidata l’idea secondo cui le migliori siano non solo sempre all’estero, ma concentrate negli Stati Uniti e in Inghilterra. Yale, Harvard, Stanford, MIT, ma anche Oxford e Cambridge continuano a rimanere un sogno per migliaia di ragazzi che vorrebbero ottenere il massimo negli studi post-diploma. Eppure, una classifica apparentemente contro corrente realizzata da Ocse e rilanciata recentemente dalla BBC spiega come i laureati migliori non vengano da Stati Uniti e Inghilterra, quanto da Giappone e Finlandia.

Che cosa vuol dire tutto questo? E’ vero che la marcata differenza sul piano delle performances complessive dei ragazzi dipende dal fatto che i numeri tutto sommato ridotti degli studenti ammessi in una delle facoltà dell’Ivy League non permetterebbero all’America di rimanere competitiva a livello globale? O è tutta una questione di priorità e metodi di insegnamento?

Come funzionano le classifiche universitarie

Non proprio. Troppo spesso si sottovalutano troppo i criteri in base ai quali queste classifiche vengono stilate. La maggior parte delle ricerche sulla qualità delle università si concentra più su qualità di docenti, infrastrutture e internazionalizzazione degli atenei che sulle performance dei ragazzi che vi si laureano. E a peggiorare il bilancio si aggiunge l’abitudine a valutare i singoli docenti più per quello che scrivono e per l’impatto nazionale e internazionale delle loro ricerche che per i risultati ottenuti in classe.

Le distorsioni del sistema di valutazione

Un approccio di questo tipo crea inevitabilmente delle distorsioni: il ricercatore che viene premiato per aver pubblicato un paio di analisi su una rivista particolarmente prestigiosa tenderà a dedicare molto più tempo alla ricerca che all’insegnamento, facendosi quindi sostituire in classe da docenti a contratto e studenti di dottorato. In questo modo, però, gli studenti iscritti a un corso di laurea che raggruppa numerosi accademici di grido finiscono con l’avere con loro un contatto più limitato rispetto alle aspettative iniziali. E imparano meno dalla loro esperienza.

I paesi più virtuosi secondo l’Ocse

La classifica Ocse Education at Glance ha confrontato le performance dei laureati in giro per il mondo, e ha scoperto che i migliori vengono da Giappone, Finlandia, Olanda, Svezia, Australia, Norvegia, Belgio e Nuova Zelanda. Mentre Inghilterra e Stati Uniti occupano, rispettivamente, la nona e la decima posizione.

Da notare come in tanti di questi paesi l’istruzione, anche universitaria, sia pubblica, e non privata. Dettaglio che riduce significativamente la capacità di spesa dei singoli Atenei, senza però comprometterne qualità ed efficienza.

Non solo: la classifica di Ocse non ha valutato infrastrutture, ricerca, impatto della stessa, internazionalizzazione, e via dicendo, ma solo le abilità sviluppate dagli studenti alla fine del loro corso di studi. Come mai, allora, chi si laurea in Giappone, in Europa del Nord e in Oceania è così bravo? I motivi sono tanti, ma uno dei principali è legato al fatto che i sistemi universitari in questi paesi siano pubblici, quindi facilmente accessibili, e relativamente omogenei, mentre in Inghilterra e Stati Uniti l’istruzione è estremamente polarizzata e costosa.

Opportunità uguali per tutti come priorità

Poi c’e’ una questione di priorità: in Europa (soprattutto nel nord), è importante creare un sistema scolastico che sia complessivamente buon piuttosto che finanziare un paio di poli di eccellenza. La ragione è molto semplice: poter disporre di un sistema complessivamente buono permette di offrire buone opportunità a tutti, e anche l’eccellenza può continuare ad essere coltivata dai singoli accademici in un contesto comunque ricco e stimolante. Non è quindi un caso che nazioni come Italia, Spagna e Grecia risultino più indietro in Europa proprio per il forte divario in termini di opportunità e performances che si registra tra i laureati delle regioni del nord e del sud.

Per approfondire un po’ di più la questione, l’Ocse ha deciso di mettere a punto dei test che possano valutare e comparare la preparazione dei laureati d tutte le Università del mondo, un po’ come fa con i test di PISA per i dilomati. Peccato che gli Atenei americani abbiano già detto di essere poco interessati a partecipare all’iniziativa. Hanno quindi forse qualcosa da nascondere?

© Riproduzione Riservata