Il meccanismo europeo di stabilità di cui tutti parlano ma pochi conoscono nei veri (e preoccupanti) commi, con la sua recentissima riforma è stato trasformato da «salva-Stati» in «salva-banche». Qualcuno tra i Paesi forti dell’Unione se ne avvantaggerà. Mentre per quelli più fragili – il nostro per esempio – il rischio è di un mortificante controllo esterno. Com’è successo già alla Grecia.
Nell’anno di Dante ci vorrebbe un Virgilio per guidare gli italiani nell’inferno delle fumisterie sul Meccanismo europeo di stabilità. Ci proviamo. Come Laocoonte che ammoniva i troiani incantati davanti al cavallo di legno ripeteremo: «Timeo danaos et dona ferentes» (temo i greci anche quando recano doni). Ai greci però il Mes ha portato doni amarissimi. E proprio dal massacro sociale ellenico bisogna ripartire per parlare dell’idolatrato Meccanismo e capire se non sia come, nella virgiliana Eneide, un cavallo di Troia – o meglio di Troika visto che in Grecia operarono congiuntamente Mes, Fondo monetario internazionale e Commissione europea – offerto ai membri più deboli dell’Eurozona per drenare, al riparo da qualsiasi controllo democratico, denari da destinare al salvataggio delle banche dei Paesi forti.
Il dubbio sorge perché con l’attuale attività della Bce, che si comporta da vera banca centrale stampando moneta sotto forma di acquisto massiccio di titoli degli Stati dell’eurozona, il Meccanismo è sostanzialmente inutile. Con l’ultima riforma il Mes – da cui discende anche quello sanitario che perciò è partecipe della medesima natura – si trasforma da salva-Stati in salva-banche e assume totalmente i contorni di un contratto finanziario e non di un’istituzione comunitaria. Come i troiani vi sono molti adoratori del Mes, come gli achei vi sono molti sostenitori del cavallo! Un ircocervo finanziario. Il Mes non ha alcun fondamento giuridico «comunitario», ha uno statuto ricalcato su quello delle banche d’affari ed è frutto di un accordo intergovernativo. È nato dopo la crisi del 2011, ha sede in Lussemburgo e ha debuttato nel luglio 2013 sostituendo un precedente «strumento», l’Efsf, che è intervenuto per primo nella crisi greca.
Il Meccanismo assomiglia al Fondo monetario internazionale, ma è assai più gracile. Ma perché è un ircocervo, ovvero una creatura mitologica che unisce nel suo corpo vari animali? Perché non è né una banca d’affari né un’istituzione monetaria, bensì è nato per tappare la maggiore falla del sistema euro: il fatto che la Bce non è prestatore di ultima istanza. E dunque se c’è uno Stato europeo che non può più accedere ai mercati e per il quale la Bce non può fare nulla interviene il Mes che, per dirla in modo semplice, fa da intermediario, si finanzia sui mercati spendendo la garanzia dell’Europa e gira a condizioni durissime i soldi allo Stato insolvente. Si chiama salva-Stati, ma in realtà è una polizza per l’euro voluta da tedeschi e francesi. Il Mes ha due peccati originali: una dotazione di appena 500 miliardi – ora sono meno di 380 – e l’articolo 3 del suo statuto mai modificato: «I fondi vengono erogati sotto rigide condizionalità». La beffa per l’Italia è che siamo il terzo Paese sottoscrittore. Nello strumento europeo abbiamo versato 14,33 miliardi e sottoscritto quote di capitale per 125,4 miliardi senza portare a casa un centesimo di guadagno.
La cosiddetta riforma. Questa, in realtà, è un adeguamento ai bisogni emergenti dei padroni d’Europa: i tedeschi con i loro satelliti e i francesi. Partiamo da un dato: Deutsche Bank, il cui capo supremo Christian Sewing sta cercando di salvare a spese dei contribuenti dell’Eurozona, ha «in pancia» qualcosa come 5 mila miliardi di titoli tossici, il sistema delle Sparkasse e delle Landesbank (casse di risparmio e istituti territoriali) è totalmente al riparo dal controllo della Bce e le perdite del sistema creditizio tedesco sono ingenti.
Angela Merkel ha pensato bene di privatizzare i profitti dell’euro (la Germania da anni è fuori da ogni parametro di surplus commerciale) e di socializzare le perdite bancarie, perciò ha imposto la riforma del Mes. Sono molto esposte verso i titoli di Stato anche le banche francesi. L’Italia, che ha ripulito con sacrifici i suoi istituti dai crediti deteriorati (l’unico Paese dov’è scattato il bail-in) aveva chiesto progressi nell’unione bancaria e si è trovata opposto il «backstop». Che cos’è? Sempre il Mes che interviene a finanziare il fondo di salvataggio delle banche se c’è un attacco speculativo. A dirla tutta: se attaccano le banche tedesche o francesi, il Meccanismo entra in azione. A decidere è il «board» del Mes. Ma dove trova i soldi per finanziare le banche? Sul mercato, a danno degli Stati deboli.
I prestiti agli Stati. Per reperire il denaro da dare alle banche il Mes deve trovare qualcuno cui fare prestiti. I «clienti» preferiti sono gli Stati in difficoltà. Il meccanismo è semplice: il Mes emette obbligazioni per supportare i Paesi in crisi e con i profitti ricavati finanzia gli istituti. È un modo efficace per trasferire soldi dai cittadini alle istituzioni finanziarie usando il fisco di diversi Stati come idrovora «succhia-risparmi». Così ci spingono verso il Mes, puntando alla ricchezza privata italiana. La sua riforma ha previsto per gli Stati due linee d’intervento. La prima (Pccl) è riservata a quelli che rispettano i parametri di Maastricht. Se fossero a corto di liquidità potrebbero opporre agli speculatori una polizza del Mes sotto forma di garanzia. È lo stesso meccanismo del Fondo monetario. La seconda linea è studiata pensando all’Italia. È la Ecl concessa solo dietro rigidissime condizionalità agli Stati che sono fuori dai parametri. Così il board del Mes può sostituirsi a governi e parlamenti. Ma c’è un’altra clausola capestro: la Cac, un «addendum» ai titoli di Stato per cui non ci si può opporre alla ristrutturazione del debito. Ciò rende i titoli di Stato italiani più rischiosi e potenzialmente esposti al rialzo dello spread.
Il Mes sanitario. Il Pandemic crisis support è fuori da tali regole. Ma solo in apparenza. Perché se è vero che non risponde al criterio dei parametri di Maastricht per la concessione del prestito, è ugualmente vero che sia uno strumento del Mes regolato dall’articolo 3 , che prevede le strette condizionalità. E anche la possibilità – come nel caso delle Cac – di cambiare le condizionalità a giudizio esclusivo del board del Mes.
La dittatura dei tecnocrati. È l’elemento più preoccupante. A capo del Mes c’è il tedesco Klaus Regling che avrebbe dovuto sostituire Jean-Claude Trichet alla Bce, ma fu sopravanzato da Mario Draghi. Anche per questo non è tenero con l’Italia. Comanda 175 funzionari di 42 nazionalità diverse e il board è composto da soli alti funzionari. Sono tutti coperti da immunità totale, Regling di fatto risponde solo a se stesso e ai mercati. La riforma assegna al capo del Mes poteri d’intervento fortissimi anche nel definire le condizionalità politiche. La Germania, controllando con Ursula von der Leyen la Commissione e il Mes con Regling, sterilizza Christine Lagarde come capo della Bce. Ora che la Bce ha deciso di prolungare il suo intervento di acquisto titoli fino al 2022 il Mes sarebbe superfluo, ma serve da deterrente. Ecco perché l’Italia è indotta ad attivare quello sanitario.
A quel punto basterà rimettere in vigore il patto di stabilità (l’Italia sarebbe fuori da qualsiasi regola) appellarsi alla condizionalità e il gioco è fatto. Forse è fanta-economia. Ma conviene aggiornare quel che diceva Laocoonte: «Timeo Mes (anche sanitario) et dona ferentes»!
