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Le Università hanno miliardi sul conto, ma non li spendono

Le Università hanno miliardi sul conto, ma non li spendono

Gli atenei italiani accumulano oltre 14 miliardi di liquidità non utilizzata, mentre crescono tasse, costi degli affitti e proteste studentesche. Un sistema opaco fatto di depositi, patrimoni enormi e stipendi d’élite ai vertici amministrativi.

I numeri farebbero pensare a veri e propri caveau, dato che parliamo di disponibilità liquide per miliardi di euro. E chi li gestisce gode di stipendi stellari. Benvenuti nel mondo poco noto delle università italiane, un Eldorado costellato da 67 atenei pubblici, ognuno dei quali custode geloso del proprio feudo, dei propri privilegi, soprattutto dei propri beni. Il risultato è paradossale: mentre studenti più o meno in tutta Italia protestano per il caro affitti e per l’aumento delle tasse universitarie montando tende all’interno degli atenei, come ancora accaduto soltanto alcuni mesi fa a Bologna e a Roma, pochi di loro sanno che questi stessi atenei molto spesso siedono su una valanga di soldi senza che siano – inspiegabilmente – utilizzati.

NESSUN TAGLIO AI FONDI: I SOLDI CI SONO

Prima di analizzare il tema, va sfatato un falso mito. Il governo elargisce fondi alle università, eccome. Ogni anno sono sovvenzionate per la loro attività ordinaria da un capitolo di spesa gestito direttamente dal ministero oggi guidato da Anna Maria Bernini. Parliamo del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo). Ecco, nel 2025 non c’è stato alcun taglio: il governo ha dato 9,4 miliardi, in aumento rispetto all’anno scorso di 336 milioni di euro (benché, guardando molto indietro negli anni, il trend non sia positivo). Dunque le nostre università i soldi li hanno. Ma, come dicevamo, non li usano.

LA MONTAGNA DI LIQUIDITÀ: 14 MILIARDI FERMI

Panorama ha letto gli ultimi bilanci consuntivi di tutti gli istituti pubblici d’Italia. Da Nord a Sud. E il quadro è impietoso: i rettori avrebbero «disponibilità liquide» per oltre 14 miliardi di euro.

IL CASO SAPIENZA: 1,3 MILIARDI DI LIQUIDITÀ

Prendiamo il caso della Sapienza di Roma. Secondo quanto riportato nelle tabelle ministeriali, quest’anno riceverà 558 milioni di euro, in lieve aumento rispetto al bilancio precedente. Ebbene, se andiamo a guardare il consuntivo del 2024 (l’ultimo visibile) alla voce «disponibilità liquide» ecco la cifra: 1.336.686.567,30. Un miliardo e 336 milioni di euro. Quasi il triplo dei fondi pubblici assegnati. E a questo importo monstre si sommano, ancora, rimanenze per 989 mila euro, attività finanziarie per 196 mila euro e crediti per altri 476 milioni. Il totale dell’«attivo circolante» è dunque pari a oltre 1,8 miliardi. Soldi chiusi nel cassetto dell’università. Difficile capire perché, ma così fan tutte.

POLITECNICO, FIRENZE, TORINO, NAPOLI: CONTI MILIARDARI

Guardiamo a un’altra eccellenza italiana: il Politecnico di Milano. Stessa situazione: le disponibilità liquide ammontano a 1,08 miliardi, in aumento rispetto ai 995 milioni dell’anno precedente.
E di disponibilità liquide scoppiano anche – per citarne alcune – gli atenei di Firenze (516 milioni), Torino (675 milioni), Napoli (748 milioni). La Bologna in deficit di studentati? 946 milioni. La Statale di Milano ne registra 591 milioni.

IL CASO PALERMO: OLTRE 300 MILIONI TRA LIQUIDITÀ E CREDITI

C’è poi da dire che molto spesso sono solo una parte dell’attivo circolante. Un esempio arriva da Palermo, dove ai 317 milioni di liquidità al 31 dicembre 2024 si aggiungono altri 377 milioni di crediti.
Di cosa? Di soldi che l’ateneo avanza: 233 milioni dal ministero dell’Università, 87 milioni dalla Regione Sicilia, 10 milioni da altre università e 2 milioni dagli studenti per rate non pagate.

RISPOSTE OPACHE E LIMITI DI SPESA

Panorama ha chiesto conto ad alcuni atenei. In mezzo a risposte evasive, la più chiara arriva dalla Statale di Milano:
tutte le risorse liquide sono riversate in Banca d’Italia e soggette al “limite di fabbisogno”, che determina quanto si può effettivamente spendere ogni anno, indipendentemente dalla giacenza.
Fermo restando che la giacenza… c’è.

DEPOSITI BANCARI OVUNQUE: IL MISTERO DI MILIONI FERMI

Il Molise ha un attivo circolante di 32 milioni, di cui 26 milioni 887 mila euro in «disponibilità liquide», ma solo 12 mila euro effettivamente in cassa. Il resto? Immobilizzato in depositi bancari e postali.
L’Università della Calabria detiene 215 milioni tutti depositati in banca o posta. Tutti. Fermi.

UN PATRIMONIO IMMENSO: TERRENI, OPERE D’ARTE, BIBLIOTECHE

A rendere tutto più sorprendente è la vastità del patrimonio degli atenei: libri, opere d’arte, terreni, fabbricati, apparecchiature scientifiche.
A Bologna il patrimonio di terreni e fabbricati vale 386 milioni; impianti 37 milioni; attrezzature scientifiche 26; patrimonio librario e opere d’arte 17; arredi 7 milioni.
Milano vanta un patrimonio librario e artistico da 35 milioni; La Sapienza mobili e arredi per 13 milioni.
Il Molise, pur dichiarando zero euro in patrimonio librario e museale, possiede terreni e fabbricati per 45,8 milioni.

SPESE VIVE “CREATIVE”: TRA PORTIERATO E CATERING

E arriviamo alle spese vive.
A La Sapienza il personale costa 544 milioni nel 2024 (506 nel 2023). Solo per missioni e rimborsi oltre 4 milioni.
Curioso il caso di Torino: 521 mila euro in «colazioni di lavoro e catering».
Alla Federico II il «vestiario» costa 61 mila euro (17 mila nel 2023).
A Firenze il «portierato» assorbe 6 milioni.

I SUPER STIPENDI DI RETTORI E DIRETTORI GENERALI

A guidare questi fortini ci sono rettori e soprattutto direttori generali, spesso più pagati dei loro rettori.
Esempio: la dg de La Sapienza, Loredana Segreto, guadagna 183 mila euro lordi; la rettrice Antonella Polimeni ne percepisce 54 mila come indennità di carica (più stipendio da docente e gettoni).

Il dg dell’Università di Milano, Roberto Conte, nel 2023 porta a casa 202 mila euro, poi scesi a 164 mila nel 2024, con premio di risultato da 29 mila euro.

STIPENDI IN AUMENTO: ARRIVANO LE NUOVE FASCE

Il DM 194/2017 è stato aggiornato: ora i dg possono arrivare a 194 mila euro lordi annui, più premi.
E i senati accademici decidono.
Il dg della Federico II, Alessandro Buttà, riceve 178 mila euro per 13 mensilità più 35.600 euro di premi: totale 213 mila euro. E già è prevista una rivalutazione al rialzo.

UN SISTEMA CHE PUÒ DORMIRE SONNI TRANQUILLI

Insomma, ancora più soldi per tutti.
La spesa totale per i direttori generali potrebbe passare da 9,7 milioni a 10,3 milioni nel prossimo triennio.
Con un aggravio per lo Stato.
Gli atenei, invece, per quanto visto, possono dormire sonni tranquilli.

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