La cultura finanziaria in Italia non è sviluppata come dovrebbe. Perciò è fondamentale una consulenza ragionata che avvicini i clienti al mercato secondo le formule più adatte. Ne parla con Panorama Alessandro Melzi d’Eril, a.d. di Anima, il maggiore gruppo indipendente del settore che per le sue performance è diventato un modello di business.
Quotata a Piazza Affari dal 2014, oggi Anima è il più grande gruppo indipendente del risparmio gestito nel nostro Paese: quarta in classifica per dimensioni in Italia, gestisce 197 miliardi di euro, pari all’8,1 per cento del mercato. Si trova poi al centro di interessi incrociati che possono intrecciarsi ancora di più quando si concretizzeranno le prossime mosse del risiko non solo bancario. Per una serie di motivi. Il primo, riguarda i suoi azionisti. È partecipata dal BancoBpm, che ne possiede il 20,6 per cento, e da Poste (con l’11). Inoltre, a fine aprile Francesco Gaetano Caltagirone è salito al 3,192 per cento della holding in cui era entrato a marzo 2020, guardando anche alla generosa politica di dividendi. Lo shopping è suggestivo perché è arrivato a pochi mesi dal tentato blitz sul BancoBpm di Unicredit di febbraio, poi abortito in parte per la fuga di notizie che aveva «bruciato» l’operazione ma soprattutto perché gli acquisti sono stati fatti a ridosso dell’assemblea delle Generali, da cui l’imprenditore romano è uscito sconfitto, ed è stato seguito anche dall’ascesa al 5,5 per cento dello stesso Caltagirone in Mediobanca. L’altro atout di Anima è rappresentato dai suoi accordi di partnership a lungo termine con banche italiane, tra cui appunto il Banco (i contratti hanno un arco temporale di quasi 20 anni, arrivando a scadenza nel 2038) e Mps (il contratto scadrà a fine 2030) che prevedono un accesso privilegiato esclusivo a oltre 3.300 sportelli. A questi si aggiunge l’accordo commerciale sulla rete di Poste. Infine, Anima ha «in pancia» oltre 100 miliardi di euro di titoli di Stato, ovvero quasi il 5 per cento del debito pubblico. Lo scorso 22 aprile, un report di BoFa Securities ha valutato gli effetti della «potenziale» acquisizione dell’azienda da parte della francese Amundi il cui maggior azionista è proprio l’Agricole, che si è mosso sul BancoBpm acquistandone più del 9 per cento. E il 23 maggio Consob ha reso noto che Amundi è salita al 5,16 per cento del capitale di Anima. Panorama ne parla con l’amministratore delegato Alessandro Melzi d’Eril.
I riflettori sono accesi sul gruppo, dunque. Anche dalla Francia. Non c’è il rischio di diventare una preda?
Il riassetto nel risparmio gestito è la conseguenza della riorganizzazione di quello bancario. In questo contesto abbiamo un network distributivo unico e come manager non posso che dire che porterà valore a chiunque dovesse integrarla. Essere corteggiati fa sempre piacere, è un bene per gli stakeholder che l’azienda sia appetibile, e conferma che il gruppo ha un modello di business vincente destinato a portare valore. Ma noi restiamo focalizzati su un obiettivo: sviluppare un progetto italiano che funzioni in maniera eccellente.
Quale è stato l’impatto sul business del risparmio gestito di questi ultimi due anni, prima con la pandemia e ora con gli effetti della guerra in Ucraina e i venti di recessione?
A marzo 2020 è arrivato lo shock pandemico, ma il recupero è stato rapido con una nuova «galoppata» sia del mercato sia del settore e parte della liquidità accumulata sui conti correnti si è indirizzata sul gestito. L’invasione russa dell’Ucraina, dal punto di vista degli effetti sul comparto, finora ha avuto impatti più limitati rispetto alla pandemia. Non abbiamo assistito a un panic selling e la raccolta tiene bene. Per le reti il momento più sfidante è quando il mercato azionario scende; in questo caso l’aumento dei tassi ha portato anche a un impatto sui portafogli obbligazionari.
E l’effetto sui conti di Anima?
Per quanto ci riguarda, nonostante le incertezze la raccolta di Anima continua a essere positiva, parliamo di 1,1 miliardi da gennaio ad aprile, così come le commissioni di gestione, salite nel primo trimestre del 7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021 a 73,5 milioni. La crescita dell’inflazione spingerà a investire risparmi finora tenuti liquidi e Anima riesce a beneficiare della situazione puntando sull’indipendenza e l’assistenza fornita alle reti di vendita. Resta il nodo delle commissioni di performance che dipendono da come vanno i mercati, ma la sgr ha dimostrato di saper crescere anche in un contesto volatile.
Dal punto di vista del cliente, come deve cambiare la strategia di investimento?
Il momento adatto per entrare sul mercato è quando questo è sceso: market-timing e performance passate sono due fattori da valutare bene per investire; e qui si riconferma centrale il ruolo del consulente. Noi puntiamo sulla formazione dei consulenti e soprattutto sulle modalità di approccio al cliente. Ci sono alcune tecniche per farlo accedere al mercato, con l’obiettivo di rimanerci senza eccessive preoccupazioni: una è la formula ad accumulo, i cosiddetti «Pac».
Oggi l’eccesso di liquidità è un’opportunità, ma in una situazione come l’attuale dove avanza l’inflazione non potrebbe diventare un ostacolo?
Può diventarlo. Mantenere eccessiva liquidità comporta due costi: un costo opportunità e, con l’inflazione, un costo secco. Per questo l’azione del consulente ha una funzione cruciale, perché deve favorire una cultura finanziaria nel cliente finale e creare quella fiducia per portarlo a investire. Poi ci sono tematiche finanziarie più specifiche: non credo alle ricette cripto o «esotiche», ma preferisco prodotti bilanciati e più stabili. Investire è un po’ come sciare: la prima regola è spostare il peso sullo sci a valle. Ecco, direi che oggi siamo in una situazione in cui il peso a valle è entrare nei mercati. In generale, è fondamentale far crescere l’educazione finanziaria, sempre e a maggior ragione in momenti delicati come quello che stiamo attraversando.