Il picco dell’inflazione pare essere alle spalle anche se le stime preliminari dell’Istat per il mese di dicembre dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) parlano di un +11,8%. Una doppia cifra sotto la quale l’Italia, a differenza di altri Big Europei non riesce ancora a scendere, ma che nella sua pur lieve flessione (-0,3%), sembra far ben sperare per i prossimi mesi.
Cosa ha determinato il calo
Il rallentamento su base tendenziale dell’inflazione è dovuto, come spiega Istat, prevalentemente ai prezzi dei beni energetici, (che, pur mantenendo una crescita molto sostenuta, passano da +67,6% di novembre a +64,7%), in particolare della componente non regolamentata (da +69,9% a +63,3%). In calo anche i prezzi dei beni alimentari non lavorati (da +11,4% a +9,5%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +6,8% a +6,0%).
Il nodo degli energetici
Il dato avrebbe poturo essere migliore se i prezzi dei beni energetici regolamentati fossero stati più contenuti e invece hanno segnato rincari che oscillano tra il +57,9% e il +70,3%. Non accennano a diminuire anche i prezzi dei beni alimentari lavorati (da +14,3% a +14,9%), di quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +5,5% a +6,2%) e dei servizi relativi alle comunicazioni (da +0,2% a +0,7%).
L’elemento che resta preoccupante è che l’inflazione di fondo (ovvero quella al netto di energetici e alimentari freschi) accelera dal +5,6% a +5,8% ed è proprio questo il dato cui la Bce guarda per valutare e decidere eventuali mosse di politica monetaria.
Cosa pesa di più nel carrello degli italiani
A registrare la variazione tendenziale maggiore è ancora una volta la voce abitazione, acqua, elettricità e combustibili: +54,5%. Seguono i prodotti alimentari e bevande (+13,1%) e i servizi ricettivi e di ristorazione (+8,1%) e i mobili, articoli e servizi per la casa (+7,6%).
L’istituto nazionale di statistica spiega che “Nel 2022 i prezzi al consumo hanno registrato una crescita in media d’anno di +8,1%, segnando l’aumento più ampio dal 1985 (quando fu pari a +9,2%). In base alle stime preliminari l’inflazione acquisita, o trascinamento, per il 2023 (ossia la crescita media che si avrebbe nell’anno se i prezzi rimanessero stabili fino al prossimo dicembre) è pari a +5,1%, ben più ampia di quella osservata per il 2022, quando fu pari a +1,8%”.
Torna a crescere il potere d’acquisto delle famiglie
Torna a riprendere lentamente quota anche potere d’acquisto delle famiglie sebbene ancora frenato dai prezzi. Nel terzo trimestre 2022 infatti il reddito delle famiglie consumatrici è aumentato in termini nominali dell’1,9% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi finali sono cresciuti del 4,1%. Il potere d’acquisto delle famiglie, frenato dalla crescita dei prezzi, è tuttavia cresciuto sul trimestre precedente dello 0,3%. In un simile contesto non può che diminuire anche la propensione al risparmio stimata al 7,1%, in calo di 1,9 punti rispetto al trimestre precedente.
Cosa succede in Europa
Il trend italiano è in linea con il calo generico dell’inflazione in tutta la zona euro dove la crescita dei prezzi rallenta in Spagna, Germania e Francia sebbene a ritmi più sostenuti rispetto all’Italia. A dicembre, infatti, il tasso di inflazione si è assestato al 5,8% in Spagna, al’8,6% in Germania mentre non ha superato il 5,9% in Francia. In calo anche l’inflazione in Portogallo dove è passata al 9,6% rispetto al +9,9% di novembre).
