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«I fringe benefit servono, piacciono sempre più e si possono ancora migliorare»

«I fringe benefit servono, piacciono sempre più e si possono ancora migliorare»

Parla Fabrizio Ruggiero, ceo di Edenred che spiega il presente (roseo) e dil futuro (più tech) dei buoni pasto e simili

«Sempre meglio qualcosa in più che non far nulla. L’immobilismo sia da sempre un male di questo Paese. In più dico spesso che questo tipo di interventi, il mondo dei fringe benefit sono portatori sani di abbattimento del cuneo fiscale». Chiamateli Ticket Restaurant o buoni pasto. Sono oggetti ormai diventati di uso comune per milioni di italiani ma per le aziende, i commercialisti, gli esperti di finanza sono ormai una categoria di benefit dalla grande importanza, soprattutto fiscale. E ce lo conferma Fabrizio Ruggiero, amministratore delegato di Edenred.

«I fringe benefit servono, piacciono sempre più e si possono ancora migliorare»
Fabrizio Ruggiero – Ad Edenred Italia

«Da anni leggo che tutti i partiti che parlano del cuneo fiscale ma non se ne fa nulla. Ecco, questi interventi a tutti gli effetti abbassano questo cuneo dato che offrono detassazione all’azienda ed anche al dipendente. Per fare una legge su questo dobbiamo mettere d’accordo partiti, enti, sindacati, poi scrivere la norma, i decreti attuativi; un iter complicato e senza fine. Questi invece sono 258 euro che esistono da anni, che le aziende sono in grado di fornire ai loro dipendenti questa tessera, quindi sono in grado di commercializzare da tre anni questo importo che i governi hanno deciso di utilizzare questo strumento per incrementare il potere di spesa dei dipendenti. Ed oggi con due interventi si è arrivati a 600. Un’altra cosa è da sottolineare di questi fringe benefit. Se lei dà 100 euro in busta paga ad un dipendente stia sicuro che ne spenderà 50 e gli altri 50 li metterà via. La stessa cifra ad esempio in ticket invece obbliga alla spesa, e quindi alla circolazione del denaro e della ricchezza. In più a me azienda quei 100 costerebbero 130. Un bel risparmio».

Cosa serve per migliorare la forza e le potenzialità di questi strumenti?

«La prima cosa è dare stabilizzazione. Notiamo che nella misura in cui le aziende hanno una pianificazione chiara riescono a fare una gestione della loro spesa che, al di là della cifra stessa (200, 500, anche mille euro) sono più gestibili. Di sicuro il potere di acquisto del denaro è cambiato; 258 euro di oggi non sono le 500 mila lire di 25 anni fa. È tutto diverso. la cifra andrebbe adeguata ma, ripeto, il primo segnale forte è la stabilizzazione per permettere alle aziende di fare una pianificazione di budget sulle varie linee di bilancio. Dal punto di vista della spendibilità la norma ha un elevato grado di flessibilità; lei può usarla per fare la spesa, pagare i pasti, può usarla sul mondo regali per comprare abbigliamento, o acquistare elettronica e persino pagarsi il pieno della macchina. La cosa importante è che la gente ad esempio in pandemia ci ha comprato il computer al figlio che faceva la didattica a distanza. La cifra in se conta relativamente. 500 euro non fanno la differenza per le persone che hanno redditi elevati ma fanno la differenza ai redditi medio bassi, con figli, che possono utilizzare questo strumento per fare acquisti senza pesare troppo sul budget familiare del mese».

Ci sono differenze di utilizzo e percezione tra grandi aziende e le classiche Pmi italiane?

«Oggi i prodotti del buono pasto o buono acquisto nelle grandi aziende sono degli standard acquisiti. Oltre una certa dimensione tutti utilizzano questa agevolazione fiscale. Quello che vediamo è che, dopo la pandemia, tutti questi prodotti hanno avuto un’esplosione nel mondo delle piccole e medie imprese. Rispetto all’anno passato come crescita del numero di nuovi clienti siamo quasi raddoppiati perché 500 euro rende il prodotto più sexy rispetto a 258. In più stiamo raccogliendo oggi i frutti di quel lavoro cominciato anni fa di presentazione e promozione del prodotto più che alle imprese ai commercialisti ed ai consulenti del lavoro. Solo queste figure poi che spiegano e convincono l’imprenditore a sceglierci per tutti i vantaggi che forniamo.

Cosa c’è di tecnologico dentro, anzi, dietro una tessera come la vostra?

«Dietro a quella tessera c’è un lavoro enorme. far si che quella card arrivi ad un supermercato significhi che siamo integrati con i sistemi di cassa di quella catena, che se lei acquista una bottiglia di vino deve riconoscere il prodotto e sapere che non può pagarla con il ticket, che per normativa ci sono prodotti che si possono ed altri che invece no. Non è per nulla facile».

Cosa vede nel futuro?

«Il futuro è la digitalizzazione. Anche la tessera sparirà e sarà tutto su smartphone. L’altra cosa che vedo è la possibilità di semplificazione delle procedure per avvicinarsi ancora meglio alle pmi. Ad esempio servirebbero modifiche alla legge proprio in questo senso che potrebbero avere effetti positivi ovvio per noi, ma soprattutto per migliaia di società».

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