Le aste non sono più un rituale per addetti ai lavori, né un territorio riservato ai collezionisti più navigati. Negli ultimi anni sono diventate un fenomeno culturale, un osservatorio privilegiato per capire cosa desidera il pubblico e come si sta trasformando il concetto stesso di lusso. La crescita del settore è sotto gli occhi di tutti, e l’ultima Luxury Fashion Auction di Finarte – tenutasi il 9 dicembre nella sede milanese di Via dei Bossi 2 – ne è la conferma più evidente.
La vendita si è chiusa con un messaggio chiaro: il mercato del second-hand di fascia alta non è più una nicchia, ma un ecosistema maturo, internazionale, vivace, alimentato da una nuova generazione di collezionisti alla ricerca di rarità e autenticità. A fare da bussola, ancora una volta, è Hermès. Il marchio parigino continua a essere il termometro più preciso per misurare lo stato di salute di questo universo, un punto di riferimento che riesce a catalizzare desiderio, competizione e valori in crescita. Come spiega Margherita Manfredi, Responsabile del Dipartimento Luxury Fashion di Finarte, la forza della Maison risiede nella perfetta combinazione di «rarità, desiderabilità e impeccabile conservazione dei modelli più ricercati».
Non sorprende, quindi, che il top lot dell’asta sia stato una Kelly Retourne 35 in alligatore blu Mykonos, aggiudicata a 40.470 euro. Un oggetto che sembra condensare in sé tutto il fascino del collezionismo contemporaneo, dai materiali esotici alle cromie rare. Altrettanto contesa la Birkin 30 in pelle Togo Orange, che ha raggiunto i 12.750 euro.
A rendere il quadro ancora più interessante è la crescita trasversale delle categorie. Il pubblico non guarda più solo alle borse, ma esplora con curiosità accessori, bijoux e capi d’archivio. L’esempio più emblematico è il foulard Hermès “Kachinas” del 1992: una sorta di talismano per gli appassionati della Maison, celebrato per la vivacità cromatica e la firma di Oliver Kermit, aggiudicato a 645 euro. Una cifra che racconta il desiderio di possedere non solo un oggetto di moda, ma un frammento di storia.
La scena francese continua a esercitare un fascino indiscusso. Chanel si conferma una certezza con risultati solidi. Una giacca a manica lunga raggiunge 2.580 euro, mentre la Mini Shopper vola a 3.096 euro dopo una competizione serrata. Dior, con la sua estetica poetica e riconoscibile, piazza una delicata Saddle rosa cipria a 2.838 euro, segno di una domanda sempre vivace per le reinterpretazioni più eleganti del guardaroba anni Duemila.
Risultati che confermano una dinamica sempre più chiara: il luxury vintage non è soltanto un segmento economico, ma un linguaggio culturale. Chi compra non cerca semplicemente un oggetto, ma un’eredità stilistica, una storia da custodire, un frammento di immaginario condiviso.






