La transizione ecologica, l’operazione di salvataggio del pianeta, come promette la politica verde, non è gratis: ha un costo salato. Siamo solo all’inizio del percorso ma i primi effetti già si vedono sul sistema industriale e sui bilanci delle famiglie senza che lo stesso si possa dire, in maniera speculare, per la riduzione sensibile a livello globale della CO2.
Aziende in crisi e dominio cinese
Aziende che non riescono a stare al passo con l’elettrificazione chiudono, o mandano a casa migliaia di lavoratori, e interi settori vengono consegnati al monopolio cinese campione nell’esportare tecnologia pulita (dal fotovoltaico alle batterie per le auto), anche se per produrla non rinuncia a carbone, trivelle, miniere e plastica. Oltre a questo, c’è un aspetto della transizione ecologica meno noto al largo pubblico, ma di cui sentirà presto il peso sulle proprie tasche.
Cos’è l’EU ETS2
Stiamo parlando dell’Eu Ets2, ovvero del nuovo sistema europeo di scambio delle quote di anidride carbonica, una delle principali misure dell’Unione europea per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nei settori industriali a maggior impatto sui cambiamenti climatici. Il presupposto della misura è che il sistema delle imprese attualmente sia il maggior responsabile del surriscaldamento climatico.
Entrata in vigore e funzionamento
Non ci addentreremo in questo tema ampiamente dibattuto e che vede teorie contrastanti, ma sui costi per tutti delle misure di contrasto varate da Bruxelles e che diventeranno operative, salvo modifiche della Commissione, dal 1° gennaio 2027, quindi tra circa un anno. L’Ets2 è un sistema europeo di scambio di quote di emissioni che si applica agli edifici, al trasporto stradale e alla piccola industria, estendendo il mercato del carbonio esistente (Ue Ets1). Infatti, dal 1° gennaio di quest’anno, le aziende che immettono combustibili fossili hanno avviato un’azione di monitoraggio e rendicontazione delle loro emissioni. Dal 2027, invece, si passerà alla fase di mercato con la messa all’asta delle quote di CO2, seguendo un sistema basato sul principio del “cap and trade”, ovvero le aziende acquistano quote per coprire le loro emissioni, con l’obiettivo di ridurle del 42 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005.
Chi sarà coinvolto
Sono obbligati a sottostare a questa trappola gli edifici residenziali e ad uso commerciale, i trasporti stradali e la piccola e media impresa. Con il sistema del “cap and trade” è fissato un tetto massimo di emissioni consentite (cap) e le aziende che superano questo limite devono acquistare quote di emissione sul mercato (trade), mentre quelle più virtuose possono venderle.
L’impatto economico stimato
Quale sarà l’impatto sulle famiglie e industria lo anticipa il ricercatore Francesco Martoccia, energy strategist della banca d’investimento americana Citi. Una cifra su tutte fa già gelare il sangue nelle vene: tra il 2027 e il 2030 il costo annuo stimato per l’economia italiana sarà tra i 15 e i 30 miliardi di euro. E ciò significa che i consumatori saranno colpiti dall’aumento dei prezzi dei combustibili a causa del trasferimento dei costi delle emissioni inquinanti dai fornitori di idrocarburi agli utenti finali.
Un caso particolare: l’Italia
Questo meccanismo ha un impatto maggiore in Italia poiché il nostro Paese, osserva Martoccia, non dispone di un sistema nazionale di tassazione della CO2, il che rende l’Ets2 una novità. Diversamente 16 dei 27 Stati membri dell’Unione hanno già sistemi nazionali di scambio di quote di anidride carbonica o analoghi meccanismi nazionali di tassazione della CO2 che verranno assorbiti dal nuovo sistema europeo al momento della sua entrata in vigore.
Quanto costerà alle famiglie
Secondo le stime di Citi, il prezzo del metano aumenterà del 40 per cento rispetto ai prezzi attuali (circa 0,19 euro al metro cubo), mentre il propano salirà del 20 per cento (0,15 euro al litro). Questo significa per una famiglia tipo, che consuma 1.400 metri cubi di metano all’anno, dover affrontare una spesa aggiuntiva per il riscaldamento di circa 300 euro annui, al lordo di eventuali riduzioni dei prezzi della materia prima. La benzina, invece, subirà un rincaro del 13 per cento (0,22 euro al litro) e il gasolio del 17 per cento (0,27 euro al litro). Considerando i consumi annui italiani (11,6 miliardi di litri di benzina e 28,3 miliardi di litri di gasolio), la maggiore spesa complessiva supererà i 10 miliardi di euro.
Effetti fiscali e inflazione
Neutralizzare questi rincari con un taglio delle accise comporterebbe una perdita per l’Erario di circa 12 miliardi di euro, a fronte di un gettito fiscale da carburanti che nel 2024 ha superato i 38 miliardi di euro.
Una bella botta, senza contare i rischi inflazionistici, dal momento che i costi energetici avrebbero un impatto sui prezzi dei beni agricoli, industriali, dei servizi e della logistica. Bruxelles, per attenuare gli effetti, ha disposto un fondo che però è una sorta di pannicello caldo. Tra il 2026 e il 2032 stanzierà 65 miliardi, di cui circa 7 miliardi destinati all’Italia, con un cofinanziamento nazionale di 2,3 miliardi.
Questo fondo coprirà solo il 5 per cento della spesa totale italiana stimata in 150 miliardi di euro nello stesso periodo. Il resto sarà tutto a carico di famiglie e imprese.
Il caso del trasporto e i paradossi
Uno studio commissionato da Conftrasporti all’Osservatorio Freight Insights, istituito dal Centro nazionale per la mobilità sostenibile (Most) e alla Fondazione centro studi economia della logistica e delle infrastrutture (Cseli), stima per il settore del trasporto stradale un aumento del prezzo del gasolio superiore alle prospettive indicate da Citi: circa 30 centesimi per litro in più, con un incremento di circa il 20 per cento, ovvero un gettito annuo a livello nazionale tra i 2 e i 3 miliardi.
Ma c’è di più. Nel caso del trasporto marittimo, dove il sistema Ets è già in vigore dal 2025, si crea una minore competitività degli scali europei, poiché le regole sulla CO2 non si applicano agli scali del lato africano del Mediterraneo. Ciò significa che una nave da 10 mila container risparmia 500 mila euro se non tocca le coste europee. Inoltre l’Ets, paradossalmente, favorisce il trasporto su gomma, più inquinante, rispetto a quello via mare.
Lo stesso studio stima, nel caso di trasporto multimodale (marittimo e stradale) di camion su nave, che sulla tratta marittima Ravenna-Catania ci sia un extra-costo di 43 euro per unità di carico rispetto al solo trasporto su strada. Il presidente di Conftrasporto, Pasquale Russo, mette in evidenza proprio questa situazione paradossale. «Il prezzo medio comporterà un onere aggiuntivo per il trasporto via mare di circa 61 euro a unità di carico, pari alla differenza tra i 143 euro per trasporto marittimo e gli 82 euro per trasporto stradale. Significa che stiamo andando verso un aumento dei noli tra il 20 e il 25 per cento, che non è sostenibile. Così si preferirà trasportare le merci via strada e non via mare».
Russo fa notare che con l’entrata in vigore dell’Ets nel settore marittimo, «dopo molti anni, abbiamo registrato un calo dei volumi di spedizioni marittime perché si usa meno la soluzione multimodale». Una coincidenza? Così la misura che dovrebbe abbattere la CO2, non solo abbatte i risparmi di famiglie e imprese, ma fa anche male all’ambiente rendendo più conveniente il trasporto su gomma.
