Lasciare un buon contratto triennale per ottenerne un altro a tempo indeterminato. Succede al Meridione, dove tra i tecnici ingaggiati per rimpolpare gli scarni organici degli Enti locali che dovevano gestire i fondi europei, è fuggi-fuggi. Ne è rimasto solo un migliaio sui 2.800 reclutati da Draghi. E per rimediare si dovrà mettere mano al portafogli.
Piovono lettere di dimissioni sul Pnrr. I tecnici per il Sud, reclutati un anno fa per rafforzare le asfittiche piante organiche degli Enti locali del Meridione, stanno lasciando l’incarico «a decine ogni giorno», denuncia il presidente del comitato che li rappresenta, Giancarlo Scarpelli. Stracciano i contratti triennali ottenuti con l’Agenzia per la coesione per spostarsi sempre all’interno della Pubblica amministrazione, ma in posizioni a tempo indeterminato. Lo Stato che fa concorrenza a sé stesso, insomma. Nei giorni scorsi, i professionisti hanno inviato una nota al ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, chiedendo di essere ammessi ai piani di stabilizzazione cui hanno avuto accesso i circa 500 colleghi in forze al ministero dell’Economia, guidato da Giancarlo Giorgetti. A oggi, però, non sono arrivate risposte.
«C’è un’evidente disparità di trattamento tra gli assunti presso le amministrazioni centrali rispetto a quelli che operano negli Enti locali, come noi. Abbiamo sostenuto e superato gli stessi concorsi, ma il nostro destino sarà evidentemente diverso» sospira Scarpelli. Per questo chi può scappa verso altri lidi facendo traballare il castello di carte del Pnrr. Nel Mezzogiorno sono stati impegnati, finora, 27 miliardi di euro ma dovrebbero arrivarne altri 60 nei prossimi anni così come previsto dal Piano nazionale. Una massa gigantesca di denaro da far defluire nei percorsi obbligati della burocrazia in tempi e modi certi per evitare che l’Europa ci sanzioni. «Tutti i progetti rivolti agli Enti territoriali sono gestiti quasi esclusivamente da noi» prosegue il presidente del Comitato. «Ecco perché riteniamo che il ministro Fitto faccia malissimo a non tenere in debita considerazione il ruolo che stiamo rivestendo all’interno delle amministrazioni locali nel Sud Italia. Se non ci fossimo noi, il Pnrr verrebbe certamente compromesso».
Il condizionale appare però quasi una forma di cortesia considerato quel che bolle in pentola. Sarebbe infatti in gestazione un maxi concorso statale per l’assunzione di oltre 22 mila professionisti a tempo indeterminato da sparpagliare un po’ ovunque nei gangli della burocrazia italiana. Se così fosse, gli assunti con contratto triennale addetti al Pnrr diventerebbero rari come i panda. Tutti si riposizionerebbero altrove e i bandi del Recovery plan di fatto scomparirebbero. «Dalle nostre stime tutto ciò non avverrà prima dell’inizio del 2024 ma nel frattempo, target e milestone rischiano di saltare. Perché il Pnrr è legato a un cronoprogramma stabilito a monte dall’Ue. Se non si rispettano questi paletti il Pnrr praticamente fallisce» ribadisce Scarpelli.
E anche se le procedure di selezione e formazione del concorsone fossero espletate in tempi record, il subentro nei ruoli oggi occupati dai contrattisti triennali imporrebbe una lunga fase di studio e di apprendimento degli iter già avviati. Soluzioni intermedie? Non sembrano esserci. Impossibile anche pensare che i tecnici siano sostituiti dai dipendenti già presenti nei ranghi della Pa. Mancano le competenze e mancano soprattutto gli uomini. Nel 2019 (ultima rilevazione disponibile) nei grandi Comuni del Sud vi erano 66 unità di personale per 100 mila abitanti contro le 97 nel Centro-Nord. Negli ultimi tre anni questa percentuale è ulteriormente calata mentre è aumentata al contrario la percentuale dell’età media del personale che, sempre nel 2019, era di 50 anni. Lavoratori, insomma, non specializzati e poco inclini a diventare esperti di appalti per dare una mano alla Patria a un passo dalla pensione. D’altronde, non è un caso che fra i primi 10 Comuni meglio attrezzati per la realizzazione del Piano non ce n’è nessuno del Sud Italia. Ai primi due posti, Trieste e Trento. In particolare, in Campania (Giugliano, Torre del Greco, Castellammare di Stabia, Napoli, Caserta, Casoria), Calabria (Catanzaro, Lamezia, Reggio Calabria, Cosenza), Sicilia (Catania, Gela, Messina, Trapani, Caltanissetta), Puglia (Foggia, Andria, Taranto, Barletta, Brindisi) e Basilicata (Matera) si fa fatica finanche ad assicurare i servizi ordinari ai cittadini con le risorse interne.
A oggi i tecnici per il Sud sopravvissuti sarebbero un migliaio rispetto ai 2.800 originari, assoldati al tempo del governo Draghi tra squilli di trombe e fanfare nonostante i posti messi a concorso fossero quasi il doppio. Per assumerli in modo stabile servirebbero circa 50 milioni di euro. «Non una cifra esorbitante e rispetto alle risorse messe in campo dal Pnrr parliamo di briciole», è la posizione del presidente del comitato. «Se la politica volesse, potrebbe tranquillamente intercettare queste risorse e destinarle agli Enti locali presso cui noi siamo stati impiegati» invoca Scarpelli. Altrimenti l’esodo proseguirà. E il Pnrr potrà facilmente trasformarsi nel Piano nazionale ritardi e rinunce.