Tra cinque anni, o forse anche prima, i cittadini europei potranno pagare con l’euro digitale. La conferma è arrivata poche settimane fa dalla presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde: “Non avverrà domani, ci vorrà del tempo ma avremo l’euro digitale, che non soppianterà ma affiancherà i contanti”, ha spiegato la numero uno dell’Eurotower.
Per le tempistiche, il riferimento è alla Cina, dove il progetto di una valuta digitale di Stato si trova a uno stadio molto più avanzato. “In Cina ci sono voluti cinque anni dal primo progetto a oggi”, ha specificato Lagarde, secondo cui “di sicuro l’euro digitale risponde alla forte domanda che c’è da parte dei cittadini europei”.
Ma cosa si tratta di preciso e perché il progetto sta partendo proprio adesso? A rispondere è la stessa Bce, che lo scorso ottobre ha pubblicato un corposo report sulla valuta virtuale, sulla quale è stata avviata una pubblica consultazione i cui risultati saranno resi noti tra la primavera e l’estate. Una spinta decisiva è arrivata dalla diffusione sempre maggiore dei pagamenti elettronici, che ha visto un’ulteriore accelerazione con la pandemia. “La digitalizzazione si è diffusa in ogni ambito delle nostre vite e ha trasformato anche il modo in cui paghiamo”, spiegano gli esperti dell’istituto di Francoforte. “In questa nuova era, un euro digitale garantirebbe a tutti i cittadini dell’Eurozona di avere accesso gratuito a un metodo di pagamento semplice, accettato universalmente, sicuro e affidabile”. L’euro digitale, precisa la Bce, “sarà sempre un euro: come le banconote, ma in forma digitale. Si tratterà di una tipologia di moneta elettronica emessa dall’Eurosistema – la Banca centrale europea e gli istituti centrali nazionali – e accessibile a tutti i cittadini e le società”. Questo non significherà la sparizione del contante, che continuerà a circolare anche quando la moneta digitale sarà realtà.
Attenzione: non si tratta però di una criptovaluta. L’euro digitale, come le altre valute elettroniche di Stato allo studio da parte delle banche centrali di mezzo mondo – oltre alla Popular Bank of China, che dovrebbe tagliare per prima il traguardo, sono in campo anche la svedese Rijksbank e la Swiss National Bank – si differenzia dai Bitcoin e dalle altre realtà similari per una caratteristica in particolare: “Le criptovalute sono asset dai prezzi volatili perché non hanno un valore intrinseco e non sono supportate da istituzioni affidabili”, spiega la stessa Bce. “Invece, le persone che useranno l’euro digitale potranno farlo con la stessa fiducia con cui utilizzano il contante, perché entrambe le tipologie di moneta sono emesse da una banca centrale, a differenza delle criptovalute e delle stablecoin”.
La diffusione dei sistemi di pagamento alternativi al contante è una condizione necessaria per far sì che le valute digitali diventino di uso comune. È questo ad esempio il caso della Cina, dove da diversi anni i cittadini preferiscono utilizzare sistemi di pagamento via cellulare, con app come Alipay – sviluppata dal gigante dell’e-commerce Alibaba – e WeChat Pay, di Tencent, piuttosto che monete e banconote. Nel Paese del Dragone il renminbi digitale sarà presto realtà: a inizio febbraio si è svolto a Pechino il terzo grande test di massa per la valuta elettronica, dopo gli esperimenti dei mesi scorsi nelle metropoli di Shenzhen e Suzhou. In occasione dei festeggiamenti per il capodanno cinese, la municipalità di Pechino ha selezionato 50mila volontari a cui è stato distribuito l’equivalente di 1,5 milioni di dollari in valuta digitale, da spendere sul sito di e-commerce JD.com o nei negozi fisici che aderiscono all’iniziativa.
L’abitudine dei cittadini a usare i pagamenti elettronici non è però l’unica ragione per cui gli istituti centrali, da Pechino a Francoforte, hanno deciso di procedere velocemente con i progetti di valuta digitale. Come ha sintetizzato il Financial Times, tra le motivazioni c’è anche il rischio che un attacco informatico, o un evento dirompente come la pandemia, possa portare alla disintegrazione del sistema di pagamenti esistente e richieda l’istituzione di un euro digitale come “backup”. Ma soprattutto, a convincere gli istituti a muoversi è stato il rapido sviluppo di progetti di valute virtuali da parte di grandi aziende private: il caso più famoso è quello di Libra, la criptovaluta di Facebook ora ribattezzata Diem. Il fatto che anche questi soggetti possano emettere monete virtuali ha creato qualche preoccupazione tra i banchieri centrali, spingendoli ad agire. Non mancano comunque i dubbi sull’utilizzo dell’euro digitale, specialmente per quanto riguarda la tutela della privacy, che secondo alcuni esperti potrebbe essere messa a rischio dal monitoraggio delle transazioni da parte della banca centrale. La stessa Bce ha ammesso che l’euro digitale “pone delle sfide, ma l’Eurosistema, seguendo le opportune strategie nella messa a punto della moneta virtuale, potrà affrontarle”.
