Come influirà l’inflazione sui nostri consumi? Terminerà la penuria di materie prime? E la pandemia? Sono tante le incognite che l’economia mondiale dovrà affrontare. Panorama ha chiesto ad alcuni esperti di rispondere a 10 DOMANDE su quello che potrà accadere neI PROSSIMI DODICI MESI.
1) Quale sarà l’andamento economico in Italia e all’estero? Il Covid peserà ancora?
«Il Covid continuerà a dominare il quadro economico» risponde Fedele De Novellis, economista e partner di Ref Ricerche. «L’evoluzione dipenderà dai progressi nel campo farmaceutico, e dalla capacità di estendere le campagne vaccinali ai Paesi più poveri. In generale per l’industria il quadro nella prima parte dell’anno resterà positivo. Gli ordinativi non soddisfatti per via delle rotture nelle catene globali del valore sono elevati; questo garantisce la tenuta della produzione nei prossimi mesi al netto di possibili nuove interruzioni nelle forniture di semilavorati e commodities. Alcuni settori dei servizi, come alberghi, ristorazione, trasporto, continueranno invece a subire le interruzioni legate alle diverse fasi della pandemia».
2) Quando terminerà la crisi di materie prime e microchip?
«La crisi dei microchip si risolverà per prima, anche se non so dire quando con precisione» replica Fabrizio Quirighetti, gestore della società svizzera Decalia. «Il settore dei semiconduttori è stato investito da un improvviso aumento della domanda sia da parte dei consumatori, sia da parte dell’industria automobilistica. Questi fenomeni si sono aggiunti alla tensione tra Stati Uniti e Cina che già nel 2019 aveva colpito alcune imprese cinesi come Huawei. E ci sono stati anche problemi climatici in Texas che hanno inciso sulla produzione di chip. Tutti questi elementi non si riproporranno nel 2022 e vedo che Intel sta aumentando la sua capacità produttiva pure in Europa: dunque mi aspetto che l’offerta di semiconduttori torni regolare. Totalmente diversa la situazione delle materie prime. La richiesta di petrolio e di metalli industriali resterà forte e negli ultimi dieci anni ci sono stati meno investimenti per adeguare la produzione. Di conseguenza nel 2022 e l’anno successivo ci sarà una domanda superiore alla capacità di produzione e i prezzi delle materie prime resteranno in tensione». «Va ricordato» aggiunge De Novellis «che c’è un grande problema relativo alle forniture di gas in Europa, che dipendono dallo scenario politico e dalle relazioni con la Russia. Il punto fondamentale è la politica dei Paesi occidentali verso l’Ucraina; se la Russia continuerà a usare le forniture di gas come uno strumento di pressione verso i Paesi europei il rischio è di una vera crisi energetica. Ma qui la questione è politica; d’altra parte credo che la via diplomatica sia preferibile per trovare un accordo prima di passare a ritorsioni sul piano commerciale».
3) L’inflazione sarà transitoria o ci accompagnerà per tutto l’anno?
«L’inflazione dovrebbe rallentare a partire dalla primavera del 2022» risponde Quirighetti «e dovrebbe attestarsi intorno al 3 per cento in Europa e un po’ meno in Italia. Anche negli Stati Uniti ci sarà una netta frenata e la corsa dei prezzi dovrebbe scendere a fine anno al 3 per cento». Una previsione condivisa da De Novellis: «L’inflazione toccherà un picco nei primi mesi del 2022 e poi scenderà rapidamente nella seconda metà dell’anno. Occorre però ricordare che non sappiamo quale sarà la velocità di normalizzazione nel funzionamento delle global supply chains. Resta sempre il rischio di nuove fasi di scarsità relativa di alcuni prodotti, che porterebbero a tensioni sui relativi prezzi».
4) E la Cina come andrà? Continuerà a rallentare la sua corsa?
«Sì, stiamo entrando in un anno in cui la Cina crescerà come gli Stati Uniti e l’Europa» dice Quirighetti. «Sull’economia cinese pesa la crisi immobiliare ma ci sono segnali da parte del governo di Pechino di voler sostenere lo sviluppo economico adottando una politica monetaria accomodante, riducendo i tassi e riaprendo il rubinetto del credito soprattutto alle piccole e medie imprese. Nel 2020 la Cina è stata l’unica grande economia ad aver registrato una crescita, intorno al 2,3 per cento, mentre nel 2021 confrontando il terzo trimestre con quello di un anno prima vediamo un aumento del Pil intorno al 5 per cento. Siamo lontani dai tassi di crescita del 10 per cento a cui eravamo abituati negli anni passati. Nel 2022 la Cina crescerà intorno al 5 per cento, più o meno come Stati Uniti ed Europa».
5) Verrà riformato il Patto di stabilità che deve rientrare in vigore a inizio 2023?
Secondo Fedele De Novellis «il tema dell’inflazione è il fantasma che dominerà il dibattito sulla revisione del Patto di stabilità. Le posizioni più rigoriste inizieranno a far sentire la loro voce, sostenendo che un Patto di stabilità troppo blando alimenta il debito pubblico e questo a sua volta condiziona la politica della Banca centrale europea che è spostata verso le esigenze di finanziamento dei governi. Qui il problema specifico è relativo alla situazione italiana. Come evitare che ci si debba avviare un aggiustamento fiscale che ci porterebbe a interrompere il periodo di crescita che stiamo attraversando? E al contempo come garantire il sostegno della Bce al nostro debito pubblico? E come evitare infine che l’istituto centrale rischi di mantenere una politica troppo espansiva rispetto alle prospettive dell’inflazione? Su questi temi il dibattito è aperto».
6) Le borse continueranno a salire o sarà il momento di saltare sul carro delle obbligazioni?
«Io preferisco ancora l’azionario» afferma Alessandro Parravicini uomo di finanza e autore del libro Jungle Guide. Investire, il modo più difficile per fare soldi facili. «Le banche centrali (con la Fed emericana attesa a tre rialzi dei tassi già nel 2022) hanno cambiato la politica monetaria in senso meno espansivo e ciò dovrebbe penalizzare soprattutto l’obbligazionario, mentre le azioni saranno ancora favorite dalla crescita degli utili. Più incerta la seconda parte dell’anno quando l’aumento dei costi dovrebbe impattare sui margini. Quindi le borse dovrebbero fare meglio dei titoli di Stato, ma ricordiamoci che negli ultimi anni ogni volta che le banche centrali hanno cercato di aumentare i tassi la volatilità sui mercati è sempre salita». Una tesi confermata da Quirighetti, secondo il quale «è troppo presto per passare alle obbligazioni. In Decalia pensiamo che le borse continueranno a salire anche nel 2022 ma si tratterà di cammino difficile e accidentato perché ci sarà minor sostegno da parte della Fed americana e quindi ci sarà maggiore volatilità sui mercati»
7) Con la riduzione degli acquisti dei nostri Btp da parte della Banca centrale europea, lo spread crescerà?
«L’aumento dello spread dai minimi del terzo trimestre è già realtà» risponde Parravicini. «Con la ripresa della congiuntura globale gli operatori anticipano la riduzione del piano di acquisti di titoli di Stato da parte della Bce presieduta da Christine Lagarde e ciò dovrebbe penalizzare soprattutto i nostri Btp dato che Francoforte in percentuale ne acquista parecchi. Indipendentemente dal futuro di Mario Draghi non mi stupirei di rivedere lo spread attorno a 150 fosse anche come semplice conseguenza della riduzione del “Quantitative Easing” della Bce».
8) Come si chiuderà la partita di Tim?
«Quella su Tim è soprattutto una partita politica» sostiene Parravicini, «e la posizione di Vivendi complica le cose: la partecipazione di Vincent Bolloré (vicina al 30 per cento) è a prezzi quasi doppi rispetto ai corsi attuali. Dunque il fondo americano Kkr dovrebbe sia sborsare di più per far aderire all’Opa i francesi, sia rassicurare il governo in materia di investimenti, tutela dell’occupazione e della rete telefonica, asset strategico per eccellenza. Difficile trovare la quadratura del cerchio e per questo non sono ottimista, ma ne sapremo di più quando sarà risolta la partita per il Quirinale».
9) Chi vincerà nella disfida delle Generali?
«Leonardo Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone, che insieme a Crt valgono già oltre il 15 per cento di Generali, vogliono un cambio radicale nella gestione del Leone di Trieste e già in gennaio è atteso il loro piano industriale, alternativo a quello del management» ricorda Parravicini. «Poi si conteranno le azioni in vista dell’assemblea di aprile. È plausibile che intanto, dietro le quinte, si cerchi un compromesso con Mediobanca, azionista di riferimento con il 17 per cento e già al centro delle critiche di Del Vecchio. Un cambio traumatico negli assetti gestionali delle Generali potrebbe avere esiti pesanti anche a Piazzetta Cuccia, perciò credo che alla fine si troverà un accordo tra i contendenti».
10) Quali novità ci saranno nel grande «risiko» bancario?
«Il governo ha ottenuto un altro anno di tempo da Bruxelles per privatizzare Monte dei Paschi di Siena ma di candidati alternativi all’Unicredit di Andrea Orcel non se ne vedono» dice Parravicini. «Inevitabile che le parti tornino a parlarsi. Tuttavia l’offerta di Bper per “salvare” Carige conferma un trend ormai chiaro: chi compra non vuole farlo subendo l’imposizione della Bce su nuovi aumenti di capitale, e chiede di addossare eventuali costi di salvataggio a spese dello Stato. Ancora una volta sarà la politica a dover trovare le risposte e per questo bisognerà prima capire come procederà la legislatura» conclude Parravicini.
