Home » Attualità » Economia » È l’anno dell’Oro

È l’anno dell’Oro

È l’anno dell’Oro

Le richieste di acquisto della materia prima aurea sono in aumento. Merito senza dubbio del prezzo, vicino ai 2.000 dollari all’oncia e ai massimi storici

Un 2024 all’insegna dell’oro. Negli Stati Uniti e in Europa si potrebbe riaccendere l’interesse per questa materia prima, senza tralasciare il ruolo che continuerebbero ad avere le banche centrali nel determinarne la quotazione. Negli ultimi 18 mesi, il prezzo dell’oro non è infatti sceso nonostante, quando i tassi d’interesse salgono e quelli reali sui titoli di Stato diventano positivi, la quotazione dell’oro dovrebbe scendere. Così non è stato e attualmente siamo a circa 2.000 dollari all’oncia (molto vicino ai massimi storici). “Se nel 2022 avessimo detto agli analisti che i tassi d’interesse reali sarebbero passati da 100 punti base negativi a 200 positivi e che il dollaro sarebbe rimasto piuttosto stabile, tutti avrebbero affermato che l’oro si sarebbe attestato a un livello compreso tra i 1.300 e i 1.500 dollari all’oncia, ovvero indicativamente 500 dollari sotto il livello attuale”, spiega James Luke, fund manager, Metals, Schroders.

Per capire il presente bisogna guardare al passato

Per analizzare con più cognizione le attuali performance dell’oro bisogna tornare al 2008, l’anno che ha rappresentato un vero punto di svolta. Fino a prima l’oro veniva scambiato più sulla base delle sue caratteristiche di commodity, che in riferimento ai tassi di interesse reali. Il vero punto di svolta è stata la crisi finanziaria globale e l’introduzione del quantitative easing. “Si può dire che, dal 2008, i prezzi dell’oro sono diventati molto più sensibili a ciò che le banche centrali stavano cercando di conseguire”, dichiara Luke. Se si considera, ad esempio “il consistente movimento al ribasso a cui abbiamo assistito nel 2013 e nel 2014, quando i prezzi dell’oro calarono per tre mesi, nell’ordine di circa 500 dollari all’oncia, era chiaramente legato ai tentativi della Fed di normalizzare la politica monetaria, con l’abbandono del quantitative easing e l’avvio del quantitative tightening. È bastata la sola comunicazione che ciò sarebbe potuto accadere a causare vendite molto significative sul mercato dell’oro, in particolare da parte degli investitori occidentali”.

Dinamica che ha iniziato a traballare durante il primo trimestre del 2022, visto che sono entrati nel “gioco” di vendita/acquisto dell’oro anche le banche centrali. I tassi di interesse reali hanno iniziato un’accelerazione al rialzo ed è proprio in questo momento che l’andamento dei prezzi dell’oro e dei tassi d’interesse reali hanno iniziato davvero a divergere. Dall’inizio del 2022, i prezzi dell’oro hanno fluttuato al di sotto di 1.800 dollari all’oncia, fino a superare i 2.000 dollari. Tuttavia, sono rimasti relativamente alti rispetto all’andamento dei tassi d’interesse reali. “Appare del tutto chiaro che il punto di svolta è il primo trimestre del 2022, che coincide perfettamente con l’invasione russa dell’Ucraina. Il più grande delta sul fronte della domanda d’oro è stata decisamente la domanda delle banche centrali, direttamente correlata all’invasione dell’Ucraina e alla risposta occidentale a tutto questo. La domanda di oro da parte delle banche centrali, al netto, era stata positiva dal 2008, ma, nel 2022 e 2023, è quasi raddoppiata rispetto alla media post 2008”, spiega il fund manager.

Il ruolo di Cina e Oriente

Le banche centrali hanno giocato un ruolo fondamentale nel 2022 per quanto riguarda il prezzo dell’oro, ma c’è anche un’altra variabile da considerare: la domanda di lingotti e monete d’oro è stata decisamente consistente anche in Cina e in Medio Oriente, raggiungendo livelli record nei dati del World Gold Council.

Quindi, da una parte abbiamo una forte domanda da parte delle banche centrali e in Oriente, dall’altra, il controbilanciamento è dato dal fatto che i detentori occidentali di oro, in risposta all’inasprimento della politica monetaria, hanno reagito vendendo. Questa dinamica spiega perché il prezzo dell’oro non stia salendo di più rispetto ai livelli attuali. “A nostro giudizio, è quindi del tutto prudente prevedere che, per il 2024, il livello di 2.000 dollari all’oncia diventerà un fattore di supporto più che un elemento di resistenza, come è stato negli ultimi tre anni. Se il nostro scenario si concretizzasse, ritengo che l’impatto sulle valutazioni per i produttori d’oro sarebbe trasformativo, con un enorme potenziale di recupero per questi titoli azionari”, conclude Luke.

© Riproduzione Riservata