Home » Attualità » Economia » Commissioni a perdere

Commissioni a perdere

Commissioni a perdere

Da quella su Bibbiano a quella sul gioco illegale, da quella sul caso Forteto a quella sulla morte di David Rossi. Il Parlamento spende milioni di euro in inchieste che troppo spesso si impantanano tra lentezza nelle audizioni, indagini impostate male o altro ancora. E la legislatura che volge al termine non fa eccezione.


Quante volte l’abbiamo sentito dire: «Parlateci di Bibbiano». C’è stato un momento, qualche anno fa, in cui tutto sembrava ruotare attorno al comune di 10 mila abitanti a due passi da Reggio Emilia. E il motivo era preciso: la località era, suo malgrado, legata all’inchiesta «Angeli e demoni» – che è sfociata in un processo ancora in corso – riguardante i servizi sociali che avrebbero, secondo l’ipotesi accusatoria, falsificato le relazioni per riuscire ad allontanare i bambini dalle proprie famiglie e darli in affido ad amici e conoscenti.

Talmente ampio è stato il tumulto di quei giorni che anche la politica si è attivata istituendo una commissione parlamentare d’inchiesta «sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori». Un tema certamente delicato e, non a caso, i ruoli previsti per i commissari-parlamentari non sono di poco conto. L’obiettivo della Bicamerale è, tra le altre cose, «verificare lo stato e l’andamento degli affidatari e delle comunità di tipo familiare che accolgono minori, nonché le condizioni effettive dei minori affidati con riferimento anche al rispetto del principio della necessaria temporaneità dei provvedimenti di affidamento».

La legge prevede infatti che l’affidamento duri al massimo 24 mesi anche perché l’istituto dell’affido è ideato con lo scopo non di allontanare il minore dalla famiglia naturale ma, anzi, riconciliare l’eventuale frattura venutasi a creare. Un principio che, secondo le denunce di Bibbiano (e non solo di Bibbiano), in molti casi pare venga eluso. Per una volta, tuttavia, la politica si è mossa in tempo: la legge istitutiva della commissione è del 29 luglio 2020. E già qui qualcosa sembra sia andato storto: basta consultare l’elenco delle audizioni svolte dalla commissione, presieduta dalla leghista Laura Cavandoli, per vedere che la prima si è tenuta il 20 luglio 2021. Esattamente un anno dopo. L’ultima risale al 19 luglio scorso. Il traguardo è di terminare i lavori con una relazione conclusiva che faccia il punto sul tema oggetto dell’inchiesta. Il problema, però è che, nonostante la legge istitutiva sia chiara sul fatto che «la commissione conclude i propri lavori entro la fine della XVIII legislatura», considerando le elezioni anticipate e i tanti parlamentari presi più dalla campagna elettorale che dalle onorevoli incombenze, difficilmente si arriverà a una relazione conclusiva che possa anche essere discussa prima in commissione, poi in Aula.

In altre parole, il rischio è che la commissione nata al suon di «parlateci di Bibbiano» finirà col non parlare a nessuno. Almeno in Parlamento. Ed è un problema anche economico, oltreché di immagine, considerando che, stando sempre alla legge istitutiva, «per il funzionamento della Commissione» si sono previste spese di 50 mila euro per il 2019 e «di 150 mila euro per ciascuno degli anni successivi». Non è, però, l’unico caso. Non sono poche le commissioni d’inchiesta – tra bicamerali e monocamerali – nate nel corso della legislatura e che rischiano di arrivare a un nulla di fatto. Le motivazioni possono essere le più disparate: a volte la lentezza nelle audizioni, altre volte un’impostazione sbagliata nell’indagine, o fattori indipendenti (la pandemia, per esempio). L’esito è sempre lo stesso: spreco di denaro e nessun risultato tangibile nonostante anni e anni di audizioni e inchieste parlamentari. Prendiamo il Senato: delle tre commissioni monocamerali, se quella sul femminicidio è stata molto produttiva arrivando a licenziare 10 diverse relazioni, andamento diverso sembra stiano avendo sia quella «sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati» che ha approvato solo una relazione intermedia sull’attività svolta; sia quella «sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico» che al momento non ha prodotto alcuna relazione. Eppure anche in questo caso parliamo di dotazioni finanziarie di tutto rispetto: circa 90 mila euro sia per il 2021 sia per il 2022, in entrambi i casi.

Non va meglio a Montecitorio dove si contano altre quattro commissioni d’inchiesta monocamerali. Se quella sulla morte di Giulio Regeni si è chiusa a dicembre 2021, quelle «sulle cause del disastro della nave Moby Prince» e sulla morte di David Rossi (il capo della comunicazione della banca Monte dei Paschi di Siena, morto in circostanze sospette il 6 marzo 2013) ancora non vedono la luce.

Nessun segno di conclusione pare emergere dalle pagine istituzionali. Discorso diverso per la commissione «sulla tutela dei consumatori e degli utenti», su cui il presidente Simone Baldelli, deputato di Forza Italia, spiega come «la relazione che dovremo votare a settembre potrà contenere una estrema sintesi dell’ampio materiale raccolto». Si tratta, aggiunge, di materiale «già pubblicato dalla commissione, che in più di sei mesi ha svolto 30 audizioni, e alcune considerazioni conclusive aperte che lasceremo in eredità al prossimo Parlamento, nella consapevolezza dell’utilità di questo strumento e con l’auspicio, almeno da parte mia, che proprio il prossimo Parlamento se ne possa e voglia nuovamente dotare».

Vedremo se accadrà. Sarebbe un importante traguardo dato che i parlamentari hanno indagato «sulle forme più ricorrenti di truffe o di pratiche commerciali scorrette nella fornitura di beni e servizi», come recita la legge istitutiva che, anche in questo caso, prevede una spesa massima di 50 mila euro annui. Come per Bibbiano, ci sono poi le commissioni bicamerali. Dopo lungo tergiversare, a prendere avvio è stata anche quella sul Forteto, la comunità creata nel 1978 da Rodolfo Fiesoli (chiamato «il profeta») e che per oltre trent’anni si è resa protagonista di abusi, maltrattamenti e sfruttamento lavorativo con l’aggravante che da cooperativa agricola – e dunque senza alcuna ragione formale – riceveva dalle istituzioni bambini in affidamento. Dopo lunghi lavori e numerose audizioni, non solo non si è ancora giunti a una relazione conclusiva, ma non è detto che questa arrivi. «Temo non sia stato colto un concetto caratterizzante di questa drammatica vicenda toscana» spiega il parlamentare Stefano Mugnai, membro della commissione e presidente della commissione d’inchiesta regionale in Toscana nel 2012. «Indagare sul Forteto significa abbracciare e comprendere una vicenda di abusi, sopraffazioni, complicità, omissioni, ideologie, che si è dipanata ininterrottamente per decenni». Si sarebbe potuto partire proprio dalle due relazioni delle commissioni d’inchiesta regionale, entrambe approvate all’unanimità, e invece «si è ritenuto di iniziare sostanzialmente da capo».

Di medesimo avviso anche il deputato FdI Giovanni Donzelli che tanto si è battuto sul tema del Forteto e definisce la commissione d’inchiesta «un’occasione persa». La ragione? «L’errore più grande è stato quello di far presiedere l’organismo a chi non si era mai occupato della vicenda (Angela Piarulli, ndr) e non conosceva la storia. Il lavoro, comunque, non andrà buttato: sono emerse altre verità ed altre si sono cristallizzate». Magra consolazione, resa ancora più amara dai più di due milioni spesi in questi anni, secondo i conti di Panorama, per commissioni d’inchiesta che rischiano di non portare a nulla. Commissioni a perdere. Appunto.

© Riproduzione Riservata