Tutte le forze politiche lo vogliono cancellare eppure il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro rimane saldo (in attesa di modifica costituzionale). E nel frattempo incrementa il suo bilancio di previsione per il 2023. Ma si immagina che costerà di più, molto di più.
A sentire i parlamentari non ci sono dubbi: se c’è una riforma su cui tutti, a destra come a sinistra, sono d’accordo è l’abolizione del Cnel. Giudicato superfluo dalla classe politica, la cancellazione dalla Carta costituzionale del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro era prevista già dalla riforma Boschi-Renzi. Progetto naufragato con il referendum del 4 dicembre 2016.
Anche nella scorsa legislatura, però, i gialloverdi prima e i giallorossi poi avevano negli intenti programmatici quello di abolire l’organo costituzionale. E oggi? Pare che la musica non sia cambiata. Tra le leggi depositate in questo scampolo di inizio legislatura, infatti, già troviamo un disegno di legge, a prima firma Manfred Schullian (gruppo Misto), dal titolo più che chiaro: «Abrogazione dell’articolo 99 della Costituzione. Soppressione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro».
Voci, al momento. Che pare non tocchino poi più di tanto il Cnel, guidato dal 2017 da Tiziano Treu: dopo gli anni da ministro, prima al Lavoro con i governi Dini e Prodi, e poi ai Trasporti con l’esecutivo D’Alema, e quelli trascorsi al Senato, da un lustro il docente ha trovato una nuova vita nella romana villa Lubin, sede del Consiglio, in regime di proroga grazie a una norma voluta nel 2022 da Palazzo Chigi.
E per l’anno in corso ha messo in conto un bel po’ di spese. Il totale di esborsi, scorrendo il bilancio di previsione 2023, ammonta a 12,3 milioni, con un incremento evidente rispetto agli 11,8 milioni dello stanziamento previsto inizialmente nel 2022. Ed è qui che viene il bello. L’anno scorso, in realtà, lo stanziamento definitivo è cresciuto enormemente rispetto a quanto previsto in un primo momento, arrivando addirittura a quota 16,2 milioni. Perché, sia chiaro, la previsione è un’ipotesi di spesa, che può schizzare verso l’alto proprio in seguito alle variazioni. Fatto che può ripetersi anche per il 2023 (la cui spesa prevista è già più alta, come abbiamo visto, rispetto a quella prevista inizialmente nel 2022), nel solco della tradizione degli ultimi anni.
Ma per cosa verranno utilizzati questi soldi? Nel dettaglio, per pagare l’intera governance si prevede di spendere 501 mila euro. Se è vero che i membri del Consiglio non percepiscono stipendio, è altrettanto vero che sono stati messi in conto 40 mila euro per coprire le «spese per la partecipazione di Presidente, Vice Presidente e Consiglieri ai lavori del Consiglio», cui si aggiungono altri 30 mila per gli eventuali «viaggi».
Senza dimenticare i dipendenti al servizio del presidente Treu per cui si prevede un’ulteriore spesa di 40 mila euro. Il grosso degli esborsi – 6,5 milioni di euro – sarà assorbito dalla macchina amministrativa: di tali uscite, solo il personale diretto dal segretario generale Paolo Peluffo costerà 6 milioni e rotti.
Ci sono, poi, i servizi e le forniture: dall’acquisto di carta e cancelleria (50 mila euro) alle spese per le relazioni istituzionali (110 mila euro) fino alle traduzioni (80 mila euro). Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare su un futuro difficile, il Cnel ha tutta l’intenzione di investire sul rinnovamento e la digitalizzazione: si prevede per esempio di spendere 530 mila euro per la manutenzione ordinaria di hardware e software. Altri 50 mila euro, invece, saranno destinati a non meglio precisati «beni di consumo strumentali al funzionamento degli uffici e alle esigenze istituzionali e di decoro». Poi, ancora, prestazioni artigianali (40 mila) e acquisto di mobili e arredi per i vari uffici (altri 50 mila euro).
Questa è la modalità di risposta del Cnel a chi vorrebbe cancellarlo. E lo dimostra anche la produzione legislativa di queste poche settimane: risultano già depositati ben 12 disegni di legge tra Camera e Senato. A dirla tutta, alcuni di questi hanno il tratto di autoreferenzialità. Un esempio? Il Consiglio tra le altre cose prevede la «Istituzione del Comitato nazionale per la produttività». E dove? «Presso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro». L’idea lanciata dal Cnel, in altre parole, è istituire un comitato interno allo stesso Cnel (riprendendo un disegno presentato già nel 2019).
Altro che abolizione, dunque. A voler assegnare ruoli che rendano imprescindibile la presenza del Cnel pare essere proprio il Cnel nell’attesa di capire il suo destino, annotano i più maligni. Ma il Consiglio stesso respinge ogni accusa. «Ci occupiamo di vari e tanti argomenti», è la tesi sempre esposta e tra i compiti figura anche la gestione del database sui contratti nazionali lavorativi vigenti. Mentre tra i disegni di legge spunta la proposta di nuove norme relative alla «competitività del sistema della logistica italiana delle merci», o ancora la richiesta di una «riforma della disciplina della riscossione fiscale». Tuttavia ci sono anche spunti che sembrano uscire dal perimetro di competenza del Cnel. Un esempio? L’idea di «un dispositivo di blocco da installare sui veicoli in uso ai soggetti condannati per guida in stato di ebbrezza». n
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