Home » Attualità » Economia » Mascherine: il business dietro al contagio

Mascherine: il business dietro al contagio

Tra le spese dell’ex commissario all’emergenza Domenico Arcuri ci sono anche tonnellate di protezioni anti-Covid consegnate ogni settimana a tutte le scuole. Contratti multimilionari per dispositivi giudicati «inutili e scomodi».


Da Giorgia Meloni a Matteo Renzi, tutti adesso vogliono lo scalpo di Domenico Arcuri. Gli imputano sperperi favolosi: intermediari avidi, ventilatori fallati, siringhe speciali. Fino ai leggendari banchi a rotelle. Rimaniamo allora nel martoriato ambito scolastico: tra le spese scriteriate dell’ex commissario all’emergenza ci sarebbero pure le inadoperabili mascherine inviate negli istituti di tutt’Italia. Due al giorno per alunno, più quelle destinate a insegnanti e personale: circa 130 milioni di pezzi a settimana. Ma il responso degli interessati è univoco: troppo grandi o troppo piccole, senza nasello metallico, spesso maleodoranti. Nessuno le vuole. Pochissimi le usano. Rivaleggiano per inutilità con le sedute rotanti volute da Arcuri, in tandem con un’altra indimenticabile: l’ex ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina.

Il valente Mimmo è tornato, per ora, alla guida di Invitalia. Al suo posto è arrivato il generale Francesco Paolo Figliuolo, che ha rapidamente rimesso in riga la campagna vaccinale. Mentre non gli è restato che prendere atto dei contratti voluti dal suo predecessore. Come i due siglati con Fca, insomma l’ex Fiat, il 30 luglio 2020: «Fornitura e produzione di mascherine in favore del commissario», da settembre 2020 a settembre 2021. Primo accordo: 143,7 milioni di euro per 1,67 miliardi di chirurgiche. Secondo: 26,4 milioni per 307 milioni di pediatriche. Totale: 170 milioni per due miliardi di dispositivi. Ma l’intesa è stata ben più generosa: Arcuri concede in comodato d’uso pure i costosi macchinari necessari allo scopo. Vengono acquistati da Fameccanica, gruppo Angelini, a cui vanno quasi 48 milioni di euro. E da Ima, di Alberto Vacchi, che riceve 15,7 milioni.

In cambio, l’azienda guidata da John Elkann un anno fa promette di riconvertire parte degli stabilimenti di Mirafiori e Pratola Serra. «A regime è prevista una produzione giornaliera di 27 milioni di mascherine e l’impiego di circa 600 lavoratori, operativi su tre turni» magnifica lo scorso 30 settembre Repubblica, capofila del gruppo editoriale Gedi. A sua volta controllato da Exor, la stessa finanziaria degli Agnelli che ha la maggioranza di Fca. Nel piano viene marginalmente coinvolta anche Luxottica, l’impero degli occhiali. L’8 settembre 2020, si accorda con Arcuri per la fornitura di 251 milioni di pezzi, per 23 milioni di euro.

L’allora plenipotenziario della lotta al Covid non perde occasione per manifestare la sua gratitudine alle società coinvolte. Un’operazione intrisa di statalismo, che ricorda il tardivo investimento in Reithera: avrebbe dovuto produrre il vaccino tricolore, ma la Corte dei conti ha bocciato l’investimento. Alla fine, le chirurgiche marchiate «presidenza del Consiglio», certifica oggi il sito commissariale, sono costate 316 milioni. La maggior parte è finita nelle scuole. La spesuccia va ad aggiungersi agli altri approvvigionamenti: quasi 3,5 miliardi per l’acquisto di dispositivi e attrezzature. Cifra aggiornata al 21 gennaio 2021. E nello sterminato elenco, l’esborso più cospicuo rimangono i 1,25 miliardi di euro della maxi commessa da 800 milioni di mascherine cinesi su cui indaga la procura di Roma.

Le chirurgiche inviate ad alunni e insegnanti dovevano essere il buongiorno quotidiano di Giuseppe Conte, l’allora premier. Invece si diventate un ulteriore supplizio. La produzione viene avviata a fine estate scorsa, dopo mesi di pandemia e conseguente esperienza sul campo. Eppure istituti di ogni ordine e grado sono invasi da tonnellate di mascherine definite «mutande», o «giarrettiera» dagli audaci. Già considerate scomode e inutili agli albori. Introvabili perfino nelle farmacie della remota provincia italiana. Niente sobri elastici da mettere dietro le orecchie, bensì civettuole fasce merlate. E ai bambini delle primarie viene elargito un dispositivo rinominato più pudicamente «mutandina»: con identiche fasce da far passare dietro la testa, perfette per travestirsi da sioux. Sia la versione junior che quella senior sono comunque apprezzatissime dalle madri più oculate, che le trovano eccellenti per le pulizie casalinghe.

La struttura commissariale informa che, al 26 maggio 2021, sono state consegnate nelle scuole 1,9 miliardi di chirurgiche. Altre 1,8 miliardi sarebbero parcheggiate nei magazzini delle poste. Insomma, si sfiorano i 4 miliardi di pezzi: meno della metà griffati «presidenza del Consiglio», il resto acquistato da aziende del settore. Il risultato però non cambia. Plurimi sondaggi tra genitori e alunni concordano: nove studenti su dieci evitano di usarle. E non perché le famiglie abbiano soldi da buttare. Tutt’altro.

Dove finiscono le mascherine di Giuseppi? C’è chi prova a restituirle all’illustre mittente, chi le regala in beneficienza e chi le rifila obtorto collo agli allievi. I più piccoli, quelli delle primarie, non oppongono resistenza. Rientrano periodicamente a casa con lo zaino pieno di pacchi intonsi: finiscono nell’armadietto dei medicinali o in quello degli stracci, poi tra i rifiuti indifferenziati.

Di fronte al ripetuto diniego di ragazzi e insegnati, in molti istituti superiori si continuano a impilare scatoloni negli atri e nei cortili. Solo i più dotati strutturalmente ricorrono ai magazzini. Tra gli accumulatori seriali, suo malgrado, c’è Antonio Palcich, dirigente del liceo scientifico Federigo Enriques di Ostia. Nel deposito dell’istituto giacciono già 163 mila mascherine mutanda, marchiate Fca. «Con quelle che abbiamo da parte, potremmo andare avanti altri due anni» lamenta il preside. «Peccato non le voglia quasi nessuno. Faccio un appello al commissario: basta, non sappiamo più dove metterle».

L’assedio non deve stupire. Il solerte Arcuri, all’inizio dell’anno scolastico, aveva pensato a una cospicua fornitura: dallo scorso settembre al settembre che verrà. Prevedibili lockdown e vacanze compresi. Non si mai, perbacco: meglio abbandonare, sempre e comunque. Del resto, in passato, l’hanno veementemente attaccato sia per le mascherine che mancavano all’inizio, che per le terapie intensive non allestite prima della seconda ondata.

Beh, quel drago d’un Mimmo stavolta non s’è fatto riprendere in castagna. Difficile farla due volte a un boiardo di lungo corso come lui, dalemiano per di più. Eppure, i soliti sfascisti mostrano di non gradire nemmeno l’ennesima accortezza. Anche nel caso delle chirurgiche nelle scuole, vengono fuori esposti alla solita Corte dei conti assieme alla malcelata insoddisfazione. E, ancora una volta, potrebbe mettersi in mezzo la giustizia penale. La procura di Roma ha aperto un’indagine dopo la denuncia di Rete Iside e sindacato Usb sulla presunta «inadeguatezza del potere filtrante delle mascherine Fca».

Ma Arcuri ora ha pensieri più gravosi. Le inchieste ne lambiscono le maldestre gesta. Mentre sia destra che sinistra, da Fratelli d’Italia a Italia Viva, chiedono una commissione parlamentare d’inchiesta sul suo operato: dai lucrosi appalti cinesi agli inutili banchi a rotelle. Ci permettiamo di aggiungere un’altra brillante e sottovalutata intuizione di Mimmo: questi 4 miliardi di inservibili mascherine. Donate, per conto di Giuseppi, agli incolpevoli scolari italiani.

© Riproduzione Riservata