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Così le badanti diventano un lusso

Così le badanti diventano un lusso

Con gli aumenti automatici alle loro retribuzioni, da gennaio sarà sempre più costoso avere questi aiuti familiari. Allo stesso tempo le pensioni medie, ha stabilito la legge di Bilancio, non vengono adeguate all’inflazione. Il risultato sarà meno persone che si potranno permettere un sostegno e l’inevitabile incremento del lavoro in nero.


Il nostro non è davvero un Paese per vecchi. Chi si avvicina al tramonto della vita sa bene quanto sia difficile avere un’assistenza o quantomeno un aiuto domiciliare per le incombenze quotidiane. Trovare una badante non solo è una corsa a ostacoli con vincoli burocratici che richiedono quasi un diploma da ragioniere, ma è sempre più un lusso per pochi. Le persone contrattualizzate, circa 450 mila, rappresentano la punta dell’iceberg. Al di sotto, c’è la schiera del lavoro nero, unica soluzione per il pensionato che pure si colloca nella fascia dell’assegno medio di 1.200 euro mensili. Su questa categoria disastrata, che nonostante non sia più in attività contribuisce al Pil nazionale sottraendo al costo pubblico l’assistenza dei bambini senza asili o facendo da «paracadute sociale» a figli disoccupati o precari con le pensioni, si è abbattuta l’ennesima tegola dell’aumento dell’inflazione. Non bastavano i rincari dell’energia e, a cascata, di tutti i generi essenziali, da gennaio scattano gli aggiornamenti automatici nelle retribuzioni delle figure di assistenza in base alla variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo. Il che significa un adeguamento degli stipendi all’80 per cento dell’inflazione. Per una famiglia con un anziano che ha bisogno di questo tipo di aiuto, il costo annuale sale fino a 2 mila euro in più. La Fidaldo, la Federazione italiana dei datori di lavoro domestico, ha calcolato che la busta delle badanti aumenterà del 9,20 per cento. Una spesa in più, sulle 120 euro al mese.

È una situazione che incentiva l’aumento dei rapporti di lavoro irregolari, già storica piaga del settore. Le famiglie, quando impiegano un badante, devono comportarsi come un datore di lavoro privato e attenersi a quanto stabilito dal contratto nazionale di categoria che fissa i minimi retributivi. Nel 2022 le retribuzioni minime dei lavoratori domestici sono cresciute, sempre per effetto della variazione dell’indice Istat, intorno al 3 per cento. Il loro assegno mensile supera così i 1.200 euro. La rivalutazione interessa anche i contributi versati ogni tre mesi all’Inps, che salgono, secondo Assindatcolf (una delle quattro associazioni aderenti a Fidaldo) di circa il 7,5 per cento. Quindi una doppia batosta.

Il contratto nazionale di lavoro prevede che spetti a una Commissione nazionale formata dalle parti datoriali e sindacali, convocata dal ministero del Lavoro, aggiornare le retribuzioni. In assenza dell’accordo, l’adeguamento avviene automaticamente nella misura dell’80 per cento dell’inflazione per le retribuzioni minime, e del 100 per cento dell’inflazione per i valori convenzionali di vitto e alloggio dei lavoratori. Dopo due fumate nere, per stabilire le modalità degli aumenti, l’incontro è stato aggiornato al 16 gennaio quando si saprà se l’aggiornamento sarà immediato e totale o a scaglioni come chiedono i sindacati. L’onere maggiore ricade sulle famiglie che hanno bisogno di una badante convivente cui va corrisposto uno stipendio mensile, quindi con una paga oraria più simile ai minimi previsti dal contratto nazionale. Diversa la situazione se la paga è a ore, perché la retribuzione supera di solito i minimi tabellari. Attualmente il costo che sostiene una famiglia per una badante convivente assunta a tempo pieno per 54 ore settimanali, di livello «C Super» è di 1.516 euro. Per effetto dell’inflazione la spesa annua è destinata a salire da 17.177 euro a circa 19.200.

«Ma se si sommano i costi della badante titolare a tempo pieno a quelli della sostituta, nella migliore delle ipotesi la famiglia nel 2022 è arrivata a spendere ogni mese 2.220 euro, che all’anno diventavano 25.067 euro per la supplenza di 15 ore settimanali» commenta il presidente di Assindatcolf, Andrea Zini. «O nella peggiore, con il sostituto a 25 ore, di ben 2.641euro al mese, ovvero 29.783 euro. Tale importo nel 2023, con l’adeguamento all’inflazione, salirà a circa 33 mila euro, quasi 3 mila euro in più rispetto al 2022». La situazione di una badante convivente rappresenta il 23,4 per cento, su un totale di un milione di datori di lavoro domestico. L’incremento è pesante e solo una ristrettissima quota di pensionati, con assegni elevati, riesce ad affrontarlo. Per la platea più vasta, che vive con appunto un assegno medio di 1.200 euro mensili, con il quale deve far fronte alle spese quotidiane di bollette e generi alimentari come pure delle medicine e di eventuali interventi chirurgici (laddove non siano coperti dal Servizio sanitario nazionale), la badante diventa un lusso.

Le famiglie con un anziano sostengono questi costi in modo autonomo, senza un aiuto reale da parte dello Stato. L’attuale sistema fiscale consente di portare in deduzione solo una quota dei contributi versati all’Inps (per un massimo di 1.549,37 euro l’anno) e di detrarre una minima parte di quello che si spende per lo stipendio di chi è badante, ma solo in caso di non autosufficienza certificata e in presenza di redditi sotto i 40 mila euro: nello specifico il 19 per cento di 2.100 euro, ovvero 399 euro l’anno, e questo a fronte di costi che, come abbiamo visto, superano la soglia dei 30 mila euro. «Con la detrazione, si risparmiano al massimo 300-400 euro» afferma Zini «e per il loro recupero bisogna aspettare la dichiarazione dei redditi, ovvero circa un anno e mezzo dopo. Nel frattempo i soldi vanno sborsati». E comunque è un’agevolazione già prevista nel passato, che non tiene conto della situazione eccezionale di alta inflazione. «Se è vero che per tornare al 2,5 per cento come fissato quale tetto massimo dal Ue serviranno almeno un paio di anni, per le famiglie significherà un progressivo impoverimento difficile da recuperare in futuro» commenta il presidente di Assindatcolf.

Una cifre su tutte indica la gravità della situazione. Dal 2014 al 2022 l’aumento nel contratto delle badanti è stato di 76 euro, meno di 10 euro l’anno, mentre ora, nel giro di pochi mesi, l’onore per le famiglie è di 125 euro in più al mese. A questo si somma la perdita del potere d’acquisto delle pensioni. La legge di Bilancio ha introdotto un restyling al sistema di indicizzazione che passa da un meccanismo basato su tre fasce di reddito a sei. Il recupero dell’inflazione riguarda solo gli assegni molto bassi mentre gli altri devono tirare la cinghia, come ha anticipato Panorama nelle scorse settimane. Questa la situazione attuale, dopo le molte mediazioni avvenute in sede di approvazione della manovra. Le «minime» (525,38 euro) degli over 75 salgono ma solo per il 2023 a circa 600 euro al mese. Tutti gli altri trattamenti al minimo arriveranno a circa 570 euro. Il pieno adeguamento del 100 per cento all’inflazione è previsto per gli assegni fino a quattro volte il minimo, pari a 2.100 euro lordi mensili, che beneficeranno di un aumento di 153 euro al mese sempre al lordo, mentre per quelli fino a cinque volte il minimo (2.626 euro mensili), l’indicizzazione è dell’85 per cento. La rivalutazione è del 53 per cento per le pensioni fino sei volte il minimo (3.150 euro); del 47 per cento per quelle fino a otto volte, pari a 4.200 euro; del 37 per cento fino a 10 volte il minimo (5.250 euro mensili); del 32 per cento oltre 10 volte. Va ricordato poi che una pensione lorda di 2.300 euro corrisponde a un netto inferiore a 1.800 euro.

A fronte di questi importi, sono pochissimi gli anziani che possono coprire facilmente la spesa per una persona che assista. Quale è la soluzione? «Spesso, quando la famiglia non riesce a intervenire economicamente, è la donna a sacrificarsi per assistere il parente non autosufficiente, anticipando il pensionamento. O si fa ricorso a personale in nero. Quindi perdite di posti di lavoro femminile» conclude Zini. Il Reddito di cittadinanza ha favorito la diffusione di contratti fuori legge perché per il badante significa avere una doppia entrata. Ma è un boomerang per il fisco, oltre a esporre la famiglia a ritorsioni legali con cause costose. Da uno studio dei consulenti del lavoro emerge che i contratti sommersi dei servizi di collaborazione e assistenza domestica creano un mancato gettito per il fisco, pari a tre miliardi di euro l’anno. Le Rsa, le case di riposo, specialmente dopo l’esperienza del Covid che ha allontanano gli anziani dalle famiglie per lunghi periodi senza possibilità di contatti, sono sempre più un’ultima spiaggia.

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