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Agli italiani piace la banca digitale: la rivoluzione delle neo bank è appena iniziata

Agli italiani piace la banca digitale: la rivoluzione delle neo bank è appena iniziata

Nel nostro Paese sono oltre 7 milioni gli utenti che hanno scelto le cosiddette “neo bank”, istituti senza sedi fisiche e sportelli, tra cui spicca l’inglese Revolut. Un successo legato ai costi contenuti e al trading su azioni e criptovalute. Ma che nasconde anche insidie

È il nuovo fenomeno del sistema bancario. La diffusione di una clientela sempre più connessa, che viaggia e lavora online, ha determinato una vera e propria rivoluzione con la proliferazione di istituti senza sedi fisiche, senza sportelli, senza burocrazia, con servizi agili e all’avanguardia anche nei costi e aperti alla realtà delle criptovalute. Le “neo bank” hanno dato una scrollata a quella che fino a poco tempo fa era considerata “una foresta pietrificata”, ovvero il mondo delle banche, inducendole a innovarsi. Stiamo parlando di un fenomeno tech che ormai ha conquistato oltre 7 milioni gli italiani. Non solo tra i giovani, ma anche tra le persone di mezza età, stanche delle “liturgie” creditizie vecchia maniera o disorientate dal taglio delle filiali.

Questo mix di fattori è alla base del successo di tante aziende fintech a cominciare da Revolut, nata a Londra una decina di anni fa e che in Italia ha tagliato il traguardo dei 4 milioni di clienti (uno ogni 15 secondi), posizionandosi nella top cinque delle banche per numero di correntisti e al primo posto tra gli istituti stranieri presenti nel nostro Paese.

Il ritmo d’acquisizione di nuovi clienti fa stimare che alla fine della prossima estate potrebbe superare la soglia dei 6 milioni di utenti, affiancando l’attuale terza forza italiana, ovvero la nuova Bper fresca d’acquisizione della Popolare di Sondrio.

La svolta è venuta con l’arrivo dell’Iban nostrano, a novembre 2024, con un balzo del 62 per cento di chi accredita lo stipendio sul conto. Ma il numero più significativo è il +630 per cento di utenti che versano più di mille euro al mese. E il prossimo passo nel Belpaese sarà l’introduzione degli sportelli Atm per prelevare il contante.

Complessivamente, nel mondo, Revolut conta oltre 60 milioni di clienti (la maggior parte in Europa) e ha l’obiettivo di arrivare a quota 100 nel 2027. A conferma dell’appeal che esercita, c’è l’interesse manifestato da Nvidia, colosso Usa dei chip, che ha messo Revolut nel suo mega piano di investimenti. Pompata da una campagna di marketing aggressiva, questa neo bank dalla formula super agile, totalmente digitale e senza costi fissi, ha una serie di caratteristiche tagliate su misura per un fruitore moderno.

La gestione del conto avviene interamente da smartphone, i bonifici Sepa sono gratuiti (anche istantanei), i prelievi senza alcun costo, fino a una certa soglia, anche all’estero e la ricarica del conto avviene in vari modi, inclusi i contanti. A questi vantaggi si aggiunge l’accesso al trading di azioni, Etf, obbligazioni con commissioni ridotte o nulle, fino agli investimenti in criptovalute e metalli preziosi. Si propone come la soluzione per chi viaggia spesso, per i nomadi digitali che effettuano frequenti transazioni in valuta estera, grazie al forte abbattimento dei costi di cambio. L’ambizione di Revolut, valutata 75 miliardi di dollari, è di mettere nell’angolo le banche tradizionali.

La nascita di questa società è avvolta in parte dal mistero come si conviene a quelle start-up sbucate dal nulla e che bruciano le tappe. Dei due fondatori, Nick Storonsky e Vlad Yatsenko, si sa poco o nulla. Storonsky, classe 1984, originario di Mosca anche se da molti anni cittadino britannico, figlio di un alto dirigente del colosso Gazprom, studi in Fisica e un’esperienza in Lehman Brothers e Credit Suisse, a 29 anni lascia l’istituto svizzero e dopo un anno e mezzo di lavoro assieme al socio Yatsenko, ex sistemista di Deutsche Bank, nel 2015 lancia Revolut. L’idea, secondo la narrazione, gli sarebbe venuta da un’esigenza personale: «Ogni volta che andavo all’estero, i cambi erano sempre costosi per le spese delle commissioni, dal 3 al 6 per cento per ogni transazione.

Così ho deciso di entrare in questo business» è la sua spiegazione.

Il boom è immediato. In soli quattro anni, la start-up raccoglie circa 336 milioni di dollari di finanziamenti (circa 303,5 milioni di euro) da fondi di venture capital e vede crescere i clienti al ritmo di 25 mila al giorno, raggiungendo nel 2018 lo status di unicorno con oltre un miliardo di dollari di valutazione.

«Bastano 3 minuti» per aprire un profilo, diventa lo slogan di Storonsky che si affida a campagne di marketing rivolte soprattutto ai giovani.

Non mancano gli inciampi. Il 10 luglio scorso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) avvia un procedimento istruttorio per presunte pratiche commerciali scorrette commesse da società del gruppo, Revolut Group holdings Ldt, Revolut bankUab e Revolut securities Europe Uab. Secondo l’Autorità, la società avrebbe diffuso messaggi ingannevoli sulle modalità di investimento e impiegato politiche aggressive nella gestione dei servizi bancari.

Revolut ha subito risposto affermando di «prendere molto seriamente l’indagine dell’Agcm» e di aver fornito «la piena collaborazione all’Autorità». Ma alla banca è stata inflitta una multa di 3,5 milioni di euro nell’aprile 2025 dall’autorità di regolamentazione lituana per le sue carenze in materia di antiriciclaggio nelle sue operazioni europee. La rapida espansione delle neobanche europee ha portato a una maggiore supervisione, in particolare nei settori dell’antiriciclaggio (Aml) e della prevenzione dei reati finanziari. La banca online tedesca N26 è stata multata con 9,2 milioni di euro a maggio 2024 dall’autorità di regolamentazione tedesca BaFin per le sue carenze in materia di conformità, in particolare per la presentazione sistematicamente tardiva di segnalazioni di attività sospette nel 2022.

Nel Regno Unito, invece, Starling è stata multata di 29 milioni di sterline nell’ottobre 2024 dalla Financial Conduct Authority (FCA) che riteneva inadeguato il suo quadro normativo antiriciclaggio. Lo stesso è accaduto a Monzo, anch’essa britannica, a cui è stata inflitta una multa di 21 milioni di sterline nel luglio 2025 e all’olandese Bunq che ha avuto una sanzione di 2,6 milioni di euro dall’autorità di regolamentazione nazionale nell’agosto 2025.

Però il loro successo non si arresta. Una ricerca di Morningstar DBRS indica che, negli ultimi cinque anni, le neo bank europee hanno registrato una crescita significativa, con un’espansione media dei loro bilanci di cinque volte.

Gli analisti evidenziano le differenze nei loro modelli di business. Revolut, Starling, Monzo, N26 e Bunq si concentrano principalmente sul retail banking, altre sui prestiti alle piccole e medie imprese, come OakNorth; sui finanziamenti al consumo a breve termine, come Klarna; sui servizi di intermediazione finanziaria, come Trade Republic. Inoltre, la maggior parte di esse ha attratto nuovi clienti con una remunerazione dei depositi più elevata rispetto alle banche tradizionali, beneficiando del periodo di tassi di interesse più elevati.

E dopo l’Europa, queste fintech si stanno aprendo al mondo. Revolut vuole espandendosi in America Latina, con l’acquisizione di una piccola entità argentina di finanza al consumo, Banco Cetelem, da Bnp Paribas. Starling guarda al mercato statunitense, valutando una quotazione in Borsa e una potenziale acquisizione per distribuire il suo software. Analogamente, Bunq ha annunciato lo scorso aprile di aver richiesto una licenza di broker-dealer negli Stati Uniti.

In Italia, sono circa 30 milioni le persone – il 51 per cento della popolazione – che utilizzano regolarmente almeno un servizio fintech. La penetrazione è più alta tra i giovani (72 per cento dei Millennials), mentre ancora stenta tra gli over 65 (15 per cento). Una corsa che pone problemi di sicurezza e tutela del consumatore.

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