Ad oggi l’allarme americano per le presunte capacità russe di mandare in orbita armi nucleari antisatellite rappresenta tanto rumore per quasi nulla. A cominciare dal fatto che è difficile comprendere a che cosa serva la potenza dell’atomo per abbattere oggetti orbitanti. Ma si sa che, quando la notizia esce da un deputato come Mike Turner, presidente repubblicano del comitato d’intelligence della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, quella che nasce come una dichiarazione insolita e criptica diventa una “grave minaccia alla sicurezza nazionale”. Del resto, Turner non l’ha mandata a dire: “Chiedo al presidente Biden di declassificare tutte le informazioni relative a questa minaccia in modo che il Congresso, l’Amministrazione e i nostri alleati possano discutere apertamente le azioni necessarie per rispondere”.
Il presidente della Camera Mike Johnson ha affermato di aver compreso che la minaccia si riferirebbe a un’arma russa già dispiegata nello spazio che potrebbe rappresentare un grave pericolo per i satelliti statunitensi che trasmettono miliardi di byte di dati ogni ora, un’idea ripresa più volte negli ultimi anni anche dalla stampa Usa. Non stupisce che sia Turner a sollevare questo polverone, poiché il deputato è recentemente tornato dalla guida di una delegazione bipartisan del Congresso in Ucraina, e non appena rientrato ha avvertito i suoi colleghi che per salvare Kiev dai russi il tempo stava per scadere. Non è poi un mistero che Turner sia sempre stato a favore di una maggiore sicurezza nazionale, per esempio chiedendo il rinnovo di uno strumento chiave per la sorveglianza del governo americano, sollevando le proteste di alcuni colleghi repubblicani e democratici liberali che sollevarono obiezioni sulla privacy.
Ma Hollywood a parte, negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno dichiarato di avere le prove che sia la Cina, sia la Russia stessero studiato metodi per disturbare i satelliti, intercettare i loro dati, accecarne le antenne e i sensori, abbatterli e persino afferrarli con un braccio robotico per portarli fuori dalle loro orbite. Come gli americani. E questa potenziale guerra spaziale fu uno dei motivi che spinsero Trump, da presidente, ad accelerare la nascita della Space Force, formalmente costituita nel 2019. E una delle missioni chiave del Corpo è formare degli esperti per rilevare e difendersi da tali minacce. Ma per farlo servono fondi.
Una lettura dell’edizione europea della Pravda racconta però un’altra versione, secondo la quale due fonti della televisione americana Abc News hanno affermato che la “grave minaccia alla sicurezza nazionale per gli Stati Uniti”, di cui si è parlato il 14 febbraio si riferisce alla presunta intenzione russa di lanciare armi nucleari nello spazio, ma che i dettagli della “grave minaccia alla sicurezza nazionale per gli Stati Uniti” non sono stati resi noti, e dunque molti membri del Congresso americano, pur descrivendo la questione come seria, hanno assicurato l’opinione pubblica che non c’è motivo di allarmarsi. Se i Servizi segreti americani declassificheranno le informazioni chieste da Turner si potrà finalmente capire che cosa c’è di vero, che cosa è ritenuto possibile e che cosa è falso, posto che l’idea delle “guerre stellari” non è certo nuova: gli attempati ricorderanno i tempi di Ronald Reagan e dello scudo spaziale, con annesse accuse sovietiche. Così, questa volta, a rendere seria la faccenda è la dimensione di chi ne parla e non la logica, poiché se è vero che è possibile lanciare armi nucleari dallo spazio, è altrettanto vero che costruire un’arma del genere soltanto per abbattere satelliti sarebbe uno spreco di soldi. Nessuno poi tollererebbe un satellite armato sulla sua testa. Ciò che ha senso, invece, è che un’esplosione nucleare in orbita causerebbe una breve ma intensa paralisi delle comunicazioni radio, ma di tutte e non soltanto di quelle nemiche. Ma per farlo non serve un satellite armato e basta un qualsiasi lanciatore terrestre o navale. Forse il nuovo allarme dell’intelligence Usa è in qualche modo collegato al lancio russo avvenuto il 9 febbraio, quando un razzo Soyuz 2-1V che trasportava un carico utile classificato del Ministero della Difesa russo è partito dal cosmodromo di Plesetsk, a circa 90 km da Arcangelo, nel nord della Russia, come era avvenuto anche il 27 dicembre scorso. Hans Kristensen, direttore dell’informazione nucleare presso la Federazione degli scienziati americani, intervistato dai media ha detto: “La Russia ha condotto diversi esperimenti con satelliti definiti ‘di manovra’ che potrebbero essere progettati per sabotare altri satelliti, ma qualsiasi dispiegamento di armi nucleari nello spazio violerebbe il trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1967, di cui Mosca è firmataria. La questione non riguarda tanto l’aumento della minaccia delle armi nucleari di per sé, ma il fatto che aumenterebbe la minaccia contro le risorse di comando e controllo nucleare basate nello spazio da altri paesi. Sarebbe quindi altamente destabilizzante”. Pare quindi che l’allarme di Turner sia a orologeria, ma certamente la minaccia russa di mettere armi nucleari nello spazio, distruggendo così l’ennesimo trattato di non proliferazione, potrebbe essere l’ultima di una lunga serie di mosse di Vladimir Putin progettate per aumentare la pressione sugli Stati Uniti e i suoi alleati affinché interrompano il loro sostegno militare per l’Ucraina.
