Cambiano i tempi, le minacce militari e di conseguenza le esigenze tecniche dei nuovi aeroplani da combattimento. Negli ultimi mesi, complici le situazioni internazionali, la politica e i media sono stati impressionati dalle prime immagini del nuovo caccia cinese Shenyang J-50 e dai risultati dei velivoli costruiti da Pechino negli scontri tra India a Pakistan, dove si sono dimostrati vincenti su quelli di produzione francese. A metà maggio il J-50 è apparso agli obiettivi occidentali mostrando che l’industria aerospaziale cinese ha di fatto raggiunto notevoli livelli tecnologici. A una prima osservazione dell’aeroplano si nota facilmente la pianta delle ali a forma di “lambda”, forma che contiene la sezione esposta ai radar ma consente al tempo stesso di avere caratteristiche le aerodinamiche attuali.
Un dettaglio è importante: oltre alle superfici mobili tradizionali, come flap e alettoni, dalle foto si vedono estremità alari adattive, ovvero completamente orientabili, per conferire manovrabilità estrema anche alle basse velocità. Tale soluzione, pur essendo nota, è davvero coraggiosa dal punto di vista ingegneristico. Come altri caccia occidentali, l’armamento dello J-50 non è più esposto ma incluso nei vani ventrali e, nella parte posteriore, si notano scarichi dotati di spinta vettorabile (orientabili) e di forma appiattita per contenere le emissioni di calore rilevabili dai sensori all’infrarosso dei missili. Nulla di nuovo per l’aviazione, sono infatti soluzioni mutuate da quelle dello F-22 Raptor statunitense, ma la realizzazione implica la padronanza di tecnologie nate a occidente.

Intanto nella giornata di ieri a Milano, presso il Quartier generale della Prima Regione Aerea, a Milano, si è tenuto il convegno dal titolo Global Combat Air Programme (Gcap), Sovranità e cooperazione, tecnologia e industria. La conferenza voleva stimolare la riflessione con le realtà industriali e accademiche del Nord Italia in ottica di cooperazione e competizione internazionale nel campo dell’aerospazio e della difesa grazie all’iniziativa del Centro Studi Militari Aerospaziali (Cesma) e dell’Associazione Arma Aeronautica. Al convegno sono intervenuti il generale di Squadra aerea Giandomenico Taricco in qualità di vicedirettore del Programma Gcap, e i massimi esperti nazionali dell’industria, dell’università e dei centri di ricerca. Il nuovo caccia di sesta generazione, definito un “sistema di sistemi” e sviluppato insieme con Regno Unito e Giappone, per usare le parole di Taricco rappresenta “un’opportunità per il nostro Paese sotto diversi profili. A partire dall’ambito militare che vedrà la sostituzione, dopo un iniziale affiancamento, degli Eurofighter con i nuovi velivoli. A livello industriale, visto il salto di qualità richiesto per rispondere alla sfida e la collaborazione, in posizione di parità, tra i tre Paesi che ne fanno parte e che cooperano al fine di condividere competenze, risorse ed esperienze. Il Gcap, infatti, non si limita ad essere un programma tecnico-operativo, ma si pone come un progetto che coniuga visione a lungo termine, capacità industriali d’eccellenza e cooperazione internazionale di alto livello.” Il generale ha spiegato: “Con questo programma la Difesa italiana in generale e l’Aeronautica Militare in particolare, puntano a mantenere un vantaggio operativo nei complessi scenari futuri, continuando a garantire al sistema Paese rilevanza operativa nei domini aria e spazio”, attraverso un sistema abilitante multi-dominio. “Il progetto è stato ideato per lo sviluppo e la costruzione del caccia del futuro, quale primo passo per un jet supersonico di sesta generazione destinato a sostituire l’attuale Eurofighter Typhoon per garantire la difesa aerea dell’Italia e della Nato. Tuttavia sarà il primo elemento del futuro sistema aereo da combattimento, definito come il “sistema dei sistemi”, che dovrà operare nei cinque domini, aria, terra, mare, spazio e cyber, secondo una struttura nella quale l’aeromobile di nuova generazione sarà la piattaforma centrale connessa con altri sistemi periferici, con e senza pilota”. Il Direttore del Cesma, generale Giovanni Fantuzzi, nel suo intervento ha sottolineato: “Il Gcap non è soltanto un programma tecnico-operativo: è un progetto che coniuga visione a lungo termine, capacità industriali d’eccellenza e cooperazione internazionale di altissimo livello”.
Naturalmente per l’Italia l’attore industriale chiave sarà Leonardo, che dovrà essere capace di “armonizzare competenze e tecnologie su più fronti”. Come ha spiegato Marco Zoff, già direttore generale della Divisione Velivoli, intervenendo alla conferenza di Milano. Secondo Zoff che l’Italia, con Leonardo, possiede un ventaglio di competenze più ampio rispetto ai partner internazionali che pur vantando eccellenze aerospaziali, non hanno la stessa capacità di sviluppo e integrazione di piattaforme aeree complesse. Tra le specifiche competenze di Leonardo Zoff ha ricordato i sistemi di volo e d’arma, la progettazione delle strutture, l’avionica di ultima generazione e i sistemi di gestione del volo. Un altro aspetto cruciale è la capacità dell’azienda di sfruttare il tessuto delle Pmi italiane costruendo una rete di collaborazioni ad alto valore aggiunto per l’intero Paese. Con il risultato che il Gcap sarà un grande generatore d’indotto sia sul piano della tecnologia, sia su quello occupazionale. Il tutto confrontandosi e interagendo con realtà come la britannica Bae System e la nipponica Mitsubishi Heavy Industries. Per il programma tri-nazionale sarà quindi importantissimo comprendere quali saranno le dottrine operative e le reali prestazioni di caccia come il J-50 cinese – che nel frattempo invecchierà – ma anche del prossimo Su-75 “Checkmate” russo, annunciato al salone Maks di Mosca nel 2021 ma ancora non pronto per volare. Sarà, questo, un caccia inizialmente annunciato come di quinta generazione ma destinato a essere rivisto per poter restare competitivo con i potenziali avversari occidentali, mentre Mosca fa già oggi fatica a produrre e far entrare in servizio un numero adeguato del suo predecessore Su-57. Una corsa al caccia che vede ovviamente anche gli Usa con l’annunciato Boeing F-47, erede dello F-22 che la Cina ha (evidentemente) copiato.