Sfiorano ormai i 140 milioni di euro i crimini accertati ai danni di persone che fanno «trading» sulla Rete. E, nonostante gli allarmi, le vittime di migliaia di falsi investimenti – sulla carta – non sono certo degli sprovveduti…
Non si arrestano, ma accelerano: sono le truffe online che in un clic svuotano conti correnti e mortificano certezze granitiche, a volte distruggendo la vita delle persone. Lo mette nero su bianco il recente report della Polizia postale che ha calcolato in 137.202.592 di euro il bottino del cyber-crimine nel 2023, con una velocissima crescita del 20 per cento rispetto ai 117 milioni dell’anno precedente. Un incremento inquietante soprattutto se si tiene conto che trae nuova linfa dalla regina delle frodi del momento, il falso trading online, cioè l’acquisto e la vendita in Rete di azioni e titoli finanziari, che da solo ha fruttato alle bande criminali l’80 per cento del guadagno, cioè quasi 110 milioni di euro.
La novità rispetto al passato è l’identikit della vittima: «C’è stato un perfezionamento nelle tecniche di adescamento che un tempo si limitavano a scegliere persone vulnerabili per età, sesso o istruzione» spiega Rocco Nardulli, vice questore a capo delle indagini informatiche del centro operativo della Polizia postale di Milano. «Oggi i truffatori hanno una competenza finanziaria precisa e un potere di persuasione fuori dal comune, capace di esercitare anche una pressione psicologica. Tra l’altro chi cede non è uno sprovveduto ma stiamo parlando di uomini dai 30 agli 80 anni abituati a investire denaro». In altre parole, si tratta di dirigenti, medici, commercialisti, c’è stato persino un ex direttore di banca in pensione. Persone insomma che hanno un livello più alto di disponibilità economica e che abboccano alla più antica delle esche, cioè guadagno facile e – troppo – rapido. E così bruciano 100 o 200 mila euro, la liquidazione o, peggio, tutti i risparmi.
Per iniziare i truffati forniscono sempre il proprio «contributo», cioè si avventurano su presunti siti di trading e compilano formulari con i dati, la mail e il cellulare. Quindi, comincia il valzer. Caso tipico. Il finto broker si fa vivo con una telefonata in cui qualche volta offre perfino una fiche di 250 euro alla vittima per cominciare il rapporto finanziario. Nel frattempo, per risultare più convincente, ha inviato il documento d’identità, quelli della società per cui opera (che ha perlopiù sede in Paesi poco collaborativi), il dossier in formato pdf con il piano di investimento, il sito in cui analizzare le curve di crescita dell’investimento: tutto falso. In tre giorni i 250 euro diventano mille, a quel punto la vittima è spinta a investirne di tasca propria altri mille. Che poi arrivano miracolosamente a 20 o 30 mila in una decina di giorni.
Molti vanno avanti, ma qualcuno si ferma e chiede la restituzione del capitale. E qui, ecco i problemi: bisogna pagare una tassa sul profitto, per riavere indietro il denaro. Già questo dovrebbe far scattare un campanello d’allarme. Invece le vittime accettano. Qualche volta vedono tornare sul loro conto qualche briciola, nella maggior parte dei casi i soldi si volatilizzano in criptovalute chissà dove o sono paracadutati su conti esteri. La conclusione è che sono perduti per sempre. «Spesso sono i parenti della vittima a venire da noi in cerca d’aiuto, perché il padre o il marito non trova il coraggio di fermarsi. Allora interveniamo e, una volta contattato, lo informiamo che abbiamo registrato movimenti sospetti sul suo conto. Solo a questo punto, vergognandosi per essere cascato in trappola, accetta di smettere» continua Nardulli. Esiste un modo per difendersi? «Dubitare sempre, porre molte domande all’operatore finanziario e, prima di fare qualunque mossa, collegarsi su Consob.it, il sito internet della Commissione nazionale per le società e la borsa dove si può controllare la lista dei broker e delle aziende di consulenza autorizzate.
Tra l’altro, proprio a questo indirizzo si trova anche una “lista nera” di società e siti web che stanno offrendo servizi di investimento, finanziari, bancari e assicurativi senza le previste autorizzazioni e segnalati da Autorità di vigilanza estere». Perché, alla fine, il miglior modo per fare prevenzione è informarsi: «E usare il buon senso: bisogna diffidare di chi offre guadagni sproporzionati perché se qualcuno sapesse come guadagnare davvero l’80 o il 90 per cento su una cifra di denaro si limiterebbe a farlo per sé, non lo proporrebbe a chiunque», mette in guardia Massimo Bruno, dirigente della Polizia Postale di Roma che si occupa di crimini finanziari. «Prima di investire online occorre fare ricerche comparative, controllare le recensioni sui broker, lasciarsi ossessionare dai dettagli. Anche se i truffatori clonano siti esistenti, a volte basta verificare meglio una “url”, perché anche un punto in più o in meno nell’indirizzo web fa la differenza». E salvare, forse, il risultato delle fatiche di una vita.