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Poggioreale, il cimitero della vergogna

Poggioreale, il cimitero della vergogna

Dopo il collasso delle strutture di Poggioreale nel 2021 nulla è cambiato. Tra abbandono e bare in una macabra attesa di inumazione.


A Napoli è morta anche la pietà, e la vergogna se ne sta nascosta per la paura di incrociare gli sguardi dei familiari che da due anni attendono di poter dare degna sepoltura ai propri cari. Che una sepoltura pure l’avevano avuta ma i crolli, verificatisi nel cimitero monumentale di Poggioreale il 5 gennaio e il 17 ottobre 2022, li hanno scaraventati fuori dalle tombe con la forza di un terremoto. Abbandonati per mesi sul selciato in una enorme e indecente fossa comune. Non una, due, dieci o cento: ma quattromila salme restano ancora prive di dimora e di queste quasi duemila sono senza identità. Non è stato possibile risalire alle generalità e alla iniziale collocazione dei loculi distrutti e forse mai sarà possibile farlo perché le operazioni di riconoscimento sono particolarmente complesse e perché gli eredi sono a loro volta morti o espatriati. Oggi i corpi sono conservati in bare di alluminio o legno ammonticchiate, come pacchi di un deposito, in capannoni piazzati al centro della struttura; e fino a qualche settimana fa era ancora possibile osservare i resti mortali travolti dalle frane a cielo aperto.

Sui feretri qualche mano compassionevole ha segnato le uniche informazioni che è stato possibile recuperare in tutto questo tempo. Le abbiamo lette entrando in questi hangar della disperazione. Oltre ai cadaveri di quattro donne, ci siamo imbattuti in una «Resurrezione 444», che scritta così sembra un passo dei Salmi; e in una «7 tumulazione ignoto». Accanto e sopra e sotto ci sono casse marchiate con indicazioni tipo «R114 4 resti mortali ignoto – 14 luglio 2023» (probabilmente la data di rinvenimento) o «R27 2 resti mortali ossa varie ignoto». Ossa varie, come scrivono nelle macellerie.

Lasciandoci alle spalle questo tempio della tristezza, ci siamo addentrati nel complesso religioso che ospita per l’ultimo riposo alcuni dei grandi nomi della storia cittadina. Ricavandone l’impressione che se Totò potesse vedere com’è ridotto adesso il camposanto di Napoli, scriverebbe probabilmente un’altra versione della sua «‘A livella». La pialla che annulla le differenze tra ricchi e poveri al momento del trapasso (è questo il significato della poesia del principe della risata) a Poggioreale diventa una ruspa che spiana e distrugge. Facendo di un luogo di quiete e di contemplazione un bazar di degrado, incuria e disinteresse.

Giriamo per i viali su cui sono schierate, come colonne del Partenone, cassoni dei rifiuti da cui traboccano fiori secchi o marci e ogni genere d’immondizia. Pezzi e schegge di marmo disegnano sul selciato strane figure geometriche che non dimostrano alcun teorema se non quello di una situazione ormai sfuggita dal controllo dell’Amministrazione comunale del sindaco Gaetano Manfredi. Avvicinarsi alle lapidi, quelle che non sono scoperchiate, è rischioso. Basta mettere il piede sulla lastra sbagliata e si precipita in una fossa. Tanto che qualche anima pia lo ha capito e con un pennarello rosso ha avvisato i compagni di sventura: «Non mettere il piede, è vuota». Quello che sembra un feretro è stato gettato in una specie di canale di scolo trasformatosi in un immondezzaio in una zona di passaggio sotto gli occhi di tutti.

Lapidi scoperchiate, lastre rotte e gettate un po’ ovunque segnano invece il passaggio all’area delle cappelle. Alcune sono vere e proprie catapecchie con ingressi e cancelli divelti e interni che sono così malridotti da far pensare che siano state saccheggiate o vandalizzate per qualche oscuro motivo. Qui non c’è stato alcun crollo a causa delle piogge ma lo scenario è nondimeno desolante.

Per uscire serve fortuna, come sempre nella vita. Nessun cartello, nessun segnale. Solo una freccia sui muri che, come in un videogioco degli anni Ottanta dalla grafica approssimativa, indica dove girare e come guadagnare il portone. Alla fine, la scritta «Uscita», segnata con lo spray sul terreno, premia il giocatore che è riuscito a superare tutti i livelli. E tutt’attorno al perimetro del camposanto cancelli e palizzate che segnano il confine con i lavori per la metropolitana. Una cittadella di ferro cresciuta a ridosso di quella di marmo che rende difficoltoso addirittura il passaggio pedonale restringendo rotonde e vie di fuga. Attraversarle, all’imbrunire, col buio o la pioggia battente avrebbe solleticato l’ispirazione di due maestri del terrore come Poe e Lovecraft. Invece, siamo a Napoli nell’anno del Signore 2023. Quasi 2024.

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