Nonostante tutte le misure prese per scoraggiare l’ingresso delle quattro ruote a Milano, le auto sono aumentate del 30 per cento rispetto al 2019. I motivi? Molti. E le piste ciclabili non rappresentano un’alternativa.
Milano città «smart», intelligente. «Smart city» era appunto un progetto partito nel 2012 con una specifica delega all’Assessorato alle politiche per il lavoro e lo sviluppo economico: il capoluogo lombardo avrebbe dovuto avere, tra le altre cose, una mobilità intelligente e moderata, anche alle tecnologie per effettuare analisi e mettere in connessione i cittadini. Anno 2023, questi i dati: il traffico è cresciuto del 30 per cento rispetto al 2019 (a ridosso del Natale 2022), e l’area B vede 630 mila vetture accedere ogni giorno nelle zone con le limitazioni di accesso. Tra 2022 e 2021 la variazione è stata irrisoria (-0,8 per cento) e un mese dopo l’entrata in vigore del divieto di circolazione per Euro 2 a benzina e Euro 5 diesel la situazione è tornata a livelli precedenti.
Per gli ingressi in area C non è andata meglio: in certi giorni gli aumenti tra il 2021 e il 2022 hanno toccato punte del 10 per cento. Le nuove piste ciclabili hanno sì scoraggiato le auto in certe vie, come corso Buenos Aires e viale Monza (cali tra il 50 e il 75 per cento) ma le hanno moltiplicate altrove. Ultimo importante dettaglio: i passeggeri della metro sono diminuiti del 20 per cento rispetto al periodo pre-pandemico. E come mai il traffico milanese ha raggiunto livelli record? Paolo Santi, scienziato informatico del Mit di Boston e dirigente di ricerca dell’Istituto di informatica del Cnr di Pisa e del Mit/Fraunhofer ambient mobility initiative, dice: «Bisogna prima di tutto considerare che questa tendenza riguarda il mondo intero: il desiderio di salvaguardia della propria salute emerso in pandemia e la diffusione del lavoro da remoto hanno avuto un impatto nelle abitudini di spostamento. Non c’è più quella regolarità nello scorrimento del traffico dovuto agli orari di lavoro fissi. Ora il flusso delle auto è meno prevedibile. Basta immaginare gli spostamenti di una persona in smart working: a volte farà un fine settimana lungo, in altri giorni si recherà in ufficio. L’errore di molte amministrazioni e aziende di trasporti è non capire che serve molta più elasticità nell’offerta. Se offro abbonamenti mensili o settimanali, non vengo incontro a chi si reca in ufficio per meno giorni al mese. D’altronde, se i biglietti singoli sono costosi, l’utente preferirà l’auto». E la prenderà anche per tragitti brevi perché, dicono molte ricerche, tendiamo a non fare scelte razionali.
Anche l’inefficienza dei treni regionali (a Milano è ormai cronica) spinge a mettersi al volante. Le linee Trenord usate dai pendolari hanno un’età media di 15,8 anni, sopra quella nazionale, sono lenti e si guastano spesso. Il 40 per cento ha oltre 35 anni. E non saranno una soluzione i nuovi convogli previsti entro il 2025 (222 quelli in programma dal 2017 al 2025) se non si risolvono i problemi delle linee: 17 su 42 devono assolutamente essere rinnovate, tra cui quelle cruciali Pavia-Milano e Piacenza-Lodi-Milano.
«Costruire piste ciclabili va bene prosegue Santi «ma rischia di tradursi in un flop se la bici diventa l’unica alternativa. Non si può pretendere che un lavoratore si rechi a un appuntamento con le due ruote quando piove o, in estate, arrivi sudato in ufficio. Va rafforzato il trasporto con interventi mirati da quartiere a quartiere». A peggiorare il traffico contribuiscono anche altri fattori: il posteggio in doppia fila viene in genere tollerato così che in varie arterie si circola a una corsia; il numero di auto a Milano è di 55 ogni 100 abitanti quando in altre città europee è tra 25 e 45; mancano parcheggi sotterranei o sopraelevati. E l’amministrazione non è in grado di individuare i punti critici della circolazione. «Ciò deriva dalla mancanza di analisi adeguate sui dati del traffico, spesso in mano a compagnie private. La tendenza di molte metropoli mondiali è trasformarle in “15-minute cities”: ogni cittadino deve avere accesso a ciò di cui ha bisogno a un quarto d’ora a piedi. Ed è ciò che Milano dovrebbe fare» conclude Santi.
Obiettivo lontano, specie in periferia. Un esempio lampante è il quartiere di Chiaravalle, a sud della città: i suoi abitanti devono prendere l’auto per servizi essenziali come supermercato, medico curante, farmacia e scuola. In quello stesso quartiere, nessuna compagnia offre connessioni in Internet superiori a 2 Mega quindi non si può lavorare online. Dal quartiere di Chiaravalle ci si sposta in un paio di chilometri nel Comune di San Donato e si osserva a vista d’occhio efficienza nei trasporti e cura delle strade. Altro che smart city.