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Migranti, è record di sbarchi. La rete si allarga

Migranti, è record di sbarchi. La rete si allarga

Nel 2023 i migranti arrivati in Italia sono quasi 160 mila. Cambiano, ricostruisce Panorama, le modalità dei traffici umani. Il principale «hub» di partenza è la Tunisia, ma c’è anche la Libia occidentale, con i palestinesi in fuga da Gaza. Spiazzanti, poi, le novità sulla ong di Luca Casarini.


Il grande foglio con un reticolo di contatti, numeri di telefono e nomi è finito sul tavolo del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. L’intelligence ha ricostruito la rete di trafficanti, scafisti, mediatori, vivandieri degli ultimi cinque pescherecci con centinaia di migranti ciascuno arrivati dalla Tripolitania negli ultimi mesi dell’anno partendo da «hub» come Zuwara. Non mancano contatti in Italia, in diverse città. «Come si vede a colpo d’occhio è una nebulosa difficile da individuare e colpire in maniera chirurgica. Non ci sono più i padrini del traffico, che facevano riferimento a grandi clan sul territorio» spiega la fonte di alto livello di Panorama. «È tutto parcellizzato e il traffico di essere umani sostiene ampie fasce della popolazione, che gestiscono i migranti prima dell’imbarco» fa notare chi contrasta il business dei moderni schiavisti.

L’allarme per il governo è forte e chiaro: da gennaio al 20 dicembre sono sbarcati 153.647 migranti (numeri che non si vedevano dal governo Renzi del 2015). Gli arrivi degli ultimi tre mesi sono più bassi rispetto allo stesso periodo del 2022, ma coincidono con il fisiologico calo invernale. Su tutto l’anno la parte del leone spetta sempre alla Tunisia con 96.170 partenze. Il ministro all’Interno, Matteo Piantedosi, però, fa notare che la gendarmeria tunisina «ha bloccato 83.944 partenze». Dalle coste libiche sono arrivati, fino a metà dicembre, 49.851 migranti e la vituperata Guardia costiera ne ha intercettati 12.919.

«Dopo il pugno di ferro dei tunisini a inizio autunno con vaste operazioni contro scafisti e trafficanti nelle zone di Sfax e Al Hamra abbiamo notato un cambiamento del modus operandi. Dai barchini in ferro si è tornati ai pescherecci con viaggi in massa dalla Tripolitania» dichiara una fonte in prima linea sul mare. Il primo segnale arriva il 6 ottobre scorso con l’arrivo a Lampedusa di 264 egiziani, iraniani, afghani, bengalesi partiti da Sirte nella parte orientale della Libia. I migranti sono stati trasbordati su un peschereccio proveniente da Zuwara nell’area di ricerca e soccorso maltese.

La nuova modalità di arrivo, che per ora mette in secondo piano la Tunisia, è evidente il 21 ottobre: 245 migranti su un grosso barcone pagano fra i duemila e i cinquemila dollari dal loro Paese compresa la traversata diretta da Zuwara all’Italia. Lo schema si ripete il 25 ottobre ed il 31 arrivano i primi palestinesi in fuga da Gaza. Quelli «ricchi» che hanno pagato profumatamente per uscire dalla Striscia.

Il motopesca con 426 migranti è partito da Abu Kammash, nei pressi di Zuwara, ancora più vicino al confine tunisino. In ottobre e novembre crollano le partenze dalla Tunisia e aumentano quelle dalla Libia anche del 26 per cento.

Il 4 novembre i libici imbarcano a Zuwara 531migranti, che hanno pagato dai quattromila ai settemila dollari, nascondendoli su un motopesca con lamiere e teloni per non far riconoscere il carico umano dai nostri droni e aerei di Frontex. «Sono tutte barche locali, ma gli scafisti, spesso, risultano egiziani, buoni marinai» spiega una fonte di Panorama. E non manca chi riesce a coprire più volte la rotta.

Khalifa Haftar, padre padrone della Cirenaica, su pressioni dell’Italia e del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, non fa partire i pescherecci. Suo figlio Saddam, che comanda la brigata Tareq Bin Zayed, è comunque coinvolto nel via libera terrestre dei migranti verso la Tripolitania. I punti di ingresso in Libia sono il passo di Tummo, al confine con il Niger, e il villaggio di Madama, da dove i francesi si sono ritirati dopo il golpe a Niamey. Altri passaggi si trovano lungo il confine con il Ciad e il Sudan. «Presso l’aeroporto di Bengasi-Benina arrivano migranti provenienti da Bangladesh, Pakistan ed Egitto con voli della compagnia aerea Al Afriqiyha» si legge in un rapporto riservato.

Nel capoluogo della Cirenaica e in Tripolitania sono ben radicati i trafficanti bengalesi della rete Momin and Bulet, che fanno arrivare i connazionali in aereo ad Abu Dhabi e poi Bengasi. Dal Bangladesh i prezzi per migrante sono stati scontati a quattromila euro e dall’Egitto a tremila.

Il 12 novembre scorso i trafficanti della Tripolitania fanno partire altri 120 migranti divisi su barchini per poi trasbordarli su un peschereccio che attende al largo. Due giorni dopo utilizzano uno yacht in vetroresina e il 20 novembre viene intercettato verso Lampedusa un motopesca che imbarca 576 migranti. Il 27 novembre stessa modalità con un costo per tutto il tragitto, compresa la partenza dall’Etiopia, che varia da 3.500 a seimila dollari. Ogni peschereccio frutta ai trafficanti dai 200 mila ai 300 mila euro.

La rete è parcellizzata, ma fra i clan principali, soprattutto attorno a Zuwara ci sono i Jaraffa, gli Asini, i Ftis, e personaggi come Abu Sahmain. La procura libica ha emesso un mandato di cattura per il noto Khalifa Jumaa Asini, segnalato anche in Spagna.

Il 23 giugno, a Londra, la National crime agency britannica ha arrestato il trafficante egiziano Ahmed Ramadan Mohamad Eibd, 40 anni, che organizzava dal divano di casa, via telefonino, le partenze illegali verso l’Italia. «Sospettiamo che quest’uomo abbia gestito dal Regno Unito il traffico di migliaia di migranti» ha dichiarato Darren Barr, capo degli investigatori. Prima viveva e operava nei dintorni di Roma. Gli italiani l’hanno segnalato ai colleghi britannici.

Le ong, nonostante il decreto Piantedosi che limita i recuperi, hanno sbarcato in Italia 13.949 migranti. In leggero calo percentuale (9,1 per cento), rispetto allo scorso anno, ma le navi delle organizzazioni non governative che si concentrano davanti alla Tripolitania intercettano il 20,1 per cento del flusso.Le inchieste giudiziarie come sempre arrancano fra rinvii e cavilli.

Il megaprocesso a ong importanti come Msf e Save the children, dell’inchiesta di Trapani sugli anni d’oro dei «taxi» del mare, 2016-2017, è stato sfilacciato dalla Cassazione dividendolo, a seconda dei punti di sbarco dei migranti, a Palermo, Ragusa e Castrovillari. Sul caso dell’ex no global Luca Casarini e soci, accusati di favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina, l’udienza preliminare per il rinvio a giudizio a Ragusa è stata fissata il 14 febbraio.

La conversione di Casarini a chierichetto e l’intera operazione migranti attraverso la Mediterranea Saving Humans «si inserisce in un più ampio disegno politico-ideologico, concepito a livello transnazionale» si legge in un rapporto riservato «con il supporto anche economico di parlamentari per contrastare i decreti sicurezza (dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, ndr), nonché il Memorandum d’intesa tra l’Italia e la Libia siglato nel 2017 e, più recentemente, le analoghe intese raggiunte dall’esecutivo e dall’Ue con le autorità di Tunisi». Il prossimo bersaglio sarà l’accordo con l’Albania per trasferire tremila migranti al mese nel Paese delle aquile. «Il tema dell’immigrazione» si legge «è stato concepito come strumento di lotta politica utilizzando il salvataggio in mare».

Casarini e soci continuano a intrattenere forti relazioni con il mondo antagonista, che ogni tanto mobilitano come le proteste in febbraio davanti al cantiere Vittoria di Adria per la consegna delle motovedette finanziate dalla Ue alla Guardia costiera libica.

I bilanci di Mediterranea del 2021 e 2022 confermano che «il terzo grande e fondamentale supporto ci viene da enti ecclesiastici, in particolare dalla Conferenza episcopale siciliana e da singole diocesi della Chiesa Cattolica». In tutto un obolo di 494.736 euro su oltre due milioni di donazioni e altre entrate. Un aiuto cospicuo è arrivato dalla United4rescue tedesca, cartello pro migranti, che ha sorretto Mediterranea nel 2021 con 288mila euro. Oltre 100 mila euro sono arrivati da enti pubblici, compreso il comune di Bologna, e imprese private. I costi di navigazione superano l’80 per cento per l’ex rimorchiatore Mare Jonio, che la Guardia costiera ha più volte fermato non essendo adatto al soccorso o per violazioni del decreto Ong. Il risultato è che dal giugno dello scorso anno Casarini e soci hanno salvato solo 179 migranti, ma il 20 dicembre Papa Francesco, in udienza generale, ha dato credito all’estremista di sinistra salutando «il gruppo di Mediterranea Saving Humans, che va in mare a salvare i poveretti che fuggono dalla schiavitù dell’Africa. Fanno un bel lavoro: salvano tanta gente, tanta gente». E adesso è pronta una nuova barca: Maldusa dal nome dell’omonima associazione con sede a Palermo e Lampedusa che si batte per «facilitare la libertà di movimento» dei migranti. I soldi sono arrivati dalla solita United4rescue, «grazie a tantissime donazioni individuali», ma il proprietario è l’Idra shipping srl. La stessa società della Mare Jonio rappresentata da Alessandro Metz e Beppe Caccia, sodali anche politici di Casarini accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a Ragusa. Caccia risulta pure come membro dell’equipaggio assieme allo skipper Stefano Paolo Tria, figlio dell’ex ministro dell’Economia e dello sviluppo economico nel governo Conte.

Il cerchio si chiude con don Nandino Capovilla, consigliere nazionale di Pax Christi e parroco a Marghera, che nel febbraio arringava i manifestanti davanti al cantiere Vittoria. Nel 2019 si era scattato un selfie con Papa Francesco che teneva in mano la spilla, appena regalata dal prete amico di Casarini e soci, con la scritta «Aprite i porti». n

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