Home » Attualità » Cronaca » Israele: lo stupro oltre l’eccidio

Israele: lo stupro oltre l’eccidio

Israele: lo stupro oltre l’eccidio

Lo confessano i miliziani di Hamas catturati dagli israeliani, lo confermano innumerevoli testimonianze e inchieste: l’attacco di Hamas è stato un atto bellico completato dalla deliberata volontà di brutalizzare. Una verità dai dettagli raccapriccianti che sta emergendo.


«Sono diventati animali. Hanno fatto cose che le persone non fanno. Decapitare. Fare sesso con i corpi morti. Intendo i corpi di giovani donne appena uccise. Non è una cosa umana». A raccontarlo in lacrime non è una vittima degli attacchi terroristici del 7 ottobre in Israele, ma Omar Sami Marzuk Abu Rusha, membro di Hamas che ha partecipato volontariamente al massacro e che però è stato fatto prigioniero dalle forze di Gerusalemme, intervenute nella Striscia di Gaza. Molte ragazze, e tra loro numerose bambine, sono state abusate e poi uccise in quelle ore di violenza senza fine. La maggior parte sono state finite con un colpo di pistola alla nuca, proprio mentre venivano stuprate. Dopodiché i terroristi hanno continuato a infierire sui loro corpi inermi: alcune sono state bruciate, forse in un maldestro tentativo da parte dei miliziani di coprire le tracce del loro orrore. Altre, sia giovani che anziane, sono state stuprate con una furia tale che i terroristi sono arrivati a rompere loro persino le ossa. Come per Shani Louk, la 22enne tedesca rapita nel bel mezzo del rave nel deserto del Negev: la sua ultima immagine la ritrae esanime su un pick up in mezzo a militanti di Hamas in festa, da loro esibita mezza nuda come un trofeo mentre il suo cadavere viene trasportato nella Striscia di Gaza e poi percosso a bastonate.

La maggior parte delle vittime è stata seviziata per puro sadismo. «Ho visto che le hanno tagliato il seno e poi ci hanno giocato» ha riportato un testimone oculare. «Due ragazzine di quattordici anni sono state buttate a terra, stuprate e poi finite con un colpo alla nuca. Entrambe erano riverse a terra, avevano i pantaloni abbassati e oltre al sangue copioso si poteva notare il liquido seminale che fuoriusciva dalle parti intime» ha rivelato un paramedico tra i primi a giungere nei kibbutz per fornire la prima assistenza in seguito all’incursione di Hamas. C’è di peggio. «Nel kibbutz di Be’eri ho trovato i corpi di due donne legati mani e piedi al letto. Una di loro aveva un coltello conficcato nella vagina e i suoi organi interni erano stati rimossi. Le abbiamo trovate sotto le macerie, perché dopo hanno tentato di far saltare in aria la casa» è l’amara rivelazione di un altro soccorritore, ancora sotto choc. «Sulla Strada 34 c’erano morti ammassati, letteralmente pile di donne con i vestiti ancora addosso ma denudate nelle parti intime. Guardando da vicino, notavi che dopo averle stuprate le avevano finite ciascuna con un singolo proiettile al cervello». Un metodo dunque sistematico, quello di Hamas: stupro ed esecuzione.

Purtroppo, per quanto rivoltanti, queste sevizie rappresentano solo una minima parte delle violenze, confermate tanto dai soccorritori israeliani quanto dai terroristi stessi. Oltre 1.500 «racconti dell’orrore» sono state pazientemente raccolti dai soldati o dalla polizia israeliana: le Forze di difesa israeliane (Idf) le hanno volute condividere poi con la stampa, per far comprendere a fondo chi siano davvero questi soggetti contro cui combattono. Il quotidiano britannico The Times ha anche raccolto testimonianze dei sopravvissuti al massacro del 7 ottobre. «Ho visto una ragazza dalla faccia d’angelo con otto o dieci miliziani che la picchiavano e la stupravano» racconta Yoni Saadon. «Lei diceva “uccidetemi vi prego!”. Quando hanno finito si sono messi a ridere e l’ultimo le ha sparato in testa». Mentre al giornale americano Washington Post una volontaria dell’obitorio militare di Shura ha detto: «Abbiamo visto molte donne con biancheria intima insanguinata, con ossa rotte, gambe rotte, bacino rotto». «Non hanno risparmiato né i bambini e nemmeno le donne incinte. Preghiamo che queste indicibili violenze non proseguano mentre sono ancora tenute in ostaggio» ha sottolineato con un misto di rabbia e incredulità Cochav Elkayam-Levy, capo della commissione civile sui crimini di Hamas. Il rapporto finale conclude: «Caso dopo caso, si rivelano crimini odiosi e crudeli che dimostrano al di là di ogni dubbio che Hamas e altri terroristi palestinesi hanno usato lo stupro e la violenza sessuale in modo sistematico contro le donne e le bambine israeliane».

Certo non può bastare consolarsi con il fatto che «tutto questo è contrario all’Islam» come hanno affermato alcuni terroristi «pentiti» durante gli interrogatori. «Per noi è vietato dalla religione. I sequestri. Gli stupri. Le violenze sessuali sui bambini. Tutto proibito» ha provato a discolparsi per esempio Muhammad Nahed Ahmed el-Arsha, 22 anni, protagonista del massacro insieme ad altri coetanei. Anche lui ha certificato che le violenze sessuali sono avvenute con metodo, perché così era stato ordinato. Ma tutto questo non lo assolverà. Come non lo assolverà neanche il fatto che lo stupro in guerra (se di guerra si può parlare, nella becera e primitiva versione dei terroristi) sia purtroppo una costante che non appartiene solo a Hamas. «Che del corpo femminile possa farsi campo di battaglia e strumento di conquista è cosa ben nota all’umanità sin dai tempi antichi» ha scritto in proposito l’Osservatorio Diritti, testata indipendente specializzata in inchieste sul tema dei diritti umani nel mondo. Incredibilmente, molti restano ancora scettici sul fatto stesso che quel fatidico 7 ottobre siano realmente state commesse violenze sistematiche sulle donne. Come evidenzia un’inchiesta del New York Times, nonostante le autorità israeliane che stanno indagando sulle denunce di aggressioni sessuali abbiano raccolto prove considerevoli – da testimoni, operatori sanitari di emergenza e fotografie della scena del crimine – alcuni organi di stampa hanno messo in dubbio la veridicità delle accuse. e le organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite sono state troppo lente anche solo nell’affrontare la questione.

In proposito, l’ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, Gilad Erdan, ha divulgato una dura dichiarazione: «In ogni altro massacro in cui sono stati commessi crimini sessuali così atroci, UN Women (l’organizzazione delle Nazioni Unite dedicata all’uguaglianza di genere e all’emancipazione femminile, ndr) ha emesso una condanna immediata e dura. Ma quando le vittime sono le donne israeliane l’organizzazione mette in dubbio le accuse». I portavoce di Hamas hanno ovviamente negato e la loro paradossale linea difensiva è che tutte le atrocità siano sì state commesse, ma «da altri gruppi armati riversati in Israele» e soltanto «dopo» che i combattenti di Hamas hanno sfondato la barriera che circonda Gaza. Tutto questo contraddice evidentemente le ampie testimonianze e prove documentali di omicidi, compresi i video pubblicati dagli stessi combattenti di Hamas.

© Riproduzione Riservata