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Dal Veneto al Messico per scappare dalle misure anti Covid

Dal Veneto al Messico per scappare dalle misure anti Covid

Esasperate da lockdown, obbligo di mascherine, green pass e vaccini di massa, tre amiche decidono per «la fuga» e una nuova vita in Centroamerica. Una scelta difficile che raccontano a Panorama.


Quando arriviamo al «Piccolo Paradiso», dove l’acqua si apre un varco nella terra e affiora, e palme e banani e ficus formano ombra fresca tutt’intorno, c’è una casetta. È fatta con assi di legno e lamiera. Un piccolo laboratorio dove due donne mettono insieme schegge di vetro – una metafora di vite andate in frantumi – che con arte e pazienza ricompongono in mosaici bellissimi. È il laboratorio di Mara e Cristina. Tirato su in pochissimo tempo. Come in pochissimo tempo, in un giorno di luglio dell’anno scorso, insieme con Alessandra, hanno preso i figli e l’anziana madre. Messo in valigia quel poco di davvero necessario. E senza i rispettivi compagni, in otto sono partiti dalla provincia di Rovigo alla volta del Messico. Non sopportavano più le restrizioni e le conseguenze subìte a causa del Covid.

Siamo nello Yucatán, in Messico. A una manciata di chilometri dalla chiassosa e decisamente kitsch Playa del Carmen, dove vivono circa 5 mila italiani; dove la sanguinosa guerra contro i narcos è tenuta a bada per i turisti e la Quinta Avenida fa il verso alla Fifth Avenue di Manhattan, incarnando ancora il sogno americano.

La scelta di queste tre donne che arrivano dal Veneto non ammette mezze misure. E come quella di molti italiani che in questi due anni di lockdown, obblighi vaccinali e green pass, hanno preferito abbandonare l’Italia. «Ogni giorno che aprivo gli occhi mi sembrava di stare in un incubo» racconta Cristina, che ha 58 anni. «Mi sento a pezzi a pensare che ho lasciato lì mio marito e mio figlio più grande. Questi provvedimenti hanno diviso famiglie, amici. A mio parere, hanno diviso un Paese intero. Mio figlio più piccolo, di 16 anni, ha dovuto abbandonare il calcio agonistico. Lui è venuto con me. I nostri figli ora frequentano una scuola internazionale. Stanno bene. Il Messico non è l’Eldorado ma per me è un luogo libero. E oggi mi chiedo: chi pagherà per tutto questo?». Cristina parla di suo marito, Riccardo, una macelleria a Ferrara avviata da oltre 25 anni. Tanti quanti gli anni di matrimonio spesi insieme. Si chiamano ogni giorno nonostante la distanza che rende tutto più difficile.

«Vedi?» confida «questo è il mio albero. Quando non sopporto più la malinconia, vengo qui e mi sembra di sentire l’odore di casa. Ma l’Italia non è più la mia casa». Mentre lo dice, i suoi occhi azzurri si velano di lacrime. Azzurri come un cenote, i bellissimi laghetti di acqua dolce che si aprono nella terra. La parola in lingua maya vuol dire acqua sacra. Ce n’è uno poco lontano, un luogo che rasserena. E dà il nome a questo luogo, appunto, il «Piccolo Paradiso». Raggiungiamo in laboratorio Mara, 60 anni, amica di Cristina da una vita. Sta fissando frammenti di vetro colorato. Lei sta imparando. Cristina a Lendinara, provincia di Rovigo, realizzava invece vetrate artistiche.

Dal Veneto al Messico per scappare dalle misure anti Covid
Alessandra, espone le opere create al mercato locale dell’artigianato di Playa del Carmen
Alessandra, espone le opere create al mercato locale dell’artigianato di Playa del Carmen

Cristina sta insegnando l’arte del mosaico, oltre che a Mara, alle donne locali che vivono in semplicità, in case di muratura nel migliore dei casi, con il cemento a terra e amache al posto dei letti. E i fuochi accesi all’ingresso per tenere lontane le zanzare. Su questo fazzoletto di terra e pietre c’è posto anche per una chiesetta evangelica con panche rudimentali, che raccontano l’amore e la fatica di questo territorio. Qui la fede è ancora profonda.Per andare avanti Cristina, Mara e Alessandra hanno deciso di condividere tutto, anche la casa in affitto. «All’inizio siamo stati insieme, in otto arrivati dall’Italia, in un grande appartamento dentro a un residence vicino alla scuola frequentata dai ragazzi» spiega Mara. «Ora però io vivo da sola. Avevo bisogno di uno spazio mio. Mi sono separata da mio marito due anni fa, dopo trenta passati insieme. Questi due anni di Covid mi hanno dato la spinta per andarmene. E per ripartire in libertà, anche da me stessa. I miei tre figli sono grandi e hanno capito. È la mia battaglia, qualcosa per cui vale la pena lottare».

Le tre italiane non sono sole. A Playa hanno conosciuto altre donne che hanno fatto la stessa scelta. Non accettavano più le politiche anti-Covid dei rispettivi Paesi. Come Carolyn, arrivata l’anno scorso dal Canada, con il marito e il figlio di 13 anni. A Montreal lei era psicologa, lui psichiatra. In tanti hanno scelto il Messico perché le restrizioni pandemiche qui sono state minime. Ripartire daccapo non è comunque semplice. Nel piccolo rifugio di queste donne, osserviamo le loro fatiche: appesi a una parete i mosaici rappresentano acque turchesi, alberi e uccelli di lapislazzuli. Su un ripiano, tazze e ciotole di ceramica decorate con punti coloratissimi, formare suggestivi «mandala»: sono di Alessandra. Che arriva poco dopo, tenendo tra le braccia molte scatole dove riporre tutti questi lavori da vendere al prossimo mercatino.

«In Italia alla fine vivevamo come prigionieri» lamenta Alessandra, 50 anni. Lei è qui con i figli di 10, 13 e 16 anni. E la madre di 84. Parla inglese e spagnolo e sta muovendo i primi passi come agente immobiliare. Nel frattempo insegna inglese, da volontaria, in una scuola paritaria. «È dura ma ce la faremo» dice fiduciosa. «Spero che arrivi presto anche mio marito. Voglio dare un futuro diverso ai nostri figli». È ora di andare. Mentre usciamo dal laboratorio, Cristina mi tira per un braccio. È emozionata. E dice: «Aspetta, facciamo una video-chiamata al mio Riccardo». La solitudine a volte le è intollerabile. Quando chiude la telefonata, provata e triste, mi sussurra all’orecchio: «Appena arrivi in Italia, diglielo a mio marito che lo amo tanto. Lo amo tantissimo. Ma indietro non torno».

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