La fotografia dell’ordine pubblico italiano nell’ultimo anno è racchiusa in due cifre che non lasciano spazio alle interpretazioni: 2.304 cortei definiti “per la pace” e 242 agenti feriti. Numeri che raccontano una realtà tutt’altro che pacifica e che, nelle ultime ore, hanno spinto il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro a intervenire con un post dai toni durissimi, intitolato senza mezzi termini «Basta ipocrisie». Per Delmastro, questi dati segnano il fallimento di una narrazione che continua a descrivere le piazze come luoghi di protesta civile, quando in realtà — sostiene — vengono utilizzate da gruppi organizzati per trasformare la mobilitazione in un terreno di scontro politico e fisico contro le istituzioni. «Altro che pacifismo», scrive il sottosegretario, denunciando una precisa volontà di alzare la tensione, creare danni e mettere sotto assedio le Forze dell’ordine.
Non è una denuncia isolata. In quest’ultima stagione di cortei, le modalità delle violenze hanno mostrato una coerenza inquietante: infiltrazioni ben coordinate, caschi e scudi improvvisati, lanci di oggetti, tentativi di sfondamento ai cordoni di sicurezza, percorsi deviati di proposito verso obiettivi sensibili. Un repertorio che non può essere attribuito al caso, né a pochi facinorosi. Delmastro parla apertamente di «intenzionalità», di gruppi che non partecipano per manifestare un’idea, ma per cercare lo scontro.
A rendere il quadro ancora più critico è, secondo il sottosegretario, il clima politico che circonda queste mobilitazioni. Una parte della sinistra — afferma — continua a minimizzare gli episodi di violenza, preferendo parlare di «reazioni sproporzionate» della polizia o di «provocazioni». È un copione che si ripete ciclicamente e che, a suo dire, finisce per fornire una sorta di legittimazione indiretta a chi usa la piazza come arma politica. «Con il beneplacito di certa sinistra», scrive Delmastro, puntando il dito contro quella che definisce una “ protezione ideologica”. La linea del sottosegretario è netta: niente più attenuanti, niente zone grigie. «Chi attacca le Forze dell’ordine attacca lo Stato e deve essere trattato per quello che è: un delinquente». Una posizione che richiama la responsabilità dello Stato nel proteggere non solo l’incolumità dei suoi agenti, ma anche la tenuta democratica del Paese. Perché, avverte Delmastro, una democrazia non può tollerare che il diritto di manifestare venga trasformato in una copertura per l’aggressione sistematica alle istituzioni. I numeri, del resto, raccontano un fenomeno ormai strutturato. Più di duemila cortei, centinaia di feriti tra gli agenti, decine milioni di euro spesi in sicurezza, settimane di tensioni crescenti nelle principali città italiane. Un quadro che mette in evidenza un salto di qualità nelle dinamiche di piazza e che solleva interrogativi sulla capacità dello Stato di impedire che minoranze organizzate sequestrino lo spazio del dissenso civile trasformandolo in un’arena di violenza politica. L’appello di Delmastro — «basta ipocrisie» — non è solo uno sfogo politico, ma un avvertimento: ignorare questi segnali significa lasciare campo libero a una strategia che mira a indebolire le istituzioni proprio là dove sono più visibili, nelle strade, nelle piazze, nei luoghi dove la democrazia si confronta ogni giorno con la sua dimensione più concreta.mE i numeri, ancora una volta, parlano più forte di qualsiasi slogan.
