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Delitto di Garlasco, i nuovi indizi e la ultime tracce che cambiano tutto (secondo la Procura)

Delitto di Garlasco, i nuovi indizi e la ultime tracce che cambiano tutto (secondo la Procura)

La ricostruzione dell’aggressione, l’orario della morte di Chiara (senza Stasi), i movimento del killer nella villetta di via Pascoli… Le ultime notizie sul delitto di Garlasco

L’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco torna sotto la lente della Procura di Pavia, che sta riscrivendo l’intera dinamica dell’aggressione. Un riesame approfondito di sopralluoghi, evidenze forensi e atti giudiziari è in corso, con l’obiettivo di ricostruire i movimenti del killer, la scena del delitto e, soprattutto, l’orario della morte della giovane.

A guidare l’indagine è il procuratore Fabio Napoleone, che ha incaricato esperti dei carabinieri e consulenti tecnici esterni di riesaminare i principali nodi irrisolti del caso. Al centro dell’attenzione c’è una nuova cornice temporale dell’aggressione e una possibile ricostruzione alternativa dell’intera vicenda, che prescinde dalla figura di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere.

Infatti, rimuovendo Stasi dalla scena del crimine, cadono molti dei punti dati per certi nelle precedenti sentenze.

Primo fra tutti: l’orario della morte di Chiara. Secondo quanto stabilito nei processi, l’omicidio sarebbe avvenuto tra le 9:12 – orario in cui Chiara disattiva l’allarme – e le 9:35 del 13 agosto 2007. Un intervallo di 23 minuti basato sull’ipotesi che Stasi, in quel lasso di tempo, non fosse impegnato al computer a lavorare sulla tesi.

Ma ora, alla luce dei nuovi elementi, questa finestra temporale potrebbe allargarsi a 34 minuti (11 minuti in più). Chiara, infatti, non risponde a uno “squillo” ricevuto dal fidanzato alle 9:46, un dettaglio che apre a una diversa ipotesi temporale.

Un altro punto cruciale riguarda il comportamento del killer dopo l’omicidio. I giudici avevano concluso che l’assassino si fosse lavato nel lavandino al piano terra, ipotesi sostenuta dalla presenza di impronte digitali anomale sul dispenser di sapone – come se fosse stato spostato dopo essere stato pulito – e da una presunta mancanza di tracce ematiche nel lavandino e nel sifone. Tuttavia, gli avvocati di Stasi avevano fatto notare che non furono rinvenute tracce di sangue né sulla maniglia né nel sifone, e che sul dispenser era presente un Dna “misto” appartenente a Chiara e ai familiari, insieme a residui di sapone, incompatibili con una recente pulizia.

Ora i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano stanno rivalutando un dettaglio spesso trascurato: una fotografia dei Ris che mostra quattro lunghi capelli neri visibili nel lavandino. Un particolare che contraddice l’idea di una pulizia meticolosa, capace di eliminare ogni traccia ematica ma non dei capelli chiaramente distinguibili. Potrebbero appartenere alla vittima, ma non furono mai repertati.

Secondo la nuova ipotesi investigativa, il killer non si sarebbe lavato le mani, ma si sarebbe solo specchiato. Lo suggerisce l’impronta individuata sul tappeto davanti al lavabo. E un altro elemento potrebbe rafforzare questa tesi: sulla porta d’ingresso, dal lato interno, è presente un’impronta insanguinata non ancora attribuita, che per i carabinieri potrebbe appartenere al killer in uscita.

Anche la dinamica dell’aggressione viene nuovamente esaminata. Le sentenze parlano di due fasi distinte: un primo colpo ai piedi della scala del primo piano, che avrebbe fatto perdere i sensi a Chiara, seguito da un secondo attacco mentre veniva gettata giù per le scale, con traumi mortali alla testa causati dall’impatto con i gradini. Ma ora gli inquirenti vogliono verificare se la distribuzione delle macchie di sangue e degli schizzi sulla scena sia compatibile con una dinamica diversa, forse con l’uso di più armi o colpi inferti anche sulle scale, dove però, secondo le sentenze, non sono presenti impronte del killer.

Un altro dettaglio al vaglio riguarda l’impronta “33” che i magistrati attribuiscono ad Andrea Sempio, l’amico del fratello della vittima al centro di una pista alternativa. Gli investigatori stanno cercando di capire se tale impronta possa inserirsi coerentemente nella dinamica dell’aggressione: potrebbe essere stata lasciata mentre ci si sporgeva verso il fondo della scala.

Infine, torna in discussione anche uno degli indizi chiave: l’impronta della suola a pallini. Le sentenze hanno identificato quella calzatura come una scarpa numero 42, facendo rientrare Stasi tra i sospettati, sebbene lui calzasse il 41. Tuttavia, una nuova consulenza depositata dai legali di Stasi, Giada Bocellari e Antonio De Rensis, propone una lettura diversa: la suola potrebbe essere compatibile anche con altre taglie (41, 42 o 43), a seconda del peso, della camminata e dei movimenti del killer. I pm stanno affidando l’analisi a un esperto per valutare meglio la compatibilità.

A completare il quadro, emergono due ricerche inquietanti effettuate da Chiara dal computer dell’ufficio pochi giorni prima della sua morte. Il 26 luglio alle 11:06 e il 1 agosto alle 15:41, la giovane ha visualizzato e scaricato un’immagine del Santuario della Bozzola, un luogo in cui era stata a Pasqua 2007 durante una gita in bici col fidanzato. Chiara Poggi – forse – aveva scoperto il giro di uno scandalo sessuale legato al Santuario e avrebbe voluto denunciarlo.

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