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Ciro Grillo, le motivazioni choc della condanna: «Violenza brutale e vittima annientata»

Ciro Grillo, le motivazioni choc della condanna: «Violenza brutale e vittima annientata»

Il tribunale mette nero su bianco le ragioni della condanna di Ciro Grillo e dei suoi amici: violenza sessuale di gruppo, dinamica predatoria, giovane donna incapace di reagire. Le carte spiegano perché il consenso non c’era.

Il tribunale di Tempio Pausania ha depositato le motivazioni della sentenza che ha portato alla condanna in primo grado di Ciro Grillo e di altri tre imputati per violenza sessuale di gruppo. Un documento che ricostruisce in modo dettagliato quanto accaduto nella notte tra il 16 e il 17 luglio 2019 e che definisce, senza ambiguità, il quadro tracciato dai giudici: atti sessuali imposti con modalità brutali su una giovane donna resa incapace di reagire.

La ricostruzione dei giudici

Secondo il collegio, la dinamica dei fatti avvenuti nel residence in Costa Smeralda di proprietà di Beppe Grillo è incompatibile con qualsiasi ipotesi di consenso. La sentenza parla di un comportamento di gruppo predatorio, messo in atto approfittando delle condizioni fisiche e psicologiche della vittima, una studentessa italo-norvegese di 19 anni all’epoca dei fatti. La giovane, spiegano i giudici, si trovava in una situazione tale da non poter esprimere una volontà libera né opporre resistenza efficace.

La credibilità della vittima

Un punto centrale delle motivazioni riguarda la piena attendibilità del racconto della ragazza. Le sue dichiarazioni sono state ritenute coerenti, lineari e compatibili con gli altri elementi emersi durante l’istruttoria. Le eventuali incongruenze segnalate dalla difesa sono state giudicate fisiologiche, alla luce del trauma vissuto, e non tali da intaccare la sostanza dell’accusa.

Perché il consenso non c’era

Il tribunale sottolinea come la condotta degli imputati sia stata caratterizzata da prevaricazione e sopraffazione, in un contesto che ha progressivamente annullato la capacità di autodeterminazione della vittima. La giovane non era nelle condizioni di scegliere, né di sottrarsi a quanto stava accadendo. Da qui la qualificazione giuridica dei fatti come stupro di gruppo, respingendo in modo netto la tesi difensiva di rapporti consensuali.

Le condanne e il percorso giudiziario

La sentenza di primo grado, pronunciata lo scorso settembre, ha inflitto otto anni di reclusione a Ciro Grillo, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria, e sei anni e sei mesi a Francesco Corsiglia. Le motivazioni ora depositate rappresentano un passaggio cruciale in vista dei successivi gradi di giudizio, chiarendo le basi giuridiche e fattuali di una decisione che ha avuto un forte impatto mediatico e simbolico.

Nel testo dei giudici emerge con forza un messaggio chiaro: la violenza sessuale può consumarsi anche senza urla o segni evidenti di ribellione, quando una persona viene ridotta all’impossibilità di reagire. Un principio che attraversa tutta la sentenza e che ne costituisce l’asse portante.

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