E’ una figura molto utilizzata, a causa dell’invecchiamento della popolazione, della disgregazione delle famiglie e del conseguente aumento della solitudine, eppure la legge che regola questo istituto sembra non essere all’altezza e i casi di frode si moltiplicano. Nato per essere un aiuto flessibile, modellato sulle esigenze specifiche del beneficiario, l’amministratore di sostegno (Ads) rappresenta uno dei pilastri del diritto civile italiano per la tutela dei fragili.
Un aiuto che non dovrebbe sostituire
Il suo scopo è di affiancare (non di sostituire come accadeva con l’interdizione) coloro che, per infermità, disabilità o menomazione fisica o psichica, si trovano nell’impossibilità anche parziale e temporanea di provvedere ai propri interessi. Una sorta di “angelo custode” che talvolta, però, si trasforma in un predatore che si approfitta della vulnerabilità del soggetto a lui affidato. Un meccanismo di fronte al quale la legge pare impotente, come dimostrano le tante truffe.
Quando arriva l’amministratore di sostegno
Ma quand’è che arriva l’amministratore di sostegno? In presenza di conflitti intra-familiari sulle decisioni da prendere nell’interesse del parente debole, il giudice tutelare nomina un esterno che, una volta accettato l’incarico, instaura alleanze con i congiunti più vicini alle sue posizioni. Questa figura è investita di poteri ben definiti che variano dall’assistenza per la semplice gestione della pensione, fino alla rappresentanza esclusiva in atti rilevanti, come la vendita di immobili. Come sta chiedendo la figlia di Vittorio Sgarbi, Evelina, convinta che al padre serva un amministratore di sostegno.
Doveri stringenti, controlli deboli
Scelto preferibilmente in una cerchia ristretta (coniuge, convivente, figli, parenti entro il quarto grado) o, in loro assenza o in caso di conflitti, tra professionisti esterni, deve agire nell’esclusivo interesse del beneficiario, tenendo conto, per quanto possibile, dei suoi bisogni e delle sue aspirazioni, informarlo sugli atti da compiere e presentare periodicamente un rendiconto dettagliato al giudice tutelare, illustrando le spese effettuate e la situazione patrimoniale. La toga vigila su tutti gli atti e sull’operato dell’amministratore e rappresenta la prima linea di difesa contro gli abusi. O per lo meno dovrebbe.
Dalle cronache giudiziarie ai nomi noti
Infatti, nonostante la normativa rigorosa, le cronache sono piene di casi di professionisti che si impossessano dei beni degli assistiti. Talvolta spuntano anche nomi noti. L’Ads dell’attore Paolo Calissano, morto nel 2021, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di avergli sottratto oltre 500 mila euro, di aver circuito una donna con problemi di dipendenze e altri tre suoi assistiti e di aver occultato le appropriazioni redigendo false relazioni di sintesi.
Sempre quest’anno, spulciando tra le cronache, emerge il caso di un avvocato di Pescara, accusato di peculato per essersi impadronito indebitamente di circa 200 mila euro, sottraendo, nel corso degli anni, denaro dai conti delle persone che doveva tutelare. Talvolta le somme in ballo sono ingenti. Un’indagine delle Fiamme gialle, successiva a un intervento della Procura della Repubblica di Brescia, ha fatto emergere che tra il 2015 e il 2024 l’uomo si era appropriato di circa 2 milioni di euro.
Criptovalute, contanti e anziani assistiti
Non mancano poi situazioni curiose, come quella di un professionista che ha denunciato alla Guardia di finanza di Padova di essere stato truffato in un investimento in criptovalute e si è scoperto che il denaro usato, pari a 500 mila euro, lo aveva sottratto a 19 anziani assistiti tramite bonifici e prelievi di contanti.
Il caso Gucci e il tema delle scelte
Ci sono anche situazioni eclatanti come quella denunciata da Allegra Gucci, figlia di Patrizia Reggiani, condannata come mandante dell’assassinio di Maurizio Gucci, che ripropongono il tema della scelta dei professionisti. La sua richiesta di occuparsi della madre è stata respinta dal giudice, mentre oggi «il Tribunale riconosce all’attuale amministratore di sostegno una indennità di 220 mila euro».
Numeri enormi, rischi sistemici
Secondo le rilevazioni più recenti sono oltre 400 mila le persone fragili sotto tutela e, anche solo ipotizzando una percentuale marginale di truffe, siamo sempre di fronte a numeri importanti. Questo scenario solleva interrogativi sul sistema dei controlli e sulla necessità di una maggiore trasparenza nella gestione dei patrimoni.
La carenza di controlli e il peso sui giudici
Ma, come afferma l’ex presidente dell’Associazione italiana giovani avvocati, Carlo Foglieni, il personale delle autorità giudiziarie non è sufficiente per fare le dovute verifiche. L’enorme mole di ricorsi ha determinato un carico ingente di lavoro per i giudici tutelari che spesso conferiscono agli Ads un’ampia discrezionalità, rendendoli di fatto difficilmente revocabili. In molti casi la verifica si limita a un controllo formale, incapace di intercettare fenomeni di “sottrazione silenziosa”.
Una riforma necessaria ma complessa
Per questo l’Associazione italiana giovani avvocati ha proposto una riforma che prevede compensi adeguati, un sistema proporzionato alla massa patrimoniale gestita e il riconoscimento dell’Ads come ausiliario del giudice. Per Foglieni «non è colpa della legge», ma della mancanza di personale e della difficoltà di un monitoraggio costante. La riforma si farà? L’iter non sarà semplice, perché non è a costo zero. La chiave di tutto resta la carenza cronica di risorse. Un problema che riguarda l’intero sistema giudiziario. Ma questa è un’altra storia.
