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Il centrodestra riparta dalle idee

Il centrodestra riparta dalle idee

Oltre Berlusconi non ci sono all’orizzonte nuove figure rilevanti, ed allora perché non ricompattare grazie ad un nuovo manifesto programmatico?

Il leader o c’è o non c’è. Il leader, se c’è, non viene trovato, è lui che trova gli altri, e il primo che trova è se stesso. Il leader non è un manager che si possa arruolare per chiamata diretta o con il metodo dei cacciatori di teste: curriculum e test. Ecco perché questa disperata ricerca di un leader, questa caccia al nuovo leader del centrodestra, suona un po’ comica. Soprattutto inutile. 

Il leader c’è, è Silvio Berlusconi. Vivo, presente, attivo nonostante tutto, nonostante i servizi sociali e il calo elettorale. Insostituibile. Su “Libero” e sul “Tempo”, che hanno comunque avuto il merito di aprire un dibattito, sfilano i volti vecchi e nuovi di Forza Italia, di un centrodestra più largo, di un fronte moderato in fibrillazione alla ricerca di se stesso, di ritrovare il bandolo di una matassa sfilacciata, di una ragione d’essere che vada oltre Berlusconi. Lo spettacolo è deprimente.

L’ultimo in ordine di sparizione è Gianfranco Fini, riemerso dal sarcofago nello studio del Tg3 per accusare Berlusconi di non esser più “capace di innovare” e il centrodestra d’essere ormai “una Torre di Babele”. Autocritica, zero.

Tra gli aspiranti rispunta pure Corrado Passera, banchiere ed ex ministro del governo Monti, che da anni è ai blocchi di partenza di un movimento proprio, non privo di risorse. Matteo Salvini, oggi forse il più credibile candidato “esterno” alla guida del centrodestra, si “lega” in un tweet a Giorgia Meloni. Dall’Ncd arrivano lezioni di politica a Berlusconi e alla (ex) compagnia di Forza Italia da ex azzurri come Fabrizio Cicchitto, a lungo capogruppo alla Camera, che a Berlusconi rimprovera adesso di aver perso 10 milioni di voti fra il 2008 e il 2014. Autoironia, zero.

Angelino Alfano, ex segretario del Pdl, ex ministro della Giustizia, oggi leader di Ncd e ministro dell’Interno, ha più volte attaccato Forza Italia in campagna elettorale definendola “né carne, né pesce”. Un tormentone che non gli ha impedito, all’indomani del voto e del quorum raggiunto per il rotto della cuffia, di fare la vittima lamentando le critiche da FI.

Raffaele Fitto, inorgoglito dal risultato elettorale personale in termini di preferenze (283mila), prova a scalare il partito senza capire che non basta la rete di potere clientelare a riconquistare i moderati di tutta Italia. Gli anti-Fitto, da parte loro, si fanno forti dell’investitura dall’alto, da Berlusconi, senza capire che la forza in politica si conquista attraverso il consenso. I vecchi volti di Forza Italia sono perdenti ma sempre presenti. Il rinnovamento fa intravedere una generazione anagraficamente nuova ma non migliore di quelle che l’hanno preceduta. Perché i criteri di selezione sono sempre gli stessi, nulla a che vedere col merito. Il nuovo è vecchio.

Nel 1994, Forza Italia nacque dall’intuizione, dalla leadership e dalle risorse di Berlusconi che si affidò per l’elaborazione dei contenuti a personalità come Antonio Martino, Marcello Pera, Lucio Colletti, Saverio Vertone, Giuliano Urbani, Piero Melograni, Giorgio Rebuffa. Era quello, allora, il “cerchio magico”, che concepì il progetto di “rivoluzione liberale” a partire dal manifesto di Forza Italia del ’94 tuttora attualissimo. Le idee camminano sulle gambe degli uomini, e se le gambe sono corte e fragili anche le idee ne soffrono.

Il centrodestra non ha oggi altro leader che Berlusconi. Ma Berlusconi non ha più i professori. In attesa di un nuovo leader, perché non ripartire dalle idee, con gambe non solo anagraficamente nuove? Ce ne sono di persone valide, da questa parte, a patto di attirarle invece di farle fuggire.  

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