“L’Italia con il suo debito sarà l’anello debole in Europa”, scrive il Financial Times, che però non è la Bibbia anche se, con la solita overdose di provincialismo, molti commentatori di casa nostra la considerano tale. L’adagio è sempre il solito, che puntualmente risuona quando sale al governo una compagine poco gradita ai poteri europei: l’Italia rischia grosso, la zavorra del debito può far esplodere le casse pubbliche con annesso effetto domino apocalittico negli altri paesi europei.
Primo punto. E’ vero che il debito è alto, a maggior ragione in un periodo di abominevole aumento dei tassi. Ma ricordiamoci di giudicare l’Italia nel suo insieme. Da noi il debito è in mano perlopiù agli italiani, attraverso banche e assicurazioni. Questo in un contesto di alta propensione individuale al risparmio, e di basso debito privato. Con un’economia che, pure stretta tra mille lacciuoli, è tornata a livelli pre-Covid. E che negli ultimi due trimestri è cresciuta più che in Francia e Germania. Lombardia e Veneto sono ormai le locomotive non solo d’Italia, ma anche d’Europa: simbolo di un Paese corroso da mali antichi, ma abile nell’arrangiarsi e nell’adattarsi ai tornanti della storia. Forse anche per questo, nonostante gli allarmi giornalistici, i mercati sembrano disinteressati a queste ultime critiche e lo spread, incrociando le dita, resta a cuccia.
Seconda considerazione. Così come occorre giudicare l’Italia sulla base delle ombre e delle luci, allo stesso modo occorre essere onesti nel giudicare la Bce. Quando il Ministro Crosetto lamenta un’eccessiva rincorsa al rialzo dei tassi, forse qualche ragione ce l’ha. La banca centrale da anni non azzecca una previsione sull’inflazione, e a questo procedere alla cieca siamo ormai assuefatti come se la principale istituzione bancaria del continente fosse intoccabile nelle sue determinazioni. E invece non c’è nulla di male nel riconoscere che la Bce si è intestardita nel tenere i tassi negativi fino a due anni fa, restando indietro rispetto alla realtà. E oggi cadono nell’errore opposto, rischiando di acuire la recessione che verrà. Non è la prima volta che le decisioni di politica monetaria si rivelano ingenue, discutibili, per non dire politicamente orientate.
Dunque, prima di gridare alla catastrofe, sarebbe meglio restare con i piedi per terra. Ricordando che, in un paese che pure sconta gravi colpe, non si possono accettare lezioni dall’estero. O perlomeno, queste lezioni è lecito sindacarle.
