Un attacco pianificato da tempo, necessario per identificare i luoghi da colpire, il coordinamento tra Washington e Londra, l’avvertimento ai governi alleati dell’imminente azione. Nella notte scorsa sono cominciati gli attacchi delle forze inglesi e americane contro le milizie dei ribelli Houthi sostenuti dall’Iran, che da tempo prendono di mira le navi mercantili in transito nel Mar Rosso. Il dieci gennaio scorso il Comando centrale Usa aveva annunciato che aerei da combattimento statunitensi e britannici avevano abbattuto 18 droni e tre missili lanciati dalle aree yemenite del Mar Rosso meridionale in direzione delle rotte marittime internazionali, per la prima volta senza escludere la possibilità di colpire non più soltanto gli ordigni, intercettandoli, ma anche le postazioni di lancio, deposito e le vie di rifornimento delle armi.
Quello del dieci gennaio era stato il 27° attacco dal 19 novembre 2023, senza considerare gli oltre 130 episodi ostili avvenuti contro gli Stati Uniti e le forze della coalizione in Iraq e Siria dal 17 ottobre scorso. Per questi motivi la Difesa britannica ha accelerato la definizione delle operazioni offensive volte a interrompere l’approvvigionamento di ordigni colpendo il territorio yemenita insieme al Pentagono.
L’operazione ha coinvolto il sommergibile americano Uss Florida, dal quale sono stati lanciati missili da crociera Tomahawk per neutralizzare ogni possibile reazione, mentre dalla portaerei Dwight Eisenhower sono decollati in varie sortite 15 velivoli F/A-18G e due aerei radar E-2d per il coordinamento e la scoperta precoce di eventuali reazioni con decolli da parte di aerei o elicotteri ostili; dalle basi occidentali nel Golfo quattro aerei cisterna per i rifornimenti in volo, il tutto mentre dalla base della Royal Air Force di Akrotiri, nell’isola di Cipro, partivano armati di bombe quattro Eurofighter Typhoon. Dal mare, oltre allo Uss Florida e all’Eisenhower, era in allerta l’incrociatore inglese Hms Diamond e quattro unità americane, le Uss Laboor, Mason, Gravely e Philippine Sea. Una dozzina gli obiettivi colpiti, oltre cento le munizioni utilizzate. Il comandante centrale delle forze Usa, generale Alex Grynkewich. Ha parlato di munizionamento di precisione “di vario tipo”, probabilmente bombe a guida Gps/Laser “J-Dam” per “distruggere i bersagli minimizzando gli effetti collaterali. “Non stavamo assolutamente prendendo di mira i centri abitati da civili. Stavamo neutralizzando le capacità offensive Houthi in luoghi molto specifici”, ha detto l’alto ufficiale.
I bersagli, identificati da un intenso lavoro di analisi effettuata sia via satellite, sia da droni ricognitori ad alta quota per settimane, sono stati le infrastrutture e i mezzi dei ribelli come rampe, depositi, camion e imbarcazioni che consentono il trasporto e lancio di missili e droni, in particolare dei missili Tankil (con gittata fino a 500 km e portatori di 250 kg di esplosivo) e Asef (450km e 180kg di testata di guerra), ovvero di sistemi riprogettati e costruiti in Iran con il nome di Raad-500 e Fateh-313 su licenza cinese (serie DongFeng), a loro volta derivati da soluzioni tecniche già presenti sui missili sovietici Kh-55 degli anni Settanta e Ottanta. Ogni edificio controllato dai ribelli Houthi nel quale si è ritenuto che venissero effettuate operazioni di assemblaggio, costruzione o preparazione degli ordigni o dei materiali necessari per farlo, ogni mezzo utilizzato per il trasporto verso i siti di lancio, ogni imbarcazione identificata come ostile è divenuta bersaglio dei “designatori” che hanno poi permesso alle bombe di centrarli. Nonostante il successo dell’operazione, durante la quale non sono state riportate reazioni nemiche, continua la ricerca di ordigni, in particolare gli arsenali di razzi e missili a corto raggio come i Falaq, che hanno una gittata di 140 chilometri e sono dotati di tecnologia antinave.
Come abbiamo riportato negli articoli apparsi tra Natale e Capodanno, anche in luoghi non lontani dalla capitale yemenita San’à sarebbero stati convertiti esemplari di missili antiaerei Sa-2 dell’era della guerra dei Sei Giorni (1967) in missili superficie-superficie ribattezzati Qaher-2m e, nella versione antinave detta Muhit. Pur non essendo particolarmente precisi, hanno comunque un margine di errore di circa 25-35 metri, sufficiente se a essere puntate sono le grandi navi porta container. Il governo yemenita ha parlato di aggressione e ha promesso ritorsioni, resta quindi alta la tensione nel Mar rosso e nel Golfo Di Aden, sia per le unità navali dell’operazione Prosperity Guardian, sia per quelle impegnate nella missione europea Eunavfor Atalanta 2024, alla quale partecipa anche l’Italia con due navi, le fregate Virginio Fasan partita prima di Natale e la Federico Martinengo che la sta raggiungendo nell’area delle operazioni. Queste prevedono la possibilità di arrestare persone ritenute colpevoli di atti di pirateria o di guerra e di confiscare armamenti e imbarcazioni. C’è da aspettarseli, così come sale l’allerta in Europa per possibili azioni di terrorismo.
