Se vi dicessero che una corte d’appello ha appena estromesso da una competizione elettorale una lista perché al suo interno ci sono troppe donne candidate, che cosa pensereste? O che i giudici sono impazziti, o che è uno scherzo.
Bene (anzi, male): non so se sia follia, ma sicuramente non è uno scherzo, perché è accaduto ieri a Roma. Dove prima l’ufficio elettorale centrale e adesso i giudici hanno deciso di applicare con paradossale formalismo la legge sulla parità di genere nelle candidature elettorali (peraltro inapplicata in tutti gli altri casi, laddove i candidati uomini sono la stragrande maggioranza) e hanno escluso i radicali dalle elezioni regionali del Lazio, dove avevano presentato la lista Amnistia, Giustizia, Libertà con dieci candidati: cinque uomini e sei donne.
”È una decisione ridicola: faremo ricorso”. Così dice Giuseppe Rossodvita, consigliere radicale alla Regione Lazio. ”Finora siamo stati in rispettoso silenzio, in attesa della decisione, ma questa è davvero ridicola. È lo specchio del modo di pensare di una magistratura da riformare. Questi irresponsabili funzionari pubblici anziché far votare i cittadini del Lazio, anziché favorire la partecipazione democratica, si trincerano in bizantinismi che non hanno alcun appiglio normativo”.
Va ricordato, fra l’altro, che in Lazio sono stati proprio i radicali a fare emergere lo scandalo dei presunti abusi sull’utilizzo «allegro» dei contributi ai gruppi consiliari. Un paese impazzito. Una giustizia dai tratti demenziali.
