Viaggio nel fotogiornalismo con Mario Dondero, da Budapest a New York

Ci sono luoghi, fatti e personaggi che sembrano destinati ad affascinare per sempre, come se la storia avesse ceduto il passo al mito consegnandoli all’immortalità. Non è solo merito di scrittori e poeti, né di storici e archivisti. A volte basta il click di una macchina fotografica, la luce giusta, l’intuizione di un attimo, un occhio allenato e il gioco è fatto: un’immagine è per sempre. Ma la storia non si fa con un dito (l’indice, in questo caso) dietro c’è molto di più come racconta Mario Dondero con la collaborazione di Emanuele Giordana in Lo scatto umano , edito da Laterza.

Scattare una foto è facile (oggi facilissimo, tecnicamente parlando), il difficile è trovarsi al posto giusto nel momento giusto: è da questo che si riconosce un vero foto-giornalista, oltre che da una scarsa dotazione del cosiddetto istinto di conservazione. Per scattare la foto giusta bisogna partire, fare centinaia di chilometri, trovare qualcuno disposto a pagarti, evitare di farsi sparare addosso, e infine riportare a casa la pelle. Tutto per uno scatto di pochi secondi.

Nei ricordi di Mario Dondero c’è questo e molto di più: ci sono i nomi che hanno fatto grande (se non mitico) un mestiere (Robert Capa su tutti), le guerre, i deserti, le capitali dell’immagine come New York, Budapest, Parigi, Berlino, la difficoltà di vivere in una realtà sfuggente e impossibile da ridurre a misura di obiettivo. E infine c’è la Storia, la vera protagonista di questo libro, la star che tutti vogliono immortalare, bella, ritrosa, e spesso pericolosa. Il viaggio infinito dell’umanità.

@giuliopasserini

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