Vergogna! La storia di un’emozione raccontata in un saggio di Gabriella Turnaturi

Vergognati! Dovresti vergognarti! Mi vergogno di te! Che vergogna! E ancora: Senza vergogna! Non c’è più vergogna. E si potrebbe continuare, quasi a confermare che la vergogna appunto, nel linguaggio privato e nel dibattito pubblico, viene continuamente evocata. Ma, al di là della costante citazione, “quale aspetto e quale metamorfosi ha subìto la vergogna tanto da non farsi più riconoscere?”

A porsi la domanda è la sociologa Gabriella Turnaturi in un recente saggio da poco pubblicato da Feltrinelli (e semplicemente intitolato Vergogna ).

Turnaturi parte da una considerazione, difficilmente dubitabile: analizzare la società contemporanea attraverso la prospettiva di questa emozione può rivelare molto sui nostri comportamenti individuali e collettivi.

Un esempio: “Nella società un eccesso di vergogna, la continua minaccia dell’essere svergognati o di essere messi alla gogna segnala un rapporto distorto, perverso e oppressivo fra individuo e comunità, mentre una sua mancanza, o una perdita di rilevanza sociale, indica un distacco fra individualità e legame sociale”. Di qui, la rapida rassegna che la sociologa prova a stilare sulla metamorfosi di un’emozione.

Il saggio di Turnaturi non ha nulla di moralistico e non scivola mai nell’accademico. Ma non rientra neppure in quella saggistica di facile applicazione che strizza l’occhio dal bancone dei libri più commerciali. E trova nel modello del pamphlet serrato e ben argomentato la sua dimensione ideale, che lo rende così diverso dagli altri studi pubblicati in materia.

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